Violenze domestiche, più di 70 donne hanno chiesto aiuto a Borgomanero nel 2014

Violenze domestiche, più di 70 donne hanno chiesto aiuto a Borgomanero nel 2014
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BORGOMANERO - Il gravissimo fatto di sangue accaduto domenica a Cressa (dove un pensionato di 81 anni ha accoltellato la moglie coetanea) è solo l’ultimo in ordine cronologico di una lunga, interminabile serie di episodi di violenza nei confronti delle donne. Neppure un anno fa, il 9 giugno 2014 nella frazione Santa Croce, al termine dell’ennesimo litigio Maurizio Candiani, impiegato di 55 anni aveva ucciso la moglie Susanna Mò, 59 anni insegnante alla scuola materna di Suno. Poi, sconvolto, era salito in auto per andare a farla finita sulla strada che porta al Mottarone. Una vera e 

BORGOMANERO - Il gravissimo fatto di sangue accaduto domenica a Cressa (dove un pensionato di 81 anni ha accoltellato la moglie coetanea) è solo l’ultimo in ordine cronologico di una lunga, interminabile serie di episodi di violenza nei confronti delle donne. Neppure un anno fa, il 9 giugno 2014 nella frazione Santa Croce, al termine dell’ennesimo litigio Maurizio Candiani, impiegato di 55 anni aveva ucciso la moglie Susanna Mò, 59 anni insegnante alla scuola materna di Suno. Poi, sconvolto, era salito in auto per andare a farla finita sulla strada che porta al Mottarone. Una vera e propria escalation di violenze consumate tra le pareti domestiche, spesso all’interno di famiglie solo apparentemente “tranquille” e senza problemi economici.

Nel 2014, questo il dato ufficiale, più di settanta donne hanno fatto ricorso alle cure dei medici del pronto soccorso dell’Ospedale Ss. Trinità a seguito di maltrattamenti, percosse, violenze subite da mariti, fidanzati, conviventi o da ex che non hanno accettato la fine di una relazione. Lo riferisce il dottor Claudio Didino (nella foto di Panizza) dirigente medico dell’Asl, Responsabile del Dea (Dipartimento di emergenza e di accettazione) dell’Ospedale di viale Zoppis. Ma chi sono queste donne che si sono presentate al pronto soccorso ferite o piene di lividi? «La maggior parte sono italiane – dice Didino – e appartengono al ceto medio». Come vi comportate nei loro confronti? «Esiste da due anni un protocollo per gestire queste situazioni. Un protocollo che ha due obiettivi: sensibilizzare gli operatori sanitari per fare emergere le violenze e i maltrattamenti. In passato c’era un atteggiamento superficiale, quasi di sottovalutazione. Ora non più. L’operatore deve considerare il problema in tutta la sua gravità e avere la sensibilità giusta per affrontarlo. La donna che ha subito una violenza non deve essere aiutata solo sotto l’aspetto medico-sanitario ma deve avere anche un supporto psicologico». Per questo motivo all’interno del Dea è stata creata una “sala rosa” istituita dall’Asl in stretta collaborazione con il Soroptimist Club Alto Novarese con l’obiettivo di aiutare con la dovuta riservatezza le donne vittime di violenze. Un tema che il Soroptimist, sodalizio formato da donne, sempre in collaborazione con l’Asl svilupperà il prossimo 20 marzo con la giornata dal titolo “Codice rosa” che si aprirà al mattino all’Auditorium di via Aldo Moro con un convegno riservato agli studenti delle scuole superiori. Il protocollo di cui parlava Didino ha chiarito anche il ruolo dell’operatore sanitario nei confronti dell’autorità giudiziaria. In presenza di violenza, magari recidiva, il medico referta e invia un’informativa all’autorità competente che ai sensi dell’articolo 572 del Codice Penale procede d’ufficio. Ma i dati forniti dal responsabile del Dea sono purtroppo solo quelli ufficiali. Sicuramente c’è un sommerso che fatica a venire a galla, complice la paura, la vergogna ma anche il fatto che molte donne continuano a subire in silenzio perché hanno figli o più semplicemente perché non sono indipendenti dal punto di vista economico. «Qualche mese fa – racconta Didino – si era presentata al pronto soccorso una donna che aveva detto di essere stata picchiata dal marito. Non era vero niente. Le lesioni riportate erano state provocate da una caduta accidentale. Ma quel fatto aveva fatto emergere una storia di violenze pregresse. La signora, anche con il nostro aiuto, ha tirato fuori tutto quello che aveva dentro raccontando anche di un tentativo di suicidio per mettere fine ad anni di soprusi sopportati quasi con rassegnazione».

Carlo Panizza

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