A processo per sfruttamento della prostituzione: condannata a 3 anni e 6 mesi

A processo per sfruttamento della prostituzione: condannata a 3 anni e 6 mesi
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NOVARA – E’ stata condannata a 3 anni e 6 mesi di reclusione, questa mattina, martedì 22 settembre, in Tribunale a Novara, Mary Ajor, 36enne nigeriana residente in città.

La donna, assistita dall’avvocato Stefano Salvioni, è alla sbarra con le accuse di sfruttamento della prostituzione e sequestro di persona. La condanna è relativa al primo capo d’imputazione, per il sequestro di persona c’è stato invece un non doversi procedere.

La 36enne è finita a processo dopo la denuncia di una connazionale di 20 anni, che si era rivolta (era il periodo tra il luglio del 2004 e l’aprile del 2005) a Liberazione e Speranza onlus, l’associazione che, dal 2000, si occupa di seguire e assistere le donne vittima di tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Alle operatrici dell’associazione aveva spiegato la sua situazione e il fatto che fosse costretta a prostituirsi. «Mi costringono a prostituirmi e, se non lo faccio, mi minacciano, mi insultano, mi picchiano».

Nell’ultima udienza, prima dell’estate, il pm ha chiesto 4 anni di reclusione e 1.200 euro di multa, il difensore, invece, sostenendo come non ci sia alcuna prova, l’assoluzione o, in subordine, il minimo della pena. Ajor viene reputata la madame della giovane. Stando all’accusa l’imputata avrebbe costretto la giovane sulle strade dapprima di Borgo Ticino, nell’Aronese dunque, e poi di Gambolò, in provincia di Pavia. Per far sì che la giovane si prostituisse, la 36enne sarebbe ricorsa anche a minacce di morte e avrebbe minacciato la ragazza di praticarle un rito voodoo, ai danni suoi e di persone a lei vicine, i famigliari rimasti in Nigeria. A convincere la ventenne a rivolgersi alle Forze dell’Ordine, un cliente italiano, ora suo marito.

mo.c.

NOVARA – E’ stata condannata a 3 anni e 6 mesi di reclusione, questa mattina, martedì 22 settembre, in Tribunale a Novara, Mary Ajor, 36enne nigeriana residente in città.

La donna, assistita dall’avvocato Stefano Salvioni, è alla sbarra con le accuse di sfruttamento della prostituzione e sequestro di persona. La condanna è relativa al primo capo d’imputazione, per il sequestro di persona c’è stato invece un non doversi procedere.

La 36enne è finita a processo dopo la denuncia di una connazionale di 20 anni, che si era rivolta (era il periodo tra il luglio del 2004 e l’aprile del 2005) a Liberazione e Speranza onlus, l’associazione che, dal 2000, si occupa di seguire e assistere le donne vittima di tratta a scopo di sfruttamento sessuale. Alle operatrici dell’associazione aveva spiegato la sua situazione e il fatto che fosse costretta a prostituirsi. «Mi costringono a prostituirmi e, se non lo faccio, mi minacciano, mi insultano, mi picchiano».

Nell’ultima udienza, prima dell’estate, il pm ha chiesto 4 anni di reclusione e 1.200 euro di multa, il difensore, invece, sostenendo come non ci sia alcuna prova, l’assoluzione o, in subordine, il minimo della pena. Ajor viene reputata la madame della giovane. Stando all’accusa l’imputata avrebbe costretto la giovane sulle strade dapprima di Borgo Ticino, nell’Aronese dunque, e poi di Gambolò, in provincia di Pavia. Per far sì che la giovane si prostituisse, la 36enne sarebbe ricorsa anche a minacce di morte e avrebbe minacciato la ragazza di praticarle un rito voodoo, ai danni suoi e di persone a lei vicine, i famigliari rimasti in Nigeria. A convincere la ventenne a rivolgersi alle Forze dell’Ordine, un cliente italiano, ora suo marito.

mo.c.

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