Lezioni di teatro. Con Paolo Rossi
Allora Paolo che dobbiamo aspettarci? Il meglio del repertorio?
«Sì, da un lato è così, ma sarà anche un omaggio ai maestri. Ogni sera tanti aneddoti che riguardano il mestiere. Si improvvisa e si coinvolge il pubblico. Non voglio fare paragoni irriverenti ma pensiamo a Bob Dylan: quando ripropone pezzi vecchi non li riconosci».
Ogni sera dunque si cambia? E sono tutti pezzi unici?
«Mi viene da sorridere se penso a quello che ha detto mio figlio più piccolo. Dopo aver visto lo spettacolo mi ha fatto notare che è sempre uguale anche “se – ha puntualizzato - dici che improvvisi”. È tornato quindici giorni dopo e mi ha detto che era completamente diverso! Queste saranno le ultime due serate di una tournée estenuante. Posso garantire che ci divertiremo e improvviseremo».
Il teatro oggi e agli inizi della carriera, come è cambiato? E come è cambiata la satira?
«Ne parlo nello spettacolo quindi preferisco non anticipare nulla della serata. Proprio di questo tratta lo spettacolo, una riflessione su come è cambiata la satira, quale strada può prendere. Insomma il mestiere che faccio».
Meglio la satira di ieri o quella di oggi?
«Più quella di domani. Lo spettacolo migliore è sempre il prossimo».
Tv o teatro, quale vestito preferisce indossare Paolo Rossi?
«Sono uguali, con il mio stile non ho problemi a indossarli. Le difficoltà sorgono quando mi devo adattare a degli schemi: allora vado in difetto.
Come definire lo stile di Paolo Rossi?
«Anche quando è in televisione è dal vivo!».
Quale è la funzione del comico oggi?
«Quello di portare un conforto laico, non ecclesiastico, divertire e scacciare le paure».
Che cosa ha di diverso Paolo Rossi dai colleghi?
«A parte che i comici sono sempre meno, questo però dovrebbero dirlo gli altri. Io sono diverso e lo pago di persona, su tanti fatti. Le mie scelte le ho pagate tutte».
Dal palco che cosa vuole dire Paolo Rossi agli italiani di oggi.
«Non dico niente, io faccio il comico. Il mio mestiere».
Ricordi di Novara?
«Ho un buon ricordo della città, del teatro e del pubblico, Anche se sono partito con il piede sbagliato, portando in scena “Il calapranzi” di Pinter. Non sembrerebbe ma ho fatto di tutto, da Shakespeare al night passando per Pinter e Brecht. Ero ragazzino quella volta a Novara ma fu un tale disastro che le recensioni furono terribili. Lo spettacolo non funzionò proprio. Per recitare il silenzio ci vogliono grandi attori…».
Coniamo uno slogan per invitare i novaresi al Coccia?
«Se non vengono si perdono qualcosa. A meno che non abbiano di meglio da fare».
Eleonora Groppetti
Allora Paolo che dobbiamo aspettarci? Il meglio del repertorio?
«Sì, da un lato è così, ma sarà anche un omaggio ai maestri. Ogni sera tanti aneddoti che riguardano il mestiere. Si improvvisa e si coinvolge il pubblico. Non voglio fare paragoni irriverenti ma pensiamo a Bob Dylan: quando ripropone pezzi vecchi non li riconosci».
Ogni sera dunque si cambia? E sono tutti pezzi unici?
«Mi viene da sorridere se penso a quello che ha detto mio figlio più piccolo. Dopo aver visto lo spettacolo mi ha fatto notare che è sempre uguale anche “se – ha puntualizzato - dici che improvvisi”. È tornato quindici giorni dopo e mi ha detto che era completamente diverso! Queste saranno le ultime due serate di una tournée estenuante. Posso garantire che ci divertiremo e improvviseremo».
Il teatro oggi e agli inizi della carriera, come è cambiato? E come è cambiata la satira?
«Ne parlo nello spettacolo quindi preferisco non anticipare nulla della serata. Proprio di questo tratta lo spettacolo, una riflessione su come è cambiata la satira, quale strada può prendere. Insomma il mestiere che faccio».
Meglio la satira di ieri o quella di oggi?
«Più quella di domani. Lo spettacolo migliore è sempre il prossimo».
Tv o teatro, quale vestito preferisce indossare Paolo Rossi?
«Sono uguali, con il mio stile non ho problemi a indossarli. Le difficoltà sorgono quando mi devo adattare a degli schemi: allora vado in difetto.
Come definire lo stile di Paolo Rossi?
«Anche quando è in televisione è dal vivo!».
Quale è la funzione del comico oggi?
«Quello di portare un conforto laico, non ecclesiastico, divertire e scacciare le paure».
Che cosa ha di diverso Paolo Rossi dai colleghi?
«A parte che i comici sono sempre meno, questo però dovrebbero dirlo gli altri. Io sono diverso e lo pago di persona, su tanti fatti. Le mie scelte le ho pagate tutte».
Dal palco che cosa vuole dire Paolo Rossi agli italiani di oggi.
«Non dico niente, io faccio il comico. Il mio mestiere».
Ricordi di Novara?
«Ho un buon ricordo della città, del teatro e del pubblico, Anche se sono partito con il piede sbagliato, portando in scena “Il calapranzi” di Pinter. Non sembrerebbe ma ho fatto di tutto, da Shakespeare al night passando per Pinter e Brecht. Ero ragazzino quella volta a Novara ma fu un tale disastro che le recensioni furono terribili. Lo spettacolo non funzionò proprio. Per recitare il silenzio ci vogliono grandi attori…».
Coniamo uno slogan per invitare i novaresi al Coccia?
«Se non vengono si perdono qualcosa. A meno che non abbiano di meglio da fare».
Eleonora Groppetti