Restauratrice novarese al lavoro in compagnia di… due mummie

Restauratrice novarese al lavoro in compagnia di… due mummie
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È la sua professione, vero, è abituata a “dialogare” con le testimonianze del passato. Ma questa volta il suo intervento ha un sapore speciale. «È affascinante, particolare. E suscita emozione». Sonia Segimiro, restauratrice della Novaria Restauri di cui è direttore tecnico, sta lavorando al Museo Egizio di Torino: dal mese di agosto passa le sue giornate in compagnia di… due mummie. Un intervento di restauro conservativo che la vedrà impegnata fino al mese prossimo. «Ho già collaborato con il museo torinese per interventi su diverse tipologie di materiali lapidei e manufatti tessili di cui mi occupo prevalentemente. Il nostro progetto è stato selezionato tra quelli di altre ditte ed eccomi qua, a tu per tu con due mummie. La prima ha un nome, Padiamenemipet, forse un ispettore-capo del Tempio di Khonsu (con ogni probabilità il Tempio di Karnak), e fa parte della collezione Drovetti: è stata acquistata nel 1824 per il Re e appartiene al primo nucleo del Museo Egizio. Risale al Terzo Periodo Intermedio, XXII-XXIII dinastia (946-712 a.C.). È la mummia di un uomo, il cui corpo è completamente integro come risulta da studi fatti in passato sulla struttura ossea: è ricoperto da diversi strati di bende per conservarlo e, come tutte le mummie, all'esterno presenta un telo funerario con frange e motivo decorativo in trama. La prima è conservata in un sarcofago in legno dipinto e questo ha permesso che la parte bassa del telo funerario conservasse il colore originale, una tonalità rossastra. Della seconda, sempre una mummia umana, non si hanno dati, solo il periodo storico: XXI-XIV dinastia». Spiega Sara Aicardi, restauratore registar del Museo Egizio, che «le due mummie, prima non esposte nelle sale, sono state sottoposte un intervento di restauro perché il mese prossimo partiranno, insieme a oltre 200 pezzi, per una mostra itinerante in diverse città della Cina. Prima di procedere ai prestiti valutiamo sempre lo stato di conservazione dei reperti e decidiamo un eventuale restauro. Cosa avvenuta per le due mummie che sono comunque ben conservate e presentano entrambe la reticella funeraria completa. Due oggetti molto belli. L’anno prossimo torneranno a Torino, ma non sappiamo ancora se saranno esposte: le nostre collezioni ruotano all’interno del museo e vedremo solo al rientro come procedere».Dal magazzino al laboratorio di restauro. Nuova vita per le mummie, sotto i… ferri di un “medico” speciale. «Un intervento di restauro conservativo – spiega la dottoressa Sonia Segimiro, due lauree, in Architettura e in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali – che interessa la parte dei tessuti a rivestimento della mummia e la reticella in faience che, nella prima, presenta uno scarabeo alato e quattro geni funerari realizzati con perline, di cui rimangono alcuni frammenti. Per eseguire la pulitura si procede con la rimozione del deposito particellato presente sul tessuto e sulla reticella in faience che è cucita con punti originali al telo funerario per cui l’intervento deve essere effettuato con la massima attenzione non essendo possibile togliere la reticella. Alcune parti di tessuto hanno perso la loro ortogonalità, tra orditi e trame, per cui con un sistema di umidificazione a ultrasuoni vengono riposizionate con il loro giusto andamento: una volta completato l’intervento di pulitura si procederà per il tessuto alla fermatura delle aree di maggior degrado con il posizionamento di un tessuto in tulle, mentre per la reticella verranno reinserite, là dove possibile perché presenti, le perline mancanti, altrimenti viene data la giusta tensione e ripristinata la forma romboidale della struttura. Stesso intervento sulla seconda mummia che, durante un restauro precedente, ha visto il distacco della reticella poi riposizionata con spilli. In questo caso viene rimossa per effettuare il restauro, studiando così il sistema finale per fissarla». Prima dell’intervento, eseguito sotto la supervisione della dottoressa Matilde Borla, funzionario della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino e del dottor Marco Rossani, registar del museo torinese, si acquisce tutta la documentazione necessaria. Non è la prima volta che Sonia Segimiro (che è docente a contratto nel Corso di Laurea in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali  presso l’Università degli Studi di Torino in convenzione con la Fondazione Centro Conservazione e Restauro dei Beni Culturali La Venaria Reale) interviene sui tesori egizi del museo torinese: è accaduto con la statua di Amenhotep II, il sarcofago in pietra di Ibu e per i dipinti murali della Cappella di Maia strappati nel 1906 dalla loro sede originale. «È veramente affascinante mettere le mani su queste opere – conclude la restauratrice -. Ci sono quasi tremila anni di storia alle spalle. E non è poco…». 

Eleonora Groppetti

È la sua professione, vero, è abituata a “dialogare” con le testimonianze del passato. Ma questa volta il suo intervento ha un sapore speciale. «È affascinante, particolare. E suscita emozione». Sonia Segimiro, restauratrice della Novaria Restauri di cui è direttore tecnico, sta lavorando al Museo Egizio di Torino: dal mese di agosto passa le sue giornate in compagnia di… due mummie. Un intervento di restauro conservativo che la vedrà impegnata fino al mese prossimo. «Ho già collaborato con il museo torinese per interventi su diverse tipologie di materiali lapidei e manufatti tessili di cui mi occupo prevalentemente. Il nostro progetto è stato selezionato tra quelli di altre ditte ed eccomi qua, a tu per tu con due mummie. La prima ha un nome, Padiamenemipet, forse un ispettore-capo del Tempio di Khonsu (con ogni probabilità il Tempio di Karnak), e fa parte della collezione Drovetti: è stata acquistata nel 1824 per il Re e appartiene al primo nucleo del Museo Egizio. Risale al Terzo Periodo Intermedio, XXII-XXIII dinastia (946-712 a.C.). È la mummia di un uomo, il cui corpo è completamente integro come risulta da studi fatti in passato sulla struttura ossea: è ricoperto da diversi strati di bende per conservarlo e, come tutte le mummie, all'esterno presenta un telo funerario con frange e motivo decorativo in trama. La prima è conservata in un sarcofago in legno dipinto e questo ha permesso che la parte bassa del telo funerario conservasse il colore originale, una tonalità rossastra. Della seconda, sempre una mummia umana, non si hanno dati, solo il periodo storico: XXI-XIV dinastia». Spiega Sara Aicardi, restauratore registar del Museo Egizio, che «le due mummie, prima non esposte nelle sale, sono state sottoposte un intervento di restauro perché il mese prossimo partiranno, insieme a oltre 200 pezzi, per una mostra itinerante in diverse città della Cina. Prima di procedere ai prestiti valutiamo sempre lo stato di conservazione dei reperti e decidiamo un eventuale restauro. Cosa avvenuta per le due mummie che sono comunque ben conservate e presentano entrambe la reticella funeraria completa. Due oggetti molto belli. L’anno prossimo torneranno a Torino, ma non sappiamo ancora se saranno esposte: le nostre collezioni ruotano all’interno del museo e vedremo solo al rientro come procedere».Dal magazzino al laboratorio di restauro. Nuova vita per le mummie, sotto i… ferri di un “medico” speciale. «Un intervento di restauro conservativo – spiega la dottoressa Sonia Segimiro, due lauree, in Architettura e in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali – che interessa la parte dei tessuti a rivestimento della mummia e la reticella in faience che, nella prima, presenta uno scarabeo alato e quattro geni funerari realizzati con perline, di cui rimangono alcuni frammenti. Per eseguire la pulitura si procede con la rimozione del deposito particellato presente sul tessuto e sulla reticella in faience che è cucita con punti originali al telo funerario per cui l’intervento deve essere effettuato con la massima attenzione non essendo possibile togliere la reticella. Alcune parti di tessuto hanno perso la loro ortogonalità, tra orditi e trame, per cui con un sistema di umidificazione a ultrasuoni vengono riposizionate con il loro giusto andamento: una volta completato l’intervento di pulitura si procederà per il tessuto alla fermatura delle aree di maggior degrado con il posizionamento di un tessuto in tulle, mentre per la reticella verranno reinserite, là dove possibile perché presenti, le perline mancanti, altrimenti viene data la giusta tensione e ripristinata la forma romboidale della struttura. Stesso intervento sulla seconda mummia che, durante un restauro precedente, ha visto il distacco della reticella poi riposizionata con spilli. In questo caso viene rimossa per effettuare il restauro, studiando così il sistema finale per fissarla». Prima dell’intervento, eseguito sotto la supervisione della dottoressa Matilde Borla, funzionario della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino e del dottor Marco Rossani, registar del museo torinese, si acquisce tutta la documentazione necessaria. Non è la prima volta che Sonia Segimiro (che è docente a contratto nel Corso di Laurea in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali  presso l’Università degli Studi di Torino in convenzione con la Fondazione Centro Conservazione e Restauro dei Beni Culturali La Venaria Reale) interviene sui tesori egizi del museo torinese: è accaduto con la statua di Amenhotep II, il sarcofago in pietra di Ibu e per i dipinti murali della Cappella di Maia strappati nel 1906 dalla loro sede originale. «È veramente affascinante mettere le mani su queste opere – conclude la restauratrice -. Ci sono quasi tremila anni di storia alle spalle. E non è poco…». 

Eleonora Groppetti

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