'Ndrangheta anche nel novarese: chieste condanne fino a 20 anni
La sentenza, salvo slittamenti del calendario, è prevista a inizio 2025
Chieste condanne fino a 20 anni per le persone coinvolte nella maxi operazione dei carabinieri di Monza, coordinata dalla Direzione investigativa antimafia di Milano, che era stata portata a termine il 24 ottobre 2023 in Lombardia e in varie parti d’Italia.
I soggetti coinvolti
Obiettivo: smantellare la cosca ‘ndranghetista Morabito-Palamara-Bruzzanini. Gli imputati sono in tutto 55 e tra questi, come ormai noto, anche tre residenti nel Novarese. In particolare, un 33enne di Trecate, D. S. le sue iniziali e un coetaneo di Novara (S. N.) che avrebbero a che fare, secondo quanto emerso sin qui, con il filone inerente la droga – importazione, trasporto e cessione – mentre un 61enne di Cerano, G. M., con quello principale legato ai reati di natura economica. La settimana scorsa in tribunale a Milano il pubblico ministero ha chiesto, si diceva, condanne fino a vent’anni di reclusione per reati di associazione a delinquere finalizzata a traffico di droga, estorsione e altri.
La sentenza, salvo slittamenti del calendario, è prevista a inizio 2025. Chiesti 2 anni e 6 mesi per il trecatese e 4 anni e 4 mesi per il ceranese che, difeso dall’avvocato Fabio Fazio, nega gli addebiti. Entrambi hanno optato per il rito abbreviato, che è stato loro concesso, mentre è pronto a patteggiare il trentatreenne novarese assistito dalla sua legale, Maria Criaco. Il blitz della Dda, con vasta eco sulla stampa nazionale, si era concentrato soprattutto su reati fiscali e truffe ai danni dello Stato – e in questo fascicolo compare il nome del 61enne di Cerano che era amministratore di diritto di una società di servizi e che avrebbe emesso presunte false fatture – ma anche per l’appunto su un traffico internazionale di stupefacenti, dalla Spagna in primo luogo. Le indagini, iniziate nel 2019, sono durate quattro anni e hanno permesso di scoperchiare un presunto sistema criminoso che da una parte comprendeva uomini della ‘Ndrangheta dediti a quanto pare al traffico di droga – che passava anche da Novara – alle estorsioni al business dei rifiuti, e dall’altra il gruppo composto da diversi professionisti, tra commercialisti, periti e ingegneri, accusati di reati economico-finanziari, compresa una frode da circa due milioni di euro sui fondi Covid durante la pandemia e i capitali reinvestiti nell’edilizia, sfruttando l’Ecobonus del 110% per le ristrutturazioni.
La tesi di fondo degli uomini della Dda è che le attività presunte illecite finite nel mirino con questa ultima indagine avessero tutte lo scopo di sostenere economicamente la ‘ndrangheta.