Hanno un nome i resti ripescati nel lago a Omegna

Hanno un nome i resti ripescati nel lago a Omegna
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S’è risolto il “giallo” del Sulky rosso con i resti umani a bordo, ripescato nel pomeriggio di domenica 8 nel lago d’Orta. Le ossa appartenevano a due persone non ad una com’era apparso in un primo tempo. Il documento d’identità e gli oggetti all’interno dell’abitacolo hanno consentito di identificare, senza ombra di dubbio, a chi appartenessero i resti. Il Sulky è risultato essere intestato a Luciano Genduso, classe 1921, del quale è stato recuperato un mocassino con il rialzo per facilitarne la deambulazione (l’uomo era zoppo). La carta d’identità era intestata a Donato Musto, classe 1913. L’equivoco che aveva indotto i carabinieri di Omegna, e i colleghi del Nucleo operativo radio mobile di Verbania ad attribuirne la proprietà ad un uomo di Gozzano, morto centenario e sepolto dopo un regolare funerale, è nato dall’errata trascrizione della targa da parte dei due sommozzatori di Verbania che, nel pomeriggio di sabato avevano notato la carcassa del mezzo, e avvertito i carabinieri. Genduso e Musto erano scomparsi nel nulla una mattina di gennaio del 1987. La scomparsa era stata denunciata dalle famiglie. Anche all’epoca, i sommozzatori avevano scandagliato i fondali del Lago d’Orta davanti ad Omegna ma, in mancanza d’indicazioni precise, non avevano individuato il fondale giusto. La moglie di Musto, che all’epoca abitava a Bagnella, riferì che il marito era uscito di casa per accompa

S’è risolto il “giallo” del Sulky rosso con i resti umani a bordo, ripescato nel pomeriggio di domenica 8 nel lago d’Orta. Le ossa appartenevano a due persone non ad una com’era apparso in un primo tempo. Il documento d’identità e gli oggetti all’interno dell’abitacolo hanno consentito di identificare, senza ombra di dubbio, a chi appartenessero i resti. Il Sulky è risultato essere intestato a Luciano Genduso, classe 1921, del quale è stato recuperato un mocassino con il rialzo per facilitarne la deambulazione (l’uomo era zoppo). La carta d’identità era intestata a Donato Musto, classe 1913. L’equivoco che aveva indotto i carabinieri di Omegna, e i colleghi del Nucleo operativo radio mobile di Verbania ad attribuirne la proprietà ad un uomo di Gozzano, morto centenario e sepolto dopo un regolare funerale, è nato dall’errata trascrizione della targa da parte dei due sommozzatori di Verbania che, nel pomeriggio di sabato avevano notato la carcassa del mezzo, e avvertito i carabinieri. Genduso e Musto erano scomparsi nel nulla una mattina di gennaio del 1987. La scomparsa era stata denunciata dalle famiglie. Anche all’epoca, i sommozzatori avevano scandagliato i fondali del Lago d’Orta davanti ad Omegna ma, in mancanza d’indicazioni precise, non avevano individuato il fondale giusto. La moglie di Musto, che all’epoca abitava a Bagnella, riferì che il marito era uscito di casa per accompagnare l’amico Genduso ad una visita medica cui doveva sottoporsi all’ospedale di Novara. Genduso era sceso da Cireggio, aveva caricato l’amico, poi i due erano spariti nel nulla. L’ipotesi più probabile è che si sia trattato di morte accidentale, Genduso avrebbe perso il controllo del mezzo a causa del fondo ghiacciato finendo nel lago dov’è rimasto insepolto per 30 anni. Per una tragica fatalità, quando il Sulky coi due pensionati a bordo s’è inabissato nel lago non c’era nessun testimone oculare a dare l’allarme. All’epoca erano state fatte delle ricerche anche al sud, nei paesi d’origine dei due. Tra le voci circolate all’epoca, infatti, c’era anche quella d’una vincita al totocalcio, o al casinò, della quale Musto aveva raccontato agli amici e di un allontanamento volontario dei due per godersi l’importo della vincita. Un’ipotesi che le famiglie non avevano mai preso in considerazione anche perché l’entità della somma non sarebbe stata tale da giustificare una simile ipotesi. L’avvistamento di sabato dei due sommozzatori, l’identificazione dei resti, e le testimonianze dei figli dei due amici raccolte dai carabinieri hanno consentito di ristabilire, nella sua banale tragicità, la verità.

Mauro Rampinini

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