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La Regione Piemonte condannata: voleva negare le case popolari agli stranieri

Sentenza del Tribunale di Torino.

La Regione Piemonte condannata: voleva negare le case popolari agli stranieri
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La Regione Piemonte, guidata dal maggio 2019 dal presidente Alberto Cirio, è stata condannata per aver imposto, nella realtà delle cose, lo slogan che tanto è piaciuto agli elettori di destra: "Prima gli italiani".

La sentenza

Il Tribunale di Torino, infatti, ha emesso una sentenza e accolto il ricorso presentato dall'Asgi (Associazione degli studi giuridici sull'immigrazione) contro laRegione Piemonte e il Comune di Torino, riguardante i requisiti d'accesso agli alloggi di edilizia popolare per i cittadini extracomunitari.

La Regione non ha alcun diritto, dunque, ad imporre ai cittadini stranieri extracomunitari che chiedono una casa popolare documenti aggiuntivi e praticamente impossibili da recuperare, rispetto ai cittadini italiani o comunitari.

Le parole del Giudice

"La circostanza che impone un onere aggiuntivo ai cittadini stranieri, in ragione esclusiva della loro condizione di stranieri, costituisce una discriminazione diretta a danno degli stessi, non essendo ragionevole una ripartizione degli oneri documentali, inerenti le proprietà situate all'estero, basata sulla diversa cittadinanza".

Reazioni politiche

Sulla questione case popolari è intervenuta la consigliera regionale del Partito Democratico, Monica Canalis, che siede nei banchi dell'opposizione:

"Per fare domanda di casa popolare, in Piemonte è necessario attestare l’assenza di proprietà immobiliari in Italia e all’estero. Con una nota del 14 novembre 2019, l’assessore regionale Caucino ha introdotto una distinzione tra italiani e stranieri: gli italiani possono esibire la sola dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, attestante l’assenza di proprietà immobiliari, mentre agli stranieri (cittadini extra Ue), viene chiesta un’apposita certificazione rilasciata dalle autorità dei Paesi d’origine e poi legalizzata, senza tener conto delle carenze e lentezze amministrative di questi Paesi e delle condizioni di scarso benessere dei richiedenti”.

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