Coldiretti Novara-Vco: "Più lupi in Piemonte che nell'intera Svezia"
"Non è più rinviabile il Piano Lupo"
Più lupi in Piemonte rispetto all’intera Svezia, a rischio l’allevamento e la biodiversità dei nostri territori.
L'appello di Coldiretti
Non è più rinviabile il Piano Lupo. E’ quanto afferma Coldiretti alla luce dei dati che registrano oltre 900 lupi presenti nelle Regioni Alpine, in particolare nelle zone del Piemonte, della Liguria e della Valle d'Aosta e, soprattutto, sulle Alpi piemontesi ne sono stati stimati circa 600. Sono i dati del monitoraggio nazionale pubblicato nell'ambito del progetto Life WolfAlps EU, in sinergia con ISPRA. La popolazione di lupi stimata, a livello nazionale, è intorno ai 3.300 esemplari, 950 nelle regioni alpine e quasi 2.400 lungo il resto della penisola.
“I numeri confermano che il lupo, ormai, non è più in pericolo d’estinzione; per tale ragione è indispensabile che le Istituzioni definiscano un Piano nazionale di intervento, anche attraverso l’adozione di azioni straordinarie, che guardi a quello che hanno fatto altri Paesi Ue come Francia e Svizzera per la difesa degli agricoltori, degli animali allevati e della pubblica sicurezza – spiegano il Presidente di Coldiretti Novara-Vco Sara Baudo e il Direttore Luciano Salvadori - Basti pensare che ci sono più lupi in Piemonte di quanti ne ha l’intera Svezia, tanto per fornire una proporzione di territorio, per questo il rischio vero oggi è la scomparsa della presenza dell’uomo dalle montagne e dalle aree interne per l’abbandono di migliaia di famiglie, ma anche di tanti giovani che faticosamente sono tornati per ripristinare la biodiversità perduta con il recupero delle storiche razze piemontesi, stante anche il costante incremento degli episodi di predazione.
Serve, dunque, responsabilità nella difesa, da parte delle Istituzioni e degli organi competenti, degli allevamenti, dei pastori e allevatori che – concludono Baudo e Salvadori – con coraggio continuano a presidiare i territori e a garantire la bellezza del paesaggio, contro degrado, frane e alluvioni che minacciano anche le città. Il ritardo nell’affrontare il tema ipotizzando la possibilità di una convivenza non gestibile secondo gli attuali canoni, pregiudica la soluzione del problema dopo che i risultati dell’indagine hanno fornito elementi utili ad una revisione delle politiche di conservazione”.