Vicenda Mercatone uno: la vertenza è nell'impasse più totale
E' ancora in alto mare la situazione della vertenza Mercatone uno.
Continuano le proteste in tutta Italia per il caso del fallimento della Shernon holding, proprietaria del marchio Mercatone uno.
La vertenza Mercatone uno è nell'impasse più totale
La vertenza Mercatone uno è finita nell’impasse più totale. Sono trascorsi più di dieci giorni dall’incontro al ministero dello Sviluppo economico tra sindacati e azienda, convocato per affrontare la drammatica situazione, che si è aperta il 24 maggio scorso con la sentenza di fallimento di Shernon holding, società proprietaria del marchio. In quella riunione, il ministro Luigi Di Maio è intervenuto impegnandosi a fare tutto il possibile, e celermente, affinché i 55 punti vendita del gruppo e i 1.860 lavoratori coinvolti ritornassero in capo all’amministrazione straordinaria, per consentire a tutti gli addetti di accedere alla cassa integrazione e dare continuità al loro reddito. Sempre il 24 maggio, il curatore fallimentare ha inviato ai sindacati e ai commissari straordinari la comunicazione formale dello scioglimento del contratto di vendita, con la conseguente restituzione all’amministrazione straordinaria dei punti vendita di Mercatone Uno e dei lavoratori.
Ferma la presa di posizione di Filcams, Fisascat e Uiltucs
Alla luce delle documentazioni e dei documenti già prodotti e degli impegni assunti in sede di confronto al Mise - spiegano i confederali - abbiamo bisogno che si formalizzi il rientro in amministrazione straordinaria. Ogni ulteriore ritardo produce una situazione difficile da gestire, lasciando nello sconforto 1.860 addetti e le loro famiglie, i lavoratori dell’indotto, con inevitabili pesanti problemi anche per i fornitori, i loro dipendenti, i numerosi clienti che si sentono beffati. C’è ora una chiara tabella di marcia che prevede urgentemente: l’attività dell’amministrazione straordinaria; il ripristino delle condizioni contrattuali individuali precedenti, date le gravi inadempienze di Shernon, rispetto al contratto d’acquisto di Mercatone uno; l’attivazione di ammortizzatori sociali per salvaguardare il reddito dei lavoratori; l’apertura dei punti vendita per dare continuità al lavoro dei dipendenti e all’attività di Mercatone uno ed evitare che il marchio perda ulteriore valore e credibilità. C’è bisogno di impegno, trasparenza e discontinuità con quanto avvenuto fino ad oggi e che ha fatto ricadere responsabilità di altri sulle persone che lavorano per Mercatone uno. Il Mise intervenga subito e riconvochi il tavolo di confronto.
Il commento di Luigi Giove, segretario generale Cgil Emilia Romagna
La condizione che stanno vivendo i lavoratori di Mercatone Uno è sintomatica della situazione politica attuale. L’ammissione a una nuova amministrazione straordinaria - spiega il dirigente - è di competenza del Mise ed è l’unica possibilità per dare una prospettiva di salvaguardia occupazionale a più di 1.800 lavoratori, di cui 450 nella nostra regione. Servirebbe un decreto, ma non arriva. In compenso, però, i sono tweet, post, dichiarazioni, lanci d’agenzia, accuse al sindacato di strumentalizzare i lavoratori. C’è un ministro di questo governo, Salvini, che ha scorrazzato in lungo e in largo per l’Emilia Romagna, dicendo che da queste parti cambierà l’aria. Se cambiare significa non governare le crisi, non difendere i posti di lavoro, annunciare e non fare, promettere e non mantenere… beh, non è un cambiamento in meglio. Ma che importa, è pur sempre un cambiamento! D’altra parte, nel frattempo, qualcosa è cambiato. Il nuovo azionista di maggioranza del governo è la Lega (Nord al Nord, nazionalista altrove) e impone le sue priorità. Una su tutte: modificare il Codice degli appalti. Col decreto sbloccacantieri - che di cantieri non ne sblocca nemmeno uno – in compenso, si ritorna al massimo ribasso, agli affidamenti diretti, ai minori controlli, a inferiori tutele per i lavoratori. Sarà più facile l’infiltrazione della criminalità organizzata, saranno più agevoli le corruttele. Non lo dico io, lo dice Raffaele Cantone, che è a capo dell’Anac. Come sempre, saremo al fianco dei lavoratori che rischiano posto e stipendio, così come continueremo a batterci per la legalità e contro lo sfruttamento dentro e fuori dal sistema degli appalti. Difendiamo i protocolli sulla gestione degli appalti pubblici, sottoscritti in questi anni, difenderemo l’occupazione.
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