Vicenda don Rasia, il legale: “la sentenza d’Appello è uno sgretolamento dell’accusa iniziale”
NOVARA – «La sentenza emessa dalla Corte d’Appello rappresenta uno sgretolamento dell’accusa iniziale. Un risultato importante, che ci lascia soddisfatti e che ci permette di confidare nel giudizio della Corte di Cassazione, cui ci rivolgeremo». Lo sostiene l’avvocato Cosimo Palumbo, del foro di Torino, legale di don Marco Rasia, il sacerdote novarese di 43 anni, accusato di violenza sessuale, anche su minori, arrestato il 12 aprile 2013 dalla Squadra Mobile di Novara in esecuzione di un’ordinanza del gip. Per il 43enne, che dopo un periodo ai domiciliari a casa dei genitori si trova ora ospite di una comunità religiosa, martedì scorso, come abbiamo già scritto, una condanna a 4 anni di reclusione (due in meno di quanto rimediato in primo grado nell’aprile del 2014).
«Non si tratta di un ridimensionamento della pena – sostiene il legale – Va precisato e spiegato alla gente che don Rasia è stato assolto anche da diversi capi d’imputazione ed è questo che ha portato a una pena inferiore a quanto avuto in primo grado. All’inizio di tutta la vicenda al mio assistito – continua l’avvocato Palumbo – venivano contestati 8 episodi di presunti abusi sessuali su persone ultra sedicenni e, in alcuni casi, maggiorenni. Di questi 8 casi, per uno era già stato assolto a Novara in primo grado. Ora, martedì, è stato assolto anche per altri 4 episodi perché il fatto non sussiste. Restano, dunque, solo tre episodi che vengono contestati – aggiunge il legale – Tre episodi – sostiene Palumbo – per cui già c’erano state delle parziali assoluzioni in primo grado».
L’avvocato Palumbo prosegue nello spiegare quanto accaduto in secondo grado: «A don Rasia sono state concesse le attenuanti generiche in virtù di quanto ha fatto dopo l’arresto, con un’ampia attività di volontariato e un percorso universitario attualmente in corso. Una laurea già l’ha ottenuta. La pena è scesa di molto, soprattutto per qualcosa che reputiamo importante, l’esclusione, da parte della Corte torinese, di un’aggravante, quella dell’aver commesso i fatti in oratorio o nei pressi di oratori (aggravante reputata insussistente e che, invece, era stata riconosciuta in primo grado, ndr). Sono tutti fatti che ci fanno essere ottimisti per il ricorso in Cassazione».
Monica Curino
Per saperne di più leggi l’articolo sul Corriere di Novara in edicola sabato 11 luglio
NOVARA – «La sentenza emessa dalla Corte d’Appello rappresenta uno sgretolamento dell’accusa iniziale. Un risultato importante, che ci lascia soddisfatti e che ci permette di confidare nel giudizio della Corte di Cassazione, cui ci rivolgeremo». Lo sostiene l’avvocato Cosimo Palumbo, del foro di Torino, legale di don Marco Rasia, il sacerdote novarese di 43 anni, accusato di violenza sessuale, anche su minori, arrestato il 12 aprile 2013 dalla Squadra Mobile di Novara in esecuzione di un’ordinanza del gip. Per il 43enne, che dopo un periodo ai domiciliari a casa dei genitori si trova ora ospite di una comunità religiosa, martedì scorso, come abbiamo già scritto, una condanna a 4 anni di reclusione (due in meno di quanto rimediato in primo grado nell’aprile del 2014).
«Non si tratta di un ridimensionamento della pena – sostiene il legale – Va precisato e spiegato alla gente che don Rasia è stato assolto anche da diversi capi d’imputazione ed è questo che ha portato a una pena inferiore a quanto avuto in primo grado. All’inizio di tutta la vicenda al mio assistito – continua l’avvocato Palumbo – venivano contestati 8 episodi di presunti abusi sessuali su persone ultra sedicenni e, in alcuni casi, maggiorenni. Di questi 8 casi, per uno era già stato assolto a Novara in primo grado. Ora, martedì, è stato assolto anche per altri 4 episodi perché il fatto non sussiste. Restano, dunque, solo tre episodi che vengono contestati – aggiunge il legale – Tre episodi – sostiene Palumbo – per cui già c’erano state delle parziali assoluzioni in primo grado».
L’avvocato Palumbo prosegue nello spiegare quanto accaduto in secondo grado: «A don Rasia sono state concesse le attenuanti generiche in virtù di quanto ha fatto dopo l’arresto, con un’ampia attività di volontariato e un percorso universitario attualmente in corso. Una laurea già l’ha ottenuta. La pena è scesa di molto, soprattutto per qualcosa che reputiamo importante, l’esclusione, da parte della Corte torinese, di un’aggravante, quella dell’aver commesso i fatti in oratorio o nei pressi di oratori (aggravante reputata insussistente e che, invece, era stata riconosciuta in primo grado, ndr). Sono tutti fatti che ci fanno essere ottimisti per il ricorso in Cassazione».
Monica Curino
Per saperne di più leggi l’articolo sul Corriere di Novara in edicola sabato 11 luglio