70 caprette rischiano di morire

70 caprette rischiano di morire
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CRESSA - Quasi tre quintali di latte buttato al giorno e una settantina di caprette che rischiano letteralmente di morire di fame. E’ la situazione drammatica raccontata da Rosario Sabia, un allevatore del Medio Novarese, disperato perché non riesce più a mantenere i suoi animali. «Il motivo? – dice – Ho denunciato chi mi ha affittato una stalla non a norma ma, in attesa della decisione del giudice, mi sono stati tolti i permessi necessari per lavorare. Una situazione che si trascina da mesi senza il minimo accenno a risolversi». E così, in gravi difficoltà finanziarie, ora può dar da mangiare alle sue caprette solo una volta al giorno anziché tre, come sarebbe necessario.

L’intricata vicenda comincia più di un anno fa, quando Rosario Sabia firma un contratto di affitto per un capannone situato a Cressa. Da subito emergono problemi, perché il contratto risulta commerciale e non agricolo. Da qui cominciano le prime contestazioni, che finiscono in una denuncia quando il signor Sabia rileva, a suo dire, irregolarità contrattuali e si rende conto della mancanza di agibilità del capannone. «Credevo ancora di poter avviare la mia attività - dice - così ho speso tutti i risparmi miei e della mia compagna per realizzare i lavori più urgenti nella stalla, dove non c’era né acqua né luce, e per comprare l’attrezzatura, come una stanza di mungitura che da sola mi è costata 12mila euro» racconta. La situazione però non si sblocca, anzi, quando l’allevatore trasferisce comunque le sue bestie nel nuovo capannone scattano le multe dell’Asl perché la struttura non è a norma. «Non potevo fare altrimenti perché la vecchia stalla era così piccola che gli animali si ferivano con le corna tra loro» si giustifica Sabia.

Senza nessun permesso, l’allevatore dice di aver perso un contratto per 30 quintali di latte al giorno con un caseificio lombardo. «Avrei dovuto guadagnare 2.800 euro al giorno – ricorda Sabia – Invece mi sono trovato con una serie di debiti che si accresce ogni giorno di più». Per poter far fronte alle difficoltà economiche cerca un lavoro alternativo ma, anche in questo caso, quella che sembrava una soluzione logica porta con sé delle conseguenze impreviste: «L’Inps ha rilevato che avevo due posizioni differenti aperte e così ho dovuto rinunciare pure alla qualifica di allevatore», rivela lui. «Per quanto riguarda la vicenda giudiziaria, al momento il giudice tutelare ha revocato l’amministratore di sostegno del proprietario della stalla - sottolinea l’avvocato Daniela Fisichella del Foro di Novara, che sta assistendo legalmente l’allevatore – Ora siamo in attesa di sapere come si muoverà il nuovo amministratore di sostegno».

Al momento nel capannone contestato dei 100 animali acquistati dal signor Sabia ne rimangono meno di 70. «Alcuni animali sono morti per le ferite che si provocavano nella vecchia stalla; altri per gli stenti; altri ancora, i più belli, li ho venduti per poter dar da mangiare alle bestie che mi rimangono e in particolare ai piccoli che sono nati nel frattempo», racconta lui. Diverse capre producono ancora latte e ogni giorno l’allevatore deve mungerlo per poi gettarlo nel campo vicino. «Un’assurdità» ripete Rosario.«Al di là della vicenda giudiziaria in sé che andrà, come è giusto, risolta davanti alle sedi competenti – sottolinea l’avvocato Daniela Fisichella – vorremmo sensibilizzare le istituzioni al fine di trovare una soluzione per questi animali che, ovviamente, non possono attendere ancora a lungo».

«A nessuno sta a cuore il loro bene se non a me – si sfoga l’allevatore – Un veterinario Asl è arrivato a dirmi di lasciar morire le mie capre per poi chiedere i danni, ma di fare una cosa del genere io proprio non me la sento».

Lucia Panagini

CRESSA - Quasi tre quintali di latte buttato al giorno e una settantina di caprette che rischiano letteralmente di morire di fame. E’ la situazione drammatica raccontata da Rosario Sabia, un allevatore del Medio Novarese, disperato perché non riesce più a mantenere i suoi animali. «Il motivo? – dice – Ho denunciato chi mi ha affittato una stalla non a norma ma, in attesa della decisione del giudice, mi sono stati tolti i permessi necessari per lavorare. Una situazione che si trascina da mesi senza il minimo accenno a risolversi». E così, in gravi difficoltà finanziarie, ora può dar da mangiare alle sue caprette solo una volta al giorno anziché tre, come sarebbe necessario.

L’intricata vicenda comincia più di un anno fa, quando Rosario Sabia firma un contratto di affitto per un capannone situato a Cressa. Da subito emergono problemi, perché il contratto risulta commerciale e non agricolo. Da qui cominciano le prime contestazioni, che finiscono in una denuncia quando il signor Sabia rileva, a suo dire, irregolarità contrattuali e si rende conto della mancanza di agibilità del capannone. «Credevo ancora di poter avviare la mia attività - dice - così ho speso tutti i risparmi miei e della mia compagna per realizzare i lavori più urgenti nella stalla, dove non c’era né acqua né luce, e per comprare l’attrezzatura, come una stanza di mungitura che da sola mi è costata 12mila euro» racconta. La situazione però non si sblocca, anzi, quando l’allevatore trasferisce comunque le sue bestie nel nuovo capannone scattano le multe dell’Asl perché la struttura non è a norma. «Non potevo fare altrimenti perché la vecchia stalla era così piccola che gli animali si ferivano con le corna tra loro» si giustifica Sabia.

Senza nessun permesso, l’allevatore dice di aver perso un contratto per 30 quintali di latte al giorno con un caseificio lombardo. «Avrei dovuto guadagnare 2.800 euro al giorno – ricorda Sabia – Invece mi sono trovato con una serie di debiti che si accresce ogni giorno di più». Per poter far fronte alle difficoltà economiche cerca un lavoro alternativo ma, anche in questo caso, quella che sembrava una soluzione logica porta con sé delle conseguenze impreviste: «L’Inps ha rilevato che avevo due posizioni differenti aperte e così ho dovuto rinunciare pure alla qualifica di allevatore», rivela lui. «Per quanto riguarda la vicenda giudiziaria, al momento il giudice tutelare ha revocato l’amministratore di sostegno del proprietario della stalla - sottolinea l’avvocato Daniela Fisichella del Foro di Novara, che sta assistendo legalmente l’allevatore – Ora siamo in attesa di sapere come si muoverà il nuovo amministratore di sostegno».

Al momento nel capannone contestato dei 100 animali acquistati dal signor Sabia ne rimangono meno di 70. «Alcuni animali sono morti per le ferite che si provocavano nella vecchia stalla; altri per gli stenti; altri ancora, i più belli, li ho venduti per poter dar da mangiare alle bestie che mi rimangono e in particolare ai piccoli che sono nati nel frattempo», racconta lui. Diverse capre producono ancora latte e ogni giorno l’allevatore deve mungerlo per poi gettarlo nel campo vicino. «Un’assurdità» ripete Rosario.«Al di là della vicenda giudiziaria in sé che andrà, come è giusto, risolta davanti alle sedi competenti – sottolinea l’avvocato Daniela Fisichella – vorremmo sensibilizzare le istituzioni al fine di trovare una soluzione per questi animali che, ovviamente, non possono attendere ancora a lungo».

«A nessuno sta a cuore il loro bene se non a me – si sfoga l’allevatore – Un veterinario Asl è arrivato a dirmi di lasciar morire le mie capre per poi chiedere i danni, ma di fare una cosa del genere io proprio non me la sento».

Lucia Panagini

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