Festival dignità umana: una preziosa anteprima teatrale
La compagnia «Servi di scena» farà il suo grande ritorno domenica sera: quello che c'è da sapere
La compagnia «Servi di scena» farà il suo grande ritorno domenica sera: quello che c'è da sapere
In anteprima per la 4ª edizione del Festival della Dignità Umana - la Compagnia Servi di Scena presenta all’Auditorium di Borgomanero Vivi per miracolo, un atto unico per tre esseri viventi e un’intelligenza artificiale. Vivi per Miracolo segna il grande ritorno della Compagnia Servi di Scena, reduce dal straordinario successo ottenuto nel 2015 con lo spettacolo Caffè col Morto, presentato in apertura della seconda edizione del Festival della Dignità Umana. Ancora un testo originalissimo all’insegna dell’impegno, una commedia atipica dai contenuti forti, interpretata da Andrea Pastore, Elena Valli, Antonio Santomauro ed Egidio La Gioia, con la regia di Matteo Riva. «Che cosa mai possiedi che tu non l’abbia ricevuto?» [1Cor 4,7] Una futura società evoluta, diretta da un sistema basato sulle simmetrie e sul controllo del valore di ogni cosa, dove il potere è in mano alle leggi del mercato, metro di giudizio che regolamenta uno scambio di valori equivalenti (o forse meglio, che vengono fatti percepire come tali). In una società così strutturata, quanta e quale può essere la forza destabilizzante di un dono?
LA STORIA:
Siamo in un ipotetico futuro, possibile evoluzione della società odierna: un’intelligenza artificiale altamente evoluta controlla ogni aspetto delle nostre vite e vigila su ogni nostra scelta, per garantire il grande equilibrio globale; ci rende completamente autosufficienti procurando con facilità beni e informazioni, ottimizza la nostra produttività e gestisce tutte le relazioni, rendendo superflue le interazioni umane non necessarie. Il fulcro di questo equilibrio sta nella ricerca della simmetria assoluta di dare e ricevere: ogni cosa ha un preciso valore, deciso dal sistema, grazie al quale è possibile corrispondere un equo compenso a ogni servizio, automaticamente retribuito dal sistema stesso, che ovviamente gestisce anche le nostre finanze. Osserviamo un piccolo nucleo di persone nello spazio abitativo-lavorativo a loro assegnato, alle prese con un’esistenza apparentemente equilibrata, ma intrinsecamente contraddittoria nella liquidità tra vita privata e professionale, relazioni virtuali e interazioni tra loro, isolamento dalla realtà e connessione totale con il mondo esterno. In una società così costituita, la cui struttura è ormai radicata nelle nostre categorie di giudizio, quanta e quale può essere la forza destabilizzante di un dono, che nella sua forma più pura non pretende contraccambio, ma anzi esige la gratuita accettazione?
NOTE DI REGIA:
«Siamo abituati - spiega Matteo Riva - a credere che sia giusto basare la società sullo scambio: acquisiamo beni e servizi a un prezzo perché viene dato loro un valore, che peraltro non siamo noi a decidere; allo stesso modo un valore viene assegnato a quello che possiamo fare, dire o produrre. Un gesto semplice come il dono fa saltare il meccanismo: facciamo qualcosa che non ha un valore quantificabile, introduciamo una gratuità che squilibra il sistema (cfr. Marcel Mauss, in “essai sur le don”,1924), si genera un’asimmetria che la società umana non sa tollerare a lungo: la società ama la simmetria; per questo il mercato funziona bene, è uno scambio di valori percepiti come equivalenti. Il dono ha un forza destabilizzante, e il vero suo potere sta nella gratuità, non nella reciprocità: è difficile accettare il dono e basta, ci sentiamo in dovere di ricambiare (interessante l’ambivalenza semantica di “munus”, che in latino significa sia “dono” che “obbligo”). C’è invece una sorta di sacralità nel dono a se stante: in ogni religione e cultura infatti il dono, l’offerta e il sacrificio sono sempre vie per comunicare con il divino, per elevarsi o per purificarsi. Perciò il dono è la sola via per cambiare le cose, per elevarci e al contempo umanizzarci».