Il Pronto soccorso si amplia ma il grande problema sono i tantissimi accessi impropri
"Oltre il 70% degli utenti non ha vere emergenze e potrebbe tranquillamente rivolgersi al medico di famiglia"
Seicento metri quadri in più: l’Aou ha in progetto l’ampliamento del Pronto Soccorso, i cui locali - vista la mole di lavoro - sono troppo piccoli.
L'intervento del direttore generale
Lo ha annunciato il direttore generale dell’Azienda ospedaliero universitaria Gianfranco Zulian, intervenendo qualche giorno fa alla riunione della VII commissione consiliare (presieduta da Maria Cristina Stangalini), convocata su richiesta delle minoranze proprio per fare il punto sulla situazione del Pronto soccorso e, più in generale, dell’ospedale dopo l’emergenza Covid.
Le proteste per le attese infinite
Che quello della medicina d’urgenza sia uno dei punti nevralgici (e talvolta dei nervi scoperti) della sanità non è certo un mistero. «Al Pronto soccorso si sa quando si entra, ma non si sa quando si esce». Lo ha ammesso anche Giancarlo Avanzi che, oltre ad essere rettore dell’Upo, del Pronto soccorso - o meglio della Struttura di Medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza dell'Aou - è il direttore.
«Siamo consapevoli anche noi delle proteste, della gente che si lamenta per le attese», ha detto Avanzi. Ma, numeri alla mano, ha anche spiegato che la ragione non è certo imputabile ad inefficienze del servizio. «Il Pronto soccorso (e parliamo solo degli adulti) conta una media di 55.000 accessi all’anno. Dati che si sono nettamente ridotti nel periodo Covid e che ora sono tornati alla normalità: dall’inizio dell’anno abbiamo avuto oltre 15.000 accessi. Ogni anno eseguiamo oltre 200.000 esami di laboratorio, 400 Tac toraciche e 20.000 radiografie. E ogni paziente viene visitato da un medico».
La maggior parte sono codici bianchi e verdi
Numeri altissimi, ed è proprio questo il problema: «Oltre il 70% degli utenti del Pronto soccorso non ha vere emergenze e potrebbe tranquillamente rivolgersi al proprio medico di famiglia: sono quelli che noi definiamo codici verdi o bianchi. E nonostante per loro siano stati individuati percorsi veloci, con un box dedicato, di fronte alle urgenze esistono delle priorità. Così capita che un codice verde possa attendere anche sei ore».
Serve un filtro territoriale
Il vero nocciolo della questione è un altro: Avanzi e Zulian hanno concordato sulla necessità di un maggiore “filtro” territoriale. «Scontiamo - ha detto Avanzi - una sanità territoriale piuttosto debole, che non riesce a soddisfare le esigenze». E questo, ha aggiunto Zulian, «non fa che spostare il problema dal territorio all’ospedale... I medici di base non dovrebbero limitarsi a fare solo i “ricettologi”». «Se non avessimo un così alto numero di accessi impropri e lavorassimo davvero solo sulle emergenze-urgenze - ha chiarito Avanzi - tratteremmo 12-13.000 casi all’anno».
Ma qual è oggi la situazione dell’ospedale, al termine dell’emergenza Covid? Lo ha domandato dai banchi del Pd Sara Paladini, ricordando come in periodo di pandemia molti reparti fossero stati ridotti per far fronte all’emergenza. «Alcuni reparti, come Ortopedia, Chirurgia e Chirurgia vascolare, - ha risposto Zulian - sono stati penalizzati più di altri perché abbiamo dato più spazio ad alcune patologie “tempodipendenti”, come le malattie oncologiche, neurologiche, cardiache... Ora abbiamo ancora qualche reparto in lieve sofferenza, ma contiamo di farli tornare tutti a pieno regime entro la fine dell’anno».
In questo momento si parla molto della mancanza di medici e di un vero e proprio “esodo” dagli ospedali pubblici verso la sanità privata. Un problema che sembra però non toccare l’Aou novarese. «In linea di massima - ha risposto il direttore Zulian - non registriamo una situazione di criticità: il numero di uscite del personale è fisiologico e si mantiene abbastanza stabile negli ann». Al Pronto soccorso, ad esempio, ha ricordato Avanzi, «l’organico è al completo. Abbiamo 23 medici e 56 infermieri». Ma quanti di loro sono “gettonisti”?, ha domandato Milù Allegra (Pd). «Siamo nell’ordine del 30% - ha risposto Zulian - D’altronde, i tetti di spesa sono stabiliti da una normativa del 2014 e l’unico modo per non gravare sul budget è fare ricorso proprio ai “gettonisti”, sulla cui professionalità comunque non abbiamo problemi. Forse l’unica difficoltà può essere dettata dalla poca dimestichezza con la struttura, ma sono comunque sempre seguiti dal nostro personale».
Non sono in vista invece soluzioni per il Centro prelievi, all’ex San Giuliano. «Ci sono giorni in cui si formano lunghe code, con anziani costretti ad attendere fuori al freddo...», ha evidenziato Maria Luisa Astolfi. «Purtroppo la soluzione non è semplice - ha detto Zulian - Possiamo solo sperare che l’Asl si faccia carico di un maggior numero di esami». Sempre da Astolfi, una richiesta per un ampliamento degli orari di apertura del Cup. Ma su questo Zulian è stato drastico: «Fosse per me, li ridurrei ancora di più. Ormai è possibile fare tutto on line... Io quel personale preferirei metterlo a disposizione di altri reparti».