L’Università del Piemonte orientale in prima fila contro ebola e malaria

L’Università del Piemonte orientale in prima fila contro ebola e malaria
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NOVARA – L’Università del Piemonte orientale è in prima fila nella lotta a due patologie che ancora oggi causano numerose vittime nel continente africano.

L’epidemia causata dal virus Ebola che ha colpito soprattutto l’Africa occidentale non si è ancora esaurita e l’ateneo continua a mettere il proprio know how al servizio della risposta sanitaria internazionale. I centri di ricerca medica Crimedim (Centro di ricerca in medicina d’emergenze e dei disastri) e Simnova (Centro di simulazione in medicina e professioni sanitarie), entrambi espressioni della ricerca che si svolge nel Dipartimento di Medicina traslazionale dell’Upo, fanno parte di una cordata che si è aggiudicata il bando del Ministero degli Affari Esteri denominato “Iniziativa di emergenza in favore delle popolazioni affette dalla malattia da virus Ebola in Sierra Leone”. Da questo bando è scaturito un progetto – guidato da Emgim Internazionale, Formazione Orientamento Cooperazione e cui collabora anche Rainbow for Africa Onlus – che si tradurrà in molteplici iniziative di formazione, in Italia e in Sierra Leone, ospitate anche dai centri di ricerca Upo a Novara.

NOVARA – L’Università del Piemonte orientale è in prima fila nella lotta a due patologie che ancora oggi causano numerose vittime nel continente africano.

L’epidemia causata dal virus Ebola che ha colpito soprattutto l’Africa occidentale non si è ancora esaurita e l’ateneo continua a mettere il proprio know how al servizio della risposta sanitaria internazionale. I centri di ricerca medica Crimedim (Centro di ricerca in medicina d’emergenze e dei disastri) e Simnova (Centro di simulazione in medicina e professioni sanitarie), entrambi espressioni della ricerca che si svolge nel Dipartimento di Medicina traslazionale dell’Upo, fanno parte di una cordata che si è aggiudicata il bando del Ministero degli Affari Esteri denominato “Iniziativa di emergenza in favore delle popolazioni affette dalla malattia da virus Ebola in Sierra Leone”. Da questo bando è scaturito un progetto – guidato da Emgim Internazionale, Formazione Orientamento Cooperazione e cui collabora anche Rainbow for Africa Onlus – che si tradurrà in molteplici iniziative di formazione, in Italia e in Sierra Leone, ospitate anche dai centri di ricerca Upo a Novara.

Il progetto partirà formalmente il prossimo 6 marzo, ma la formazione a distanza, grazie alle moderne tecnologie di cui sono dotati Crimedim e Simnova, è già partita il 2 marzo, e ha la finalità di formare venti operatori volontari che si recheranno presso l’ospedale di Lunsar, nella Sierra Leone occidentale. Nella fase di formazione a distanza i partecipanti acquisiranno nozioni teoriche riguardanti lo stato dell’epidemia di Ebola, la storia naturale, la fisiopatologia e le manifestazioni cliniche della malattia nonché i principi di trattamento secondo le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e i principi di prevenzione e controllo dell’infezione dettati dalla stessa OMS. Nella fase di formazione residenziale – presso Simnova, in via Lanino a Novara, con il supporto di strumenti simulativi computerizzati ad alta fedeltà – i partecipanti acquisiranno familiarità in ambiente protetto con queste procedure: vestizione e svestizione dai Dispositivi di Protezione Individuali (PPE); muoversi in un CCC (Community Care Center) gestendo il flusso di pazienti e staff (incluso percorso da Triage); prelievo di campione per analisi di laboratorio; procedura di trasporto in sicurezza di cadavere.

«La formazione del personale sanitario che opererà nelle zone colpite dal virus Ebola – dichiara Pier Luigi Ingrassia, direttore del Centro Simnova ed esperto di medicina dei disastri presso il Dipartimento di Medicina traslazionale – è fondamentale per garantirne, in primo luogo, la sicurezza e, di conseguenza, l’efficacia della risposta sanitaria. Questa fase formativa va di pari passo con la riapertura, proprio a Lunsar, di un ospedale generale che opererà nelle vicinanze di un centro di trattamento Ebola. Per il mese di maggio 2015 è in programma l’addestramento, svolto da personale universitario del Crimedim, di 225 operatori sanitari locali che verranno formati direttamente a Lunsar, in Sierra Leone, con l’uso di tecnologie di realtà virtuale in dotazione a Simnova che verranno trasportate in Africa».

Ma l’emergenza Ebola non è l’unico fronte sul quale si batte l’Università del Piemonte orientale. Recentemente il Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale ha approvato e co-finanziato il progetto “Lotta alla malaria in Burkina Faso: formazione e ricerca malariologica” che ha un volare complessivo prossimo ai 4 milioni di euro e di cui è parte integrante il Dipartimento di Scienze del farmaco dell’Upo. La cooperazione internazionale è attiva nel settore sanitario in Burkina Faso dal 1983 con lo scopo di arginare gli effetti delle malattie infettive e, soprattutto, della malaria. Attualmente il Governo Italiano collabora con le autorità burkinabè nell’alveo di un accordo di cooperazione che sostiene il Piano nazionale di sviluppo sanitario e che è in vigore dal 2003.

La cordata di ricerca internazionale è guidata dal Dipartimento di Sanità pubblica e malattie infettive della “Sapienza” di Roma; il referente primario è il professor David Modiano, dello stesso Ateneo, mentre il referente per l’Upo è Menico Rizzi, professore ordinario di Biochimica e delegato del Rettore per la ricerca scientifica. Il gruppo di ricerca del professor Rizzi è coinvolto nel contesto del consorzio Interuniversitario Cirm (Centro Interuniversitario di Ricerca sulla Malaria) di cui Upo è uno dei partner.

La situazione sanitaria in Burkina Faso, nonostante un lieve miglioramento negli ultimi anni, è ancora caratterizzata da tassi di mortalità assai elevati. Il tasso di mortalità infantile è prossimo al 10%. Nel 2010 la popolazione poteva contare su un medico ogni 22.000 abitanti, un’ostetrica ogni 4000 donne in età fertile e un infermiere ogni 3000 abitanti. Alla mancanza di personale sanitario qualificato si accosta la quasi totale assenza di strutture all’avanguardia. In Burkina Faso la malaria è endemica e rappresenta il più grave problema di salute pubblica oltre che la principale causa di morte (46% del totale dei decessi). I bambini sotto i cinque anni sono i più colpiti: la malaria è la principale causa di morte nel 76,5% dei casi.

Gli obiettivi del progetto sono il rafforzamento dei sistemi sanitari, l’assistenza tecnica e la cosiddetta capacity building, ossia lo sviluppo e la creazione in loco dei presupposti per la creazione di un ambiente in grado di innescare percorsi virtuosi e di rispondere in maniera efficace ai problemi legati alla malaria. Per raggiungerli verrà istituita la “Scuola Burkinabé di Alta Formazione in Malariologia” che sarà costituita dalle risorse umane e infrastrutturali presenti nel network delle istituzioni burkinabé e italiane partecipanti al programma. Verrà inoltre promosso un Comitato tecnico nazionale di lotta alla malaria che dovrà definire, gestire e realizzare le politiche nazionali di lotta alla malaria, oltre a coordinare l’accesso ai finanziamenti internazionali necessari per fronteggiare la malattia. Il progetto ‘anti-malaria’ è finanziato per oltre il 50% dal Ministero per gli Affari Esteri (pari a due milioni di euro), mentre l’Upo parteciperà con un contributo di 100 mila euro. Gli altri enti coinvolti sono le università di Roma, Brescia, Camerino, Milano, Napoli, Perugia, Siena, l’Istituto Superiore di Sanità, CNRFP (Burkina Faso), Centre Muraz (BF), IRSS (BF), Université de Ouagadougou (BF), PNLP (BF), Cermes (Niger) e CNFRSR (Guinea Conakry).

«Lo scopo del progetto – commenta il professor Menico Rizzi – è quello di aumentare la capacità di combattere la malaria, una delle principali cause di mortalità e morbilità nei Paesi dell’Africa sub-sahariana, attraverso lo strumento della cooperazione internazionale. Tale obiettivo è perseguito sostenendo sia la ricerca scientifica che la formazione di personale qualificato in Burkina Faso, in modo da partecipare alla generazione di competenze in grado di affrontare questa emergenza sanitaria direttamente sui territori endemici sui quali insiste».

v.s.

 

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