Angelo Del Boca, 90 anni tra Storia e storie
Salutiamo con vivissimi auguri i novant’anni di Angelo Del Boca e quale modo migliore di festeggiare un traguardo tanto significativo se non leggere l’ultimo suo libro, appena pubblicato da Mondadori, “Nella notte ci guidano le stelle” (194 pagine, 20 euro), a cura dello storico Mimmo Franzinelli. Quasi un ritorno ai suoi esordi narrativi, nel clima del miglior neorealismo del primo dopoguerra, il recupero di queste memorie partigiane, che ancora incombono, indomate, con soprassalti della mente e del cuore in certe notti, stese quando “avevo già l’idea di fare lo scrittore”. Erano i tempi in cui maturava la fuga dai repubblichini per unirsi ai partigiani garibaldini, il momento della “scelta”, animata da un vento di giovinezza e di avventura, come evoca la fotografia riprodotta in copertina di Del Boca, alpino diciannovenne, a cavallo. Della sua vita Del Boca ha tracciato un quadro affascinante, prendendo le mosse dalla storia secolare della sua famiglia, le cui radici ha indagato ne “L’oro della Valle Antigorio”, fino alla sua nascita, il 23 maggio 1925, a Novara, di fronte alle “acque veloci” del canale Quintino Sella, nel quartiere di San Rocco: e ricordiamo, delle sue tre sorelle, Franca (1911-88), poetessa e il fratello Bernardino (1919-2001), teosofo e antropologo. Sono passati veloci anche gli anni, dopo l’esordio nel ’47 come narratore, auspice Elio Vittorini, con i racconti di “Dentro mi è nato l’uomo”, nella collana “I Coralli” di Einaudi: “racconti partigiani”, ancora caldi dell’esperienza appena vissuta nell’Appennino emiliano, epicentro Bobbio (e sono i momenti di vita presenti nel “diario” appena uscito). L’anno successivo, il romanzo “L’anno del Giubileo”, finchè Del Boca lascia la narrativa per il giornalismo, lanciandosi in una prestigiosa carriera di inviato speciale: “più che di narrare sentivo l’urgenza di testimoniare” e “Un testimone scomodo” sarà il titolo delle sue memorie pubblicate nel 2000, integrate poi da “Il mio Novecento” e dalla raccolta di quaranta incontri e ricordi memorabili, “Da Mussolini a Gheddafi”. Nella primavera del 1950 Del Boca entra a far parte della “Gazzetta del Popolo”, fino al ’67, poi al “Giorno” diretto dall’amico Italo Pietra. La prima “lezione di giornalismo” che capta nell’aria ai suoi esordi è che “la verità non andava detta nella sua integrità se era spiacevole”: “lezione che disattesi sistematicamente”, sospinto dal “diritto-dovere di testimoniare e di informare”. E come inviato speciale onorerà la “scelta professionale che mi ha spinto in ogni angolo del mondo, dove c’era qualcosa di insolito o di catastrofico da verificare”, dall’India a Israele, Vietnam, Spagna, Jugoslavia, Sudafrica, ma anche inchieste entro i confini nazionali, tra grandi passioni politiche e umane, laico integrale amico di tanti preti del dissenso, in un’attività sempre ricca di stimoli e di iniziative, anche perché, sostiene, “lavorare non stanca”. Nel 1954 il primo viaggio in Africa, “un continente che avrebbe segnato il mio destino di giornalista e di storico”, in quanto in migliaia di pagine ha ricostruito, con grande rigore scientifico, la presenza degli italiani in Africa Orientale e in Libia, fino a divenire il maggior storico del colonialismo italiano, con approfondimenti specifici come le biografie di Hailè Selassiè e Gheddafi, le prove dell’uso di gas tossici, la cura delle memorie del patriota libico Mohamed Fekini a documentare il “rovescio della conquista”. Docente di storia contemporanea alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Torino, tra i fondatori del Centro Studi Piero Ginocchi di Crodo, dove nel maggio 2009 è stato inaugurato un Centro di documentazione arabo africano promosso da Del Boca, il suo impegno decennale è stato coronato dalla laurea honoris causa in Storia conferita dall’Università di Addis Abeba nel 2014. Presentando ora la “mia storia partigiana”, Del Boca, quasi storico di se stesso, offre al lettore “la storia che è stata la cosa più importante della mia vita”, annotando, dopo settant’anni e commentando persone e vicende, tra storie efferate di guerra civile, di “uomini e no” e di progressiva, comune presa di coscienza in un’Italia allo stremo: una sorta di diario generazionale, come sottolinea Franzinelli, tra scelte di vita e di morte, il passaggio di un lungo inverno verso un miraggio di nuova vita. E vi trova posto anche un incontro d’amore, sullo sfondo del castello di Lisignano, che i lettori di Del Boca conoscono. E dopo tanta Storia e storie, tante speranze e illusioni, mutate persone e tempi, non tramonta l’incipit del suo diario giovanile: “Ancora in cammino”.
Ercole Pelizzone
Salutiamo con vivissimi auguri i novant’anni di Angelo Del Boca e quale modo migliore di festeggiare un traguardo tanto significativo se non leggere l’ultimo suo libro, appena pubblicato da Mondadori, “Nella notte ci guidano le stelle” (194 pagine, 20 euro), a cura dello storico Mimmo Franzinelli. Quasi un ritorno ai suoi esordi narrativi, nel clima del miglior neorealismo del primo dopoguerra, il recupero di queste memorie partigiane, che ancora incombono, indomate, con soprassalti della mente e del cuore in certe notti, stese quando “avevo già l’idea di fare lo scrittore”. Erano i tempi in cui maturava la fuga dai repubblichini per unirsi ai partigiani garibaldini, il momento della “scelta”, animata da un vento di giovinezza e di avventura, come evoca la fotografia riprodotta in copertina di Del Boca, alpino diciannovenne, a cavallo. Della sua vita Del Boca ha tracciato un quadro affascinante, prendendo le mosse dalla storia secolare della sua famiglia, le cui radici ha indagato ne “L’oro della Valle Antigorio”, fino alla sua nascita, il 23 maggio 1925, a Novara, di fronte alle “acque veloci” del canale Quintino Sella, nel quartiere di San Rocco: e ricordiamo, delle sue tre sorelle, Franca (1911-88), poetessa e il fratello Bernardino (1919-2001), teosofo e antropologo. Sono passati veloci anche gli anni, dopo l’esordio nel ’47 come narratore, auspice Elio Vittorini, con i racconti di “Dentro mi è nato l’uomo”, nella collana “I Coralli” di Einaudi: “racconti partigiani”, ancora caldi dell’esperienza appena vissuta nell’Appennino emiliano, epicentro Bobbio (e sono i momenti di vita presenti nel “diario” appena uscito). L’anno successivo, il romanzo “L’anno del Giubileo”, finchè Del Boca lascia la narrativa per il giornalismo, lanciandosi in una prestigiosa carriera di inviato speciale: “più che di narrare sentivo l’urgenza di testimoniare” e “Un testimone scomodo” sarà il titolo delle sue memorie pubblicate nel 2000, integrate poi da “Il mio Novecento” e dalla raccolta di quaranta incontri e ricordi memorabili, “Da Mussolini a Gheddafi”. Nella primavera del 1950 Del Boca entra a far parte della “Gazzetta del Popolo”, fino al ’67, poi al “Giorno” diretto dall’amico Italo Pietra. La prima “lezione di giornalismo” che capta nell’aria ai suoi esordi è che “la verità non andava detta nella sua integrità se era spiacevole”: “lezione che disattesi sistematicamente”, sospinto dal “diritto-dovere di testimoniare e di informare”. E come inviato speciale onorerà la “scelta professionale che mi ha spinto in ogni angolo del mondo, dove c’era qualcosa di insolito o di catastrofico da verificare”, dall’India a Israele, Vietnam, Spagna, Jugoslavia, Sudafrica, ma anche inchieste entro i confini nazionali, tra grandi passioni politiche e umane, laico integrale amico di tanti preti del dissenso, in un’attività sempre ricca di stimoli e di iniziative, anche perché, sostiene, “lavorare non stanca”. Nel 1954 il primo viaggio in Africa, “un continente che avrebbe segnato il mio destino di giornalista e di storico”, in quanto in migliaia di pagine ha ricostruito, con grande rigore scientifico, la presenza degli italiani in Africa Orientale e in Libia, fino a divenire il maggior storico del colonialismo italiano, con approfondimenti specifici come le biografie di Hailè Selassiè e Gheddafi, le prove dell’uso di gas tossici, la cura delle memorie del patriota libico Mohamed Fekini a documentare il “rovescio della conquista”. Docente di storia contemporanea alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Torino, tra i fondatori del Centro Studi Piero Ginocchi di Crodo, dove nel maggio 2009 è stato inaugurato un Centro di documentazione arabo africano promosso da Del Boca, il suo impegno decennale è stato coronato dalla laurea honoris causa in Storia conferita dall’Università di Addis Abeba nel 2014. Presentando ora la “mia storia partigiana”, Del Boca, quasi storico di se stesso, offre al lettore “la storia che è stata la cosa più importante della mia vita”, annotando, dopo settant’anni e commentando persone e vicende, tra storie efferate di guerra civile, di “uomini e no” e di progressiva, comune presa di coscienza in un’Italia allo stremo: una sorta di diario generazionale, come sottolinea Franzinelli, tra scelte di vita e di morte, il passaggio di un lungo inverno verso un miraggio di nuova vita. E vi trova posto anche un incontro d’amore, sullo sfondo del castello di Lisignano, che i lettori di Del Boca conoscono. E dopo tanta Storia e storie, tante speranze e illusioni, mutate persone e tempi, non tramonta l’incipit del suo diario giovanile: “Ancora in cammino”.
Ercole Pelizzone