L'intervista

Due restauri "di comunità" grazie a Fondazione Comunità del Novarese

Scuola dell'infanzia a Cameri e l’asilo De Medici di Bellinzago

Due restauri "di comunità" grazie a Fondazione Comunità del Novarese
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La passione e l’amore per la bellezza, curata attraverso l’opera di tutta la comunità: non c’è retorica nelle parole di Paola Piccoli, architetto di Cameri, con ventennale attività a Bellinzago, che si è occupata del progetto di riqualificazione della scuola dell’infanzia antonelliana Don Valli a Cameri, con il giardino didattico e un percorso dedicato agli alunni davvero corposo e si è occupata poi di un altro edificio antonelliano nel 2016: l’asilo De Medici di Bellinzago. Due restauri di «comunità» grazie al supporto di Fondazione Comunità del Novarese.

L'intervista

Cosa hanno significato per lei questi restauri e qual è stato il rapporto con Fcn?

«Avendo bisogno di fondi per Cameri, siamo arrivati alla Fondazione che non ha elargito solo denaro, ma ha donato emozioni, ha coinvolto la comunità, dando speranza alle persone. A Bellinzago abbiamo replicato questo senso del “prendersi cura” di un edificio che significa prendersi cura delle persone che lo vivono. Il fatto che siano i bambini a beneficiarne, vuol dire insegnare agli adulti di domani la necessità di tutelare un bene. Antonelli stesso ha donato alla comunità il progetto dell’asilo, gli stessi bellinzaghesi allora avevano donato il materiale per realizzarlo, e ora tutto il paese ha donato per il bene comune. Per un architetto è un vanto occuparsi un edificio antonelliano, ma ancor più, per me è stato meraviglioso per l’atmosfera. L’input di Fcn di creare comunità è stato davvero raggiunto e in un mese abbiamo vinto la scommessa della raccolta fondi, per ottenere il contributo».

Cosa è stato realizzato?

«Gli interventi hanno riguardato la copertura e le facciate alte di ovest-est-nord, con il recupero della crociera superiore si è adibito un locale a museo permanente con i disegni del progetto di Antonelli, banchi e lavagne del passato e una parte dedicata alle suore di Sant’Anna. Il progetto ha visto anche “la nascita” di Rex-Tauro, il dinosauro mascotte e portavoce con i bambini, per avviare un percorso educativo e didattico».

Ha altri progetti nel cassetto?

«Ne ho diversi e legati sempre a una dimensione di restauro e valorizzazione. Credo che parteciperò al bando Fcn su questo fronte, sempre per l’Asilo De Medici, perché ci sono ancora tante parti da restaurare. In altri Comuni ho idee che al momento restano sospese causa covid».

Testimonial per i 20 anni di Fcn, come ha vissuto questa esperienza?

«Non l’avrei mai fatto per altri perché non mi piace apparire, ma per Fcn ho detto sì per l’affetto, la stima reciproca, per veicolare un messaggio, appunto, di comunità. Una bella responsabilità certo, ma mi sono anche sentita lusingata. Vedendo i manifesti qualcuno mi ha chiamato per chiedermi se fossi entrata in politica... no! Tutto solo per raccontare le “scintille” del prendersi cura; con i bandi della Fondazione si aiutano settori diversi, attuando appieno la missione di creare comunità che motore e forza di ogni idea».

Fcn mette in moto la comunità che non si ferma con l’inizio lavori, giusto?

«Resta un forte legame affettivo con Fcn e si mantengono le iniziative magari partite per la specifica raccolta fondi. Un percorso virtuoso che avvicina le persone».

Ha un sogno da realizzare in ambito professionale?

«Sono una persona concreta e di solito non sogno ciò che non posso realizzare. Per la mia formazione, penso sempre alla tutela dei beni e al restauro; mi piacerebbe riportare in auge le zone dimenticate, per esempio le piazze, un tempo luogo di ritrovo, ora svuotate di significato e funzioni sociali e comunitarie. Le città sono parte della nostra identità e se scappiamo da esse vuol dire che non stiamo bene. Vorrei che le persone tornassero a trascorrere tempo in piazza invece di andare nei centri commerciali. Non dico che vorrei occuparmi delle piazze di New York, ma di quelle dei nostri paesi o di piazza Martiri a Novara, sì. Mi sono occupata anche del restauro della Badia di Dulzago: i luoghi della memoria mi riattivano e mi appassionano. Il nuovo è sicuramente stimolante, ma non dobbiamo dimenticare che l’Italia è conosciuta e apprezzata in tutto il mondo per le bellezze architettoniche esistenti».

Erica Bertinotti
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