L’incredibile storia di James

L’incredibile storia di James
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Quattro stagioni fa giocava in Dna Silver, con la Paffoni Fulgor Omegna. 
Oggi è titolare al fianco di Devin Booker nei Phoenix Suns. Uno strano rookie di 27 anni, capace di segnare il canestro decisivo alla prima gara disputata da titolare nella NBA
I Phoenix Suns hanno fatto parlare parecchio di loro, in questo inizio di stagione: una sconfitta di 48 punti alla prima stagionale, una di 42 alla terza, tre ko in fila e l’allenatore licenziato (Earl Watson, al suo posto Jay Triano). I due playmaker titolare (e considerati star della squadra) Brandon Knight ed Eric Bledsoe per motivi diversi sono fuori squadra, infortunato il primo, scontento (e sul mercato) il secondo. 
Così, dalla quarta partita della stagione in poi, titolare in quintetto è Mike James. 
In estate a Las Vegas – leggendo il suo nome sul roster dei Phoenix Suns – in molti si erano chiesto cosa ci facesse il 40enne ex giocatore dei Raptors visto l’ultima volta con la maglia di Chicago nel 2013-14 alla ricerca di un posto nella NBA alla sua età. Sbagliato. Era un altro Mike James. Non un ragazzino neppure lui – 27enne in mezzo a tante matricole e altri ragazzini – ma una storia che è sicuramente tra le più belle di questo inizio di stagione. 

Quattro stagioni fa giocava in Dna Silver, con la Paffoni Fulgor Omegna. 
Oggi è titolare al fianco di Devin Booker nei Phoenix Suns. Uno strano rookie di 27 anni, capace di segnare il canestro decisivo alla prima gara disputata da titolare nella NBA
I Phoenix Suns hanno fatto parlare parecchio di loro, in questo inizio di stagione: una sconfitta di 48 punti alla prima stagionale, una di 42 alla terza, tre ko in fila e l’allenatore licenziato (Earl Watson, al suo posto Jay Triano). I due playmaker titolare (e considerati star della squadra) Brandon Knight ed Eric Bledsoe per motivi diversi sono fuori squadra, infortunato il primo, scontento (e sul mercato) il secondo. 
Così, dalla quarta partita della stagione in poi, titolare in quintetto è Mike James. 
In estate a Las Vegas – leggendo il suo nome sul roster dei Phoenix Suns – in molti si erano chiesto cosa ci facesse il 40enne ex giocatore dei Raptors visto l’ultima volta con la maglia di Chicago nel 2013-14 alla ricerca di un posto nella NBA alla sua età. Sbagliato. Era un altro Mike James. Non un ragazzino neppure lui – 27enne in mezzo a tante matricole e altri ragazzini – ma una storia che è sicuramente tra le più belle di questo inizio di stagione. 
Il suo nome, infatti, è più probabile che suoni familiare in Italia che oltreoceano, perché nel 2013-‘14 Mike James approda – primo americano nella storia della società – alla Fulgor Basket di Omegna, squadra militante in Dna Silver, ovvero la terza categoria del nostro campionato. Nel weekend fa scintille in campo, guadagnandosi il titolo di MVP del campionato a fine anno, ma durante la settimana non trova di meglio da fare che andare al Forum di Milano da spettatore a vedere l’Olimpia impegnata nell’Eurolega. 
Probabilmente sentendo di appartenere a quel livello di pallacanestro. E infatti. Dopo un breve passaggio in Grecia a Rodi, arriva la chiamata da Vitoria, in Spagna, e proprio in Eurolega – contro CSKA Mosca e Fenerbahce, 19 punti contro entrambi – James fa capire di poter giocare contro i migliori del Vecchio Continente. 
Lo pensano anche ad Atene, e col Panathinaikos manda a libri una stagione da oltre 13 di media in Eurolega, disputando da protagonista la gara-5 che dà al Pana lo scudetto contro gli odiati rivali dell’Olympiacos. In estate è il nome più caldo per il mercato proprio di quell’Olimpia Milano che andava a veder giocare da spettatore, ma il Panathinaikos gli offre un ricco rinnovo biennale. 
Un’offerta che Mike James rifiuta: è troppo forte ill sogno di farcela nella NBA. 
Anche se bisogna partire dalle Summer League, sgomitando contro giovani promettenti e matricole molto attese. James li mette in fila tutti, uno a uno: chiude la sua estate con una prestazione da 32 punti contro i San Antonio Spurs, la migliore mai vista negli 11 giorni della Summer League andata in scena in Nevada. A bordocampo, a far da commentatore, c’è Isaiah Thomas, fresco di passaggio dai Boston Celtics ai Cleveland Cavs, che ai microfoni di NBA TV lo elogia senza riserve. “Pazzesco – commenta lui – Isaiah è il mio playmaker preferito di tutti i tempi”. 
Presto è destinato a incontrarlo su un parquet NBA. Perché convinti dalle sue prestazioni estive, i Suns gli offrono un two-way contract, pensando di fargli fare avanti e indietro dalla G League. E invece, con la quarta gara del campionato, se lo ritrovano titolare in quintetto, capace di chiudere con 18 punti, un fenomenale 8/10 dal campo, 7 assist e il canestro decisivo contro i Sacramento Kings. È solo l’inizio di un’avventura tra i pro che neppure il prodotto di North East Portland si sarebbe potuto mai aspettare. 

Sandro Devecch

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