«A Novara deve nascere un centro per disabili e deve portare il nome “Casa sollievo della sofferenza".

«A Novara deve nascere un centro per disabili e deve portare il nome “Casa sollievo della sofferenza".
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NOVARA - «A Novara deve nascere un centro per disabili e deve portare il nome “Casa sollievo della sofferenza”». Inizia, così, con un appello, il racconto di Simona Salafia, 41 anni residente a Novara ma originaria della Sicilia, sposata con Giancarlo e madre di due figli: Antonio di 18 anni, disabile grave, e Francesca di 13 anni.  Un appello che però ha, a suo dire, radici ben più lontane e più precisamente a quando suo figlio Antonio aveva 6 mesi.  «Fin dalla nascita Antonio ha avuto problemi molto gravi, irreversibili, e dalla gioia di avere un figlio per me e mio marito si è aperta una voragine di disperazione che non lasciava alcuno spazio alla speranza. Un giorno, quando Antonio avrà avuto circa sei mesi, passeggiando ho incontrato una signora che mi ha parlato di Padre Pio, che io non conoscevo e, quindi, tornata a casa ho subito chiesto informazioni a mio marito. In quell’occasione, ricordo, ho improvvisamente sentito un forte profumo di fiori. E’ stata una sensazione molto strana anche perchè era il mese di novembre e quell’odore così intenso lo percepivo solo io». Un episodio isolato «strano davvero ma al quale, almeno in quel momento, non ho dato importanza». Gli anni a seguire furono un vero e proprio calvario: «Oramai avevamo la certezza che Antonio non avrebbe mai parlato, nè camminato, nè visto se non delle ombre. Non avrebbe mai potuto avere una vita normale. Io caddi in una forte depressione, dimagrii tantissimo e volevo solo farla finita. Tutto quel dolore che incontravamo continuamente negli ospedali quando portavamo il nostro bambino. Tante storie incredibili di sofferenza, davvero troppo da sopportare». Finchè, quando Antonio aveva circa 3 anni, «sognai  - dice Simona - Padre Pio su una carrozzina, con alle spalle una suora. Mi sembrava che mi chiamasse ma io avevo paura, poi, all’improvviso qualcuno alle mie spalle mi spinse con forza e mi ritrovai inginocchiata davanti a lui e con la mia testa sulle sue ginocchia. Nel sogno percepii che mi stava accarezzando la testa, consolandomi e dicendomi di essere forte». E la vità iniziò a cambiare. «Vedevo tutto con occhi diversi, iniziammo anche a sperare e a desiderare di avere un altro bambino, ma non succedeva nulla». Ed ecco che arriva un altro sogno: «Sarà stato il 2002, sognai Gesù bellissimo e mi indicava una strada, in fondo vidi una culla... E così poco dopo scoprii di aspettare un altro figlio e nel 2003 nacque Francesca. Sanissima». La vita riprense con la gioia di una nuova nascita «ma le difficoltà per Antonio non erano certo finite e infatti nel 2006 e poi ancora nel 2007 subii due importanti interventi alla testa. La sua vita era in pericolo, ma per fortuna tutto si risolse per il meglio. Anche quelli furono anni molto difficili, però, stranamente e inspiegabilmente, sentivo nascere in me un desiderio sempre più forte di aiutare gli altri, di condividere con gli altri le loro difficoltà, di mettermi al servizio». Una sequenza di eventi che sembra quasi disegnata: «Nel 2010 persi il lavoro da estetista e così iniziai a dedicare sempre più tempo agli altri, entrando in una associazione che si chiama  Cad, centro d’ascolto per il disagio, che ha sede ha Roma e che poi nelle singole realtà territoriali ha dei punti di riferimento come quello di Novara che ha sede in piazza Sacro Cuore. Un’occasione d’ascolto molto significativa che tocca tante realtà diverse, ma che per me significa principalmente aiutare le persone che vivono la disabilità in prima persona e le loro famiglie». Siamo così giunti al 2014  quando arriva un altro sogno: «Mi trovavo in un giardino meraviglioso, molto rigoglioso, quasi fosse l’Eden così come viene descritto e all’improvviso mi sentii chiamare con un semplice “Eih”, mi voltai  e vidi Padre Pio che mi disse “Io sto aspettando te” e tra me ricordo che nel sogno pensavo, “Ma cosa vorrà mai da me” ed ecco che mi dice chiaramente “A Novara deve nascere un centro per ammalati e deve portare il nome “Casa Sollievo della Sofferenza”, ricordo che pur sognando ebbi un’intuizione: vedevo una grande piscina, e degli attrezzi robotizzati e capii che doveva essere un centro per disabili». Nei giorni a seguire Simona cerca di capire come fare per realizzare quanto le è stato chiesto in sogno «e così ho pensato di scrivere al Papa, lasciando anche il mio numero di telefono, ma al momento non ho ricevuto alcuna risposta. Sono andata anche in Curia e mi sono confrontata con altri sacerdoti. Capisco che tutto questo sembra strano, lo è più a me che agli altri. Eppure sento che è tutto vero. Credo proprio che Dio abbia scelto Novara per far nascere questo centro per disabili. E vorrei lanciare un appello alla Città, alla Comunità a chi potrebbe concretizzare quanto mi è stato chiesto. Io non ho conoscenze, non potrei far nulla da sola. L’unico mio desiderio è che questi sogni possano essere ascoltati e vorrei che diventassero dei dipinti, per rendere visibile anche agli altri il percorso tracciato da una mano tanto  sapiente da avermi condotta fino a qui».Clarissa Brusati

NOVARA - «A Novara deve nascere un centro per disabili e deve portare il nome “Casa sollievo della sofferenza”». Inizia, così, con un appello, il racconto di Simona Salafia, 41 anni residente a Novara ma originaria della Sicilia, sposata con Giancarlo e madre di due figli: Antonio di 18 anni, disabile grave, e Francesca di 13 anni.  Un appello che però ha, a suo dire, radici ben più lontane e più precisamente a quando suo figlio Antonio aveva 6 mesi.  «Fin dalla nascita Antonio ha avuto problemi molto gravi, irreversibili, e dalla gioia di avere un figlio per me e mio marito si è aperta una voragine di disperazione che non lasciava alcuno spazio alla speranza. Un giorno, quando Antonio avrà avuto circa sei mesi, passeggiando ho incontrato una signora che mi ha parlato di Padre Pio, che io non conoscevo e, quindi, tornata a casa ho subito chiesto informazioni a mio marito. In quell’occasione, ricordo, ho improvvisamente sentito un forte profumo di fiori. E’ stata una sensazione molto strana anche perchè era il mese di novembre e quell’odore così intenso lo percepivo solo io». Un episodio isolato «strano davvero ma al quale, almeno in quel momento, non ho dato importanza». Gli anni a seguire furono un vero e proprio calvario: «Oramai avevamo la certezza che Antonio non avrebbe mai parlato, nè camminato, nè visto se non delle ombre. Non avrebbe mai potuto avere una vita normale. Io caddi in una forte depressione, dimagrii tantissimo e volevo solo farla finita. Tutto quel dolore che incontravamo continuamente negli ospedali quando portavamo il nostro bambino. Tante storie incredibili di sofferenza, davvero troppo da sopportare». Finchè, quando Antonio aveva circa 3 anni, «sognai  - dice Simona - Padre Pio su una carrozzina, con alle spalle una suora. Mi sembrava che mi chiamasse ma io avevo paura, poi, all’improvviso qualcuno alle mie spalle mi spinse con forza e mi ritrovai inginocchiata davanti a lui e con la mia testa sulle sue ginocchia. Nel sogno percepii che mi stava accarezzando la testa, consolandomi e dicendomi di essere forte». E la vità iniziò a cambiare. «Vedevo tutto con occhi diversi, iniziammo anche a sperare e a desiderare di avere un altro bambino, ma non succedeva nulla». Ed ecco che arriva un altro sogno: «Sarà stato il 2002, sognai Gesù bellissimo e mi indicava una strada, in fondo vidi una culla... E così poco dopo scoprii di aspettare un altro figlio e nel 2003 nacque Francesca. Sanissima». La vita riprense con la gioia di una nuova nascita «ma le difficoltà per Antonio non erano certo finite e infatti nel 2006 e poi ancora nel 2007 subii due importanti interventi alla testa. La sua vita era in pericolo, ma per fortuna tutto si risolse per il meglio. Anche quelli furono anni molto difficili, però, stranamente e inspiegabilmente, sentivo nascere in me un desiderio sempre più forte di aiutare gli altri, di condividere con gli altri le loro difficoltà, di mettermi al servizio». Una sequenza di eventi che sembra quasi disegnata: «Nel 2010 persi il lavoro da estetista e così iniziai a dedicare sempre più tempo agli altri, entrando in una associazione che si chiama  Cad, centro d’ascolto per il disagio, che ha sede ha Roma e che poi nelle singole realtà territoriali ha dei punti di riferimento come quello di Novara che ha sede in piazza Sacro Cuore. Un’occasione d’ascolto molto significativa che tocca tante realtà diverse, ma che per me significa principalmente aiutare le persone che vivono la disabilità in prima persona e le loro famiglie». Siamo così giunti al 2014  quando arriva un altro sogno: «Mi trovavo in un giardino meraviglioso, molto rigoglioso, quasi fosse l’Eden così come viene descritto e all’improvviso mi sentii chiamare con un semplice “Eih”, mi voltai  e vidi Padre Pio che mi disse “Io sto aspettando te” e tra me ricordo che nel sogno pensavo, “Ma cosa vorrà mai da me” ed ecco che mi dice chiaramente “A Novara deve nascere un centro per ammalati e deve portare il nome “Casa Sollievo della Sofferenza”, ricordo che pur sognando ebbi un’intuizione: vedevo una grande piscina, e degli attrezzi robotizzati e capii che doveva essere un centro per disabili». Nei giorni a seguire Simona cerca di capire come fare per realizzare quanto le è stato chiesto in sogno «e così ho pensato di scrivere al Papa, lasciando anche il mio numero di telefono, ma al momento non ho ricevuto alcuna risposta. Sono andata anche in Curia e mi sono confrontata con altri sacerdoti. Capisco che tutto questo sembra strano, lo è più a me che agli altri. Eppure sento che è tutto vero. Credo proprio che Dio abbia scelto Novara per far nascere questo centro per disabili. E vorrei lanciare un appello alla Città, alla Comunità a chi potrebbe concretizzare quanto mi è stato chiesto. Io non ho conoscenze, non potrei far nulla da sola. L’unico mio desiderio è che questi sogni possano essere ascoltati e vorrei che diventassero dei dipinti, per rendere visibile anche agli altri il percorso tracciato da una mano tanto  sapiente da avermi condotta fino a qui».Clarissa Brusati

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