Paruzzaro: scomparve nel 2001, assolti definitivamente i titolari dell’azienda dove lavorava

Paruzzaro: scomparve nel 2001, assolti definitivamente i titolari dell’azienda dove lavorava
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PARUZZARO – Sette processi in dieci anni, tra appelli e ricorsi e ora un pronunciamento definitivo, quello della Corte di Cassazione di Roma, che pone fine a una lunga vicenda, partita nel maggio del 2001 dal Cusio, precisamente da Paruzzaro. E che si chiude come già si era concluso il primo processo, quello in Corte d’Assise a Novara del 2005. La sentenza, infatti, come allora, è di assoluzione.

E’ terminato con un proscioglimento il processo a carico di Domenico Rettura e Rocco Fedele, imprenditori che erano stati accusati dell’omicidio di un loro dipendente, Mohamed Sow, operaio scomparso dalla sua casa di Invorio, il 16 maggio 2001, al rientro dal lavoro in un’azienda di Paruzzaro (di cui i due imputati all’epoca erano soci e titolari).

I due imputati erano stati assolti in primo grado a Novara «perché il fatto non sussiste». Allora la Corte d’Assise sosteneva nella sentenza come il senegalese fosse sì scomparso, con ogni probabilità deceduto, ma non esistevano prove che legassero questa morte a un delitto e, soprattutto, che questo fosse avvenuto in maniera cruenta, come, invece, sostenne allora la Procura di Verbania. Il cadavere dell’operaio non è mai stato rinvenuto.

Una vicenda, però, che non si chiudeva qui, perché il pm aveva fatto appello. In quest’altro processo i due furono condannati a 16 anni per omicidio preterintenzionale. Altro step nel 2010, quando la Corte di Cassazione ordinò un nuovo processo, andato poi in scena nell’autunno del 2011. Anche in questo caso Rettura e Fedele furono condannati, ma a 14 anni. L’accusa, sempre quella di omicidio preterintenzionale. Ed ecco arrivare, nel 2013, un altro colpo di scena. Ancora la Corte di Cassazione, che procede a un altro annullamento con rinvio.

Si arriva al sesto processo, nel luglio 2014. Un processo nel quale il procuratore generale aveva chiesto 21 e 24 anni di carcere, rispettivamente per Rettura e Fedele, i difensori, avvocati Antonino Napoli e Alessandro Gamberini, l’assoluzione, sostenendo come non ci fosse alcuna prova a carico dei loro assistiti. E i due erano stati assolti.

La Procura generale aveva fatto, quindi, ricorso ed eccoci all’ultimo step, quello definitivo, con la Cassazione che ha rigettato il ricorso della Procura, confermando la sentenza d’assoluzione del processo precedente. Un’assoluzione perché non esiste movente. Stando agli inquirenti, Sow sarebbe stato eliminato dopo una lite per alcuni soldi in meno nella busta paga. Soddisfazione da parte dei legali: «Una vicenda che, dopo un lungo itinerario, è finalmente chiusa – spiega l’avvocato Gamberini – E’ finita come doveva finire sin dall’inizio. Il materiale probatorio era palesemente insufficiente da subito. E’ vero che sono stati gli ultimi a vedere lo scomparso, ma questo non basta per una condanna».

mo.c.

 

Per saperne di più leggi l’articolo sul Corriere di Novara in edicola giovedì 27 agosto


PARUZZARO – Sette processi in dieci anni, tra appelli e ricorsi e ora un pronunciamento definitivo, quello della Corte di Cassazione di Roma, che pone fine a una lunga vicenda, partita nel maggio del 2001 dal Cusio, precisamente da Paruzzaro. E che si chiude come già si era concluso il primo processo, quello in Corte d’Assise a Novara del 2005. La sentenza, infatti, come allora, è di assoluzione.

E’ terminato con un proscioglimento il processo a carico di Domenico Rettura e Rocco Fedele, imprenditori che erano stati accusati dell’omicidio di un loro dipendente, Mohamed Sow, operaio scomparso dalla sua casa di Invorio, il 16 maggio 2001, al rientro dal lavoro in un’azienda di Paruzzaro (di cui i due imputati all’epoca erano soci e titolari).

I due imputati erano stati assolti in primo grado a Novara «perché il fatto non sussiste». Allora la Corte d’Assise sosteneva nella sentenza come il senegalese fosse sì scomparso, con ogni probabilità deceduto, ma non esistevano prove che legassero questa morte a un delitto e, soprattutto, che questo fosse avvenuto in maniera cruenta, come, invece, sostenne allora la Procura di Verbania. Il cadavere dell’operaio non è mai stato rinvenuto.

Una vicenda, però, che non si chiudeva qui, perché il pm aveva fatto appello. In quest’altro processo i due furono condannati a 16 anni per omicidio preterintenzionale. Altro step nel 2010, quando la Corte di Cassazione ordinò un nuovo processo, andato poi in scena nell’autunno del 2011. Anche in questo caso Rettura e Fedele furono condannati, ma a 14 anni. L’accusa, sempre quella di omicidio preterintenzionale. Ed ecco arrivare, nel 2013, un altro colpo di scena. Ancora la Corte di Cassazione, che procede a un altro annullamento con rinvio.

Si arriva al sesto processo, nel luglio 2014. Un processo nel quale il procuratore generale aveva chiesto 21 e 24 anni di carcere, rispettivamente per Rettura e Fedele, i difensori, avvocati Antonino Napoli e Alessandro Gamberini, l’assoluzione, sostenendo come non ci fosse alcuna prova a carico dei loro assistiti. E i due erano stati assolti.

La Procura generale aveva fatto, quindi, ricorso ed eccoci all’ultimo step, quello definitivo, con la Cassazione che ha rigettato il ricorso della Procura, confermando la sentenza d’assoluzione del processo precedente. Un’assoluzione perché non esiste movente. Stando agli inquirenti, Sow sarebbe stato eliminato dopo una lite per alcuni soldi in meno nella busta paga. Soddisfazione da parte dei legali: «Una vicenda che, dopo un lungo itinerario, è finalmente chiusa – spiega l’avvocato Gamberini – E’ finita come doveva finire sin dall’inizio. Il materiale probatorio era palesemente insufficiente da subito. E’ vero che sono stati gli ultimi a vedere lo scomparso, ma questo non basta per una condanna».

mo.c.

 

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