Condanna definitiva per Djalali: sarà giustiziato
Notizie drammatiche dall’Iran dove il ricercatore, novarese d’adozione, è detenuto.
Dall’Iran arriva la drammatica notizia che il ricercatore Ahmad Reza Djalali, già cittadino onorario di Novara, verrà certamente giustiziato dalle autorità della Repubblica Islamica. Del suo caso si è occupato anche il Consiglio regionale del Piemonte che, nelle scorse settimane, ha partecipato a un sit-in silenzioso nel cortile di Palazzo Lascaris per chiedere la sospensione dell’esecuzione in un primo momento fissata per il 21 maggio. Un’analoga iniziativa era stata organizzata dal Comune di Novara.
“Sentenza inumana”
“Non possiamo arrenderci a questa sentenza inumana e senza appello - commentano i leghisti di Novara Riccardo Lanzo, Federico Perugini e Letizia Nicotra - arrivata al termine di una vicenda processuale che ha sollevato l’indignazione della comunità internazionale. Durante il sit-in del 10 maggio abbiamo esposto in silenzio i cartelli “#saveahmad” nella speranza che le autorità iraniane potessero ancora rivedere il loro verdetto. Idealmente avevamo voluto far sentire la sorda indignazione di tutto il Piemonte: non dimentichiamo che Ahmad Reza Djalali è cittadino onorario di Novara dal 2019, città dove ha operato come ricercatore universitario, e quindi è piemontese d’adozione. Di fronte alla definitiva decisione del tribunale di Teheran la nostra unica speranza è che la diplomazia italiana possa ancora intervenire presso il governo dell’Iran per scongiurare la sua impiccagione”.
“Ahmad è stato un collega dell’Università del Piemonte Orientale - aggiunge il neuro radiologo e leghista di Vercelli Alessandro Stecco - dove era uno stimato ricercatore presso il Crimedim, il centro interdipartimentale di Medicina dei disastri. E’ un uomo di scienza, un uomo di cultura, un uomo di sapere: capisaldi indissolubili di civiltà contro i quali oggi si scontra la barbarie della pena capitale. Un atto inumano che, come medico e come politico, non posso che ripudiare nel modo più assoluto. Nella speranza che ci sia ancora spazio perché la diplomazia possa salvare la vita di Ahmad”.
Così Domenico Rossi
”Una notizia che non avremmo mai voluto leggere e che apprendiamo con profondo dispiacere. Purtroppo le azioni messe in campo fino ad ora ad ogni livello istituzionale non hanno ancoraavuto esito positivo, ma non è questo il momento di arrenderci.
L’esecuzione era stata fissata entro il 21 maggio, ma Ahmad è ancora vivo ed è nostro dovere non rassegnarci ad una sentenza assurda e tenere aperta ogni opzione per salvarlo e riportarlo dalla sua famiglia”.