Sanità

Ospedale di Novara: mancano ancora medici

Il direttore generale Aou: «Stiamo lentamente andando a regime, anche se registriamo ancora un deficit di circa 15 posizioni al Pronto Soccorso»

Ospedale di Novara: mancano ancora medici
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Ad accendere i riflettori sui numeri della sanità piemontese sono i consiglieri regionali del Pd, che parlano di un evidente calo del personale a tempo indeterminato negli ospedali piemontesi: il bilancio del 2023 vede infatti un saldo negativo di 114 medici 61 infermieri e 38 tecnici.

La situazione dell'AOU di Novara

Secondo i dati presentati, tra le situazioni più critiche c’è proprio quella dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Novara che registra un saldo negativo di 36 medici, insieme all’ASL Torino (-55 infermieri e -26 OSS), e all’AOU Città della Salute di Torino (-17 tecnici).

“Maggiore”, che però si classifica tra i casi migliori per quanto riguarda il settore degli Oss che nell’anno registra un segno positivo (+54).
Nei cinque anni della legislatura, comunque, il saldo negativo su scala regionale dei medici è di meno 772 e degli infermieri è di meno 743, mentre gli Oss sono cresciuti di 296 unità.

"Miglioramento sì, ma lontano dagli obiettivi di Cirio"

«Anche quest’anno - afferma il Vicepresidente del Consiglio regionale Daniele Valle - esattamente come accaduto nel 2020, ‘21 e ‘22, nella sanità regionale si è assunto meno personale a tempo indeterminato rispetto al numero delle dimissioni di coloro che hanno lasciato il posto. Certamente – commenta Valle - riconosciamo che c’è stato un miglioramento rispetto all’anno passato, ma questo miglioramento resta comunque ben lontano dagli obiettivi indicati da Cirio, ovvero le duemila assunzioni in più promesse sul 2023, a cui si devono sommare le altre mille promesse nel 2022. Non si sono verificate né le une né le altre».

«C’è solo un modo – è la considerazione di Domenico Rossi, vicepresidente della commissione sanità e segretario regionale del Pd - per affrontare questa criticità: un piano straordinario di assunzioni che non è mai stato predisposto. Occorre – spiega - consentire al personale di operare in condizioni migliori, avere carichi di lavoro sopportabili, semplicemente di andare in ferie senza mandare in tilt il sistema. Un organico adeguato - sottolinea Rossi - consentirebbe, inoltre, di recuperare visite e prestazioni riducendo così le liste d’attesa che mettono a rischio la salute dei piemontesi costretti a rivolgersi al privato per accedere alle cure con tempi consoni. Un percorso accessibile solo a chi ha possibilità economiche».

Il punto del direttore Zulian

«Posso solo dire che da parte nostra, come di tutte le aziende sanitarie piemontesi, non manca la volontà di assumere. Ci sono i bandi aperti, ci sono le graduatorie valide, quando dobbiamo assumere lo facciamo. E le criticità che ci sono non dipendono certo da cattiva volontà».
Gianfranco Zulian, direttore generale dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Maggiore della Carità di Novara non vuole entrare in polemica, ma in qualche modo rimanda al mittente la narrazione sostenuta dai consiglieri regionali Pd.

«La fotografia del nostro personale – spiega Zulian – è monitorata quotidianamente dalla Regione. (il “fixing” al 31 dicembre 2023 è nella tabella che pubblichiamo in questa pagina – ndr). Facendo una valutazione di insieme posso dire che per quanto riguarda i medici stiamo lentamente andando a regime, anche se registriamo ancora un deficit di circa 15 posizioni al Pronto Soccorso, dove tamponiamo con i cosiddetti “gettonisti” di una cooperativa di medici».

«Di certo – aggiunge il direttore generale - le incertezze sugli importi delle pensioni hanno accelerato la fuoriuscita di molti medici a fine carriera, e più in generale i livelli retributivi che per tutto il settore sanitario, compresi infermieri e Oss, sono fermi a dieci anni fa, rendono meno appetibile lavorare nella sanità pubblica».

Per il direttore Zulian, sul fronte medico una parte del problema è poi rappresentato dal cosiddetto “imbuto formativo” sugli specializzandi. «Le scuole di formazione – dice – non ne forniscono un numero sufficiente. Ma questo problema è sistemico e non è risolvibile da noi aziende sanitarie».

 

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