La confessione shock di Stentardo: "Così uccisi Ida Lagrutta"

La confessione shock di Stentardo: "Così uccisi Ida Lagrutta"
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NOVARA Messo letteralmente alle strette dai Carabinieri del Reparto operativo - in primis dallo stesso loro comandante, il colonnello Maurilio Liore, lo stesso che nel dicembre 2014 era andato a Bologna ad arrestarlo per il delitto Milani - alla fine Salvatore Stentardo non ha più potuto negare ed ha confessato l’aggressione ad Ida Lagrutta (vedi “Corriere” di sabato scorso), verso le 19 del 18 novembre 2011 nel negozio “Oro 999” di corso Risorgimento 79. Una confessione verbalizzata davanti al pm Giovanni Caspani il 13 maggio scorso, presente ovviamente il difensore dell’uomo, l’avvocato vercellese Gianni Croce. Come detto i militari avevano già in mano elementi per inchiodare Stentardo, e dopo le sue parole hanno anche trovato i dovuti riscontri. Fermo restando che ci sono ancora alcuni aspetti da chiarire.

 

IL “PESO”

 

«Voglio togliermi un peso relativamente ad un fatto che è accaduto nel 2011 e che mi vede coinvolto direttamente». Così ha esordito Stentardo, al che è stato aperto il verbale. L’uomo ha premesso come fosse «in una fase di astinenza di cocaina. Ricordo che avevo bisogno di soldi e sapevo di tale negozio (il “compro oro” della Lagrutta, ndr) dove andavo a vendere qualcosa di mio. Quella sera decisi di andare a recuperare un po' di soldi». Ovvero si recò in auto, una “Punto” bianca, al negozio per vendere alcuni anelli, e quindi non per fare una rapina. Il fatto è che ebbe «una discussione con la signora in quanto non eravamo d'accordo sul prezzo degli oggetti che volevo vendere; lei ha iniziato ad urlare ed io ho perso la testa, come accadde alla Cascina (Calossa di Oleggio, quando uccise Maria Rosa Milani, ndr)… io persi la testa, non ricordo cosa c'era, ho preso un oggetto e l'ho colpita poi sono andato via. Non andai né coperto nè niente, in quanto non avevo intenzione di fare una rapina. Ricordo che avevo tre o quattro anelli da vendere».

Paolo Viviani

leggi la confessione shock su Corriere di Novara in edicola

NOVARA Messo letteralmente alle strette dai Carabinieri del Reparto operativo - in primis dallo stesso loro comandante, il colonnello Maurilio Liore, lo stesso che nel dicembre 2014 era andato a Bologna ad arrestarlo per il delitto Milani - alla fine Salvatore Stentardo non ha più potuto negare ed ha confessato l’aggressione ad Ida Lagrutta (vedi “Corriere” di sabato scorso), verso le 19 del 18 novembre 2011 nel negozio “Oro 999” di corso Risorgimento 79. Una confessione verbalizzata davanti al pm Giovanni Caspani il 13 maggio scorso, presente ovviamente il difensore dell’uomo, l’avvocato vercellese Gianni Croce. Come detto i militari avevano già in mano elementi per inchiodare Stentardo, e dopo le sue parole hanno anche trovato i dovuti riscontri. Fermo restando che ci sono ancora alcuni aspetti da chiarire.

IL “PESO”

«Voglio togliermi un peso relativamente ad un fatto che è accaduto nel 2011 e che mi vede coinvolto direttamente». Così ha esordito Stentardo, al che è stato aperto il verbale. L’uomo ha premesso come fosse «in una fase di astinenza di cocaina. Ricordo che avevo bisogno di soldi e sapevo di tale negozio (il “compro oro” della Lagrutta, ndr) dove andavo a vendere qualcosa di mio. Quella sera decisi di andare a recuperare un po' di soldi». Ovvero si recò in auto, una “Punto” bianca, al negozio per vendere alcuni anelli, e quindi non per fare una rapina. Il fatto è che ebbe «una discussione con la signora in quanto non eravamo d'accordo sul prezzo degli oggetti che volevo vendere; lei ha iniziato ad urlare ed io ho perso la testa, come accadde alla Cascina (Calossa di Oleggio, quando uccise Maria Rosa Milani, ndr)… io persi la testa, non ricordo cosa c'era, ho preso un oggetto e l'ho colpita poi sono andato via. Non andai né coperto nè niente, in quanto non avevo intenzione di fare una rapina. Ricordo che avevo tre o quattro anelli da vendere».

Paolo Viviani

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