Sansarella resta (per ora) in carcere
NOVARA, 21 DIC - I Carabinieri del Reparto operativo, coordinati del pm Olimpia Bossi, sono al lavoro per verificare e riscontrare il resoconto dei “giorni di tragica follia” fornito da Nicola Sansarella, che resterà in carcere visto che sabato mattina il gip Angela Fasano ha convalidato il fermo e ritenuto necessaria la massima misura cautelare, alla luce del pericolo di fuga e di reiterazione del reato (e forse anche di inquinamento delle prove). Parallelamente viene scandagliato il racconto di Cristian Guerrini, indagato a piede libero per concorso in occultamento di cadavere, l’uomo nella cui baracca Andrea Gennari ha trovato - si far per dire - ospitalità, dopo essere stato picchiato da Sansarella e prima di spirare ed essere poi sepolto in un pioppeto poco distante, fra le vie Scalise e Monterosa. Perché fra le varie ombre che aleggiano intorno a questa vicenda, una è proprio il ruolo avuto da Guerrini. Viene “difeso” da Sansarella, ma dovrà essere più preciso nel fornire una versione agli inquirenti, e dovrà soprattutto convincerli. Ha assistito o no al pestaggio? Ha aiutato o no a seppellire il corpo? E perché, visto che comunque ha ospitato la vittima per diverse ore, non ha chiamato i soccorsi? Di certo tante risposte arriveranno dall’autopsia disposta dalla Procura, che darà oggi l’incarico al dottor Gianfranco Zulian. Pare assodato che Gennari non sia morto durante il pestaggio, avvenuto lunedì sera 14 dicembre, bensì addirittura martedì verso sera, ma per quali cause esatte?
Con ordine. Non serve accertare un movente per arrivare a una condanna, ma è importante stabilire se davvero si sia agito per futili motivi, perché questi ultimi costituiscono una aggravante (e le aggravanti, ad esempio in un eventuale rito abbreviato, sono decisive nella quantificazione della pena). Sansarella e Gennari, lunedì sera scorso, dopo la partita del Novara vista al bar, hanno davvero iniziato a litigare perché il primo non voleva che il suo amico facesse ritorno a Granozzo in auto, visto che era ubriaco? Così sostiene Sansarella: «Gli volevo bene, per me era come un fratello… ero preoccupato che si mettesse alla guida ubriaco». Da lì il consiglio di dormire nella baracca di Guerrini negli orti di via Scalise, consiglio tramutatosi in una vera aggressione. Calci, pugni e bastonate. Al punto da provocare la morte? Gennari, “ricoverato” nella baracca, pare abbia parlato al telefono all’alba di martedì con Sansarella, che viceversa aveva fatto ritorno al casa. E nel pomeriggio dello stesso giorno si sarebbe addirittura alzato, quando l’amico era tornato alla baracca, chiamato da Guerrini, prima di crollare esanime a terra, e morire. Per poi essere seppellito a tarda notte da Sansarella, a quanto pare con l’aiuto di Guerrini. Dunque le sue condizioni post rissa non sarebbe state almeno apparentemente gravi.
Ma allora perché è deceduto?
Paolo Viviani
leggi l’articolo integrale e gli altri servizi sul Corriere di Novara di lunedì 21 Dicembre
NOVARA, 21 DIC - I Carabinieri del Reparto operativo, coordinati del pm Olimpia Bossi, sono al lavoro per verificare e riscontrare il resoconto dei “giorni di tragica follia” fornito da Nicola Sansarella, che resterà in carcere visto che sabato mattina il gip Angela Fasano ha convalidato il fermo e ritenuto necessaria la massima misura cautelare, alla luce del pericolo di fuga e di reiterazione del reato (e forse anche di inquinamento delle prove). Parallelamente viene scandagliato il racconto di Cristian Guerrini, indagato a piede libero per concorso in occultamento di cadavere, l’uomo nella cui baracca Andrea Gennari ha trovato - si far per dire - ospitalità, dopo essere stato picchiato da Sansarella e prima di spirare ed essere poi sepolto in un pioppeto poco distante, fra le vie Scalise e Monterosa. Perché fra le varie ombre che aleggiano intorno a questa vicenda, una è proprio il ruolo avuto da Guerrini. Viene “difeso” da Sansarella, ma dovrà essere più preciso nel fornire una versione agli inquirenti, e dovrà soprattutto convincerli. Ha assistito o no al pestaggio? Ha aiutato o no a seppellire il corpo? E perché, visto che comunque ha ospitato la vittima per diverse ore, non ha chiamato i soccorsi? Di certo tante risposte arriveranno dall’autopsia disposta dalla Procura, che darà oggi l’incarico al dottor Gianfranco Zulian. Pare assodato che Gennari non sia morto durante il pestaggio, avvenuto lunedì sera 14 dicembre, bensì addirittura martedì verso sera, ma per quali cause esatte?
Con ordine. Non serve accertare un movente per arrivare a una condanna, ma è importante stabilire se davvero si sia agito per futili motivi, perché questi ultimi costituiscono una aggravante (e le aggravanti, ad esempio in un eventuale rito abbreviato, sono decisive nella quantificazione della pena). Sansarella e Gennari, lunedì sera scorso, dopo la partita del Novara vista al bar, hanno davvero iniziato a litigare perché il primo non voleva che il suo amico facesse ritorno a Granozzo in auto, visto che era ubriaco? Così sostiene Sansarella: «Gli volevo bene, per me era come un fratello… ero preoccupato che si mettesse alla guida ubriaco». Da lì il consiglio di dormire nella baracca di Guerrini negli orti di via Scalise, consiglio tramutatosi in una vera aggressione. Calci, pugni e bastonate. Al punto da provocare la morte? Gennari, “ricoverato” nella baracca, pare abbia parlato al telefono all’alba di martedì con Sansarella, che viceversa aveva fatto ritorno al casa. E nel pomeriggio dello stesso giorno si sarebbe addirittura alzato, quando l’amico era tornato alla baracca, chiamato da Guerrini, prima di crollare esanime a terra, e morire. Per poi essere seppellito a tarda notte da Sansarella, a quanto pare con l’aiuto di Guerrini. Dunque le sue condizioni post rissa non sarebbe state almeno apparentemente gravi.
Ma allora perché è deceduto?
Paolo Viviani
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