Addio al testimone dei lager

Addio al testimone dei lager
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VESPOLATE - Si sono svolti ieri in chiesa parrocchiale, i funerali di Gilio Passarella, 89 anni. Era l’unico sopravvissuto novarese ai lager durante la seconda guerra mondiale. Un pezzo importante di storia che se ne va all’improvviso, un testimone diretto degli orrori dei campi di concentramento nazisti. Insignito di diversi riconoscimenti, che custodiva gelosamente ma in bella vista nel salotto di casa, Gilio aveva ricevuto nel 2016 in Prefettura a Novara la medaglia d’onore dedicata “ai cittadini italiani, militari e civili, deportati e internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra”. La medaglia, riconosciutagli nel 2013 dalla presidenza del Consiglio dei ministri, era stata preceduta dalla targa consegnata il 27 gennaio 2013, con una solenne cerimonia in Municipio, dall’Amministrazione comunale di Vespolate. Perché il sindaco Pierluigi Migliavacca aveva detto: «Il dovere della memoria appartiene a tutti noi. Gilio ci aiuta in questo compito, ci costringe a ricordare». Ed è vero: perché Passarella con grande generosità ogni volta che lo si interrogava su quella terribile esperienza gettava il cuore oltre la sofferenza, ancora profonda e irrisolta, e con grande forza iniziava a raccontare. «E’ importante che i giovani sappiano tutte le brutte cose che sono successe, bisogna spiegarle loro. Perché la storia non si ripeta», sosteneva fermamente. Vespolino d’adozione, veneto di nascita, appena 16enne era stato catturato da tedeschi e fascisti durante un rastrellamento nelle campagne di Porto Tolle: fu costretto al lavoro coatto in Germania in una base missilistica al confine con l’Olanda. Poi lavorò alla costruzione delle trincee tedesche al fronte e infine in un campo in Cecoslovacchia, che fu liberato dai russi: «A quel punto mi resi contro che era davvero finita», ricordava commosso. Pochi mesi fa, a gennaio, dalle nostre colonne aveva lanciato il monito: «I venti di nazionalismo che tornano a spirare in Europa, Trump al potere negli Usa: stiamo prendendo una brutta china, ho paura», aveva ammesso. Attendeva con entusiasmo di compiere 100 anni, benché ne mancassero ancora molti: «Perché il Prefetto mi ha promesso che verrà a trovarmi e a farmi gli auguri di persona», ricordava, reduce da quella cerimonia che per lui era stata un’emozione unica e irripetibile.Come unico resterà il suo ricordo: vicinanza e partecipazione al dolore della moglie Carla e della famiglia giungono anche dall’Amministrazione comunale di Vespolate; per Gilio si rincorrono ricordi carichi di affetto anche sui social network: era un’istituzione per chi aveva avuto la fortuna di conoscerlo. Lascia, oltre alla moglie, le tre figlie, generi, nipoti e parenti tutti. La salma sarà tumulata nel cimitero vespolino.Arianna Martelli

VESPOLATE - Si sono svolti ieri in chiesa parrocchiale, i funerali di Gilio Passarella, 89 anni. Era l’unico sopravvissuto novarese ai lager durante la seconda guerra mondiale. Un pezzo importante di storia che se ne va all’improvviso, un testimone diretto degli orrori dei campi di concentramento nazisti. Insignito di diversi riconoscimenti, che custodiva gelosamente ma in bella vista nel salotto di casa, Gilio aveva ricevuto nel 2016 in Prefettura a Novara la medaglia d’onore dedicata “ai cittadini italiani, militari e civili, deportati e internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra”. La medaglia, riconosciutagli nel 2013 dalla presidenza del Consiglio dei ministri, era stata preceduta dalla targa consegnata il 27 gennaio 2013, con una solenne cerimonia in Municipio, dall’Amministrazione comunale di Vespolate. Perché il sindaco Pierluigi Migliavacca aveva detto: «Il dovere della memoria appartiene a tutti noi. Gilio ci aiuta in questo compito, ci costringe a ricordare». Ed è vero: perché Passarella con grande generosità ogni volta che lo si interrogava su quella terribile esperienza gettava il cuore oltre la sofferenza, ancora profonda e irrisolta, e con grande forza iniziava a raccontare. «E’ importante che i giovani sappiano tutte le brutte cose che sono successe, bisogna spiegarle loro. Perché la storia non si ripeta», sosteneva fermamente. Vespolino d’adozione, veneto di nascita, appena 16enne era stato catturato da tedeschi e fascisti durante un rastrellamento nelle campagne di Porto Tolle: fu costretto al lavoro coatto in Germania in una base missilistica al confine con l’Olanda. Poi lavorò alla costruzione delle trincee tedesche al fronte e infine in un campo in Cecoslovacchia, che fu liberato dai russi: «A quel punto mi resi contro che era davvero finita», ricordava commosso. Pochi mesi fa, a gennaio, dalle nostre colonne aveva lanciato il monito: «I venti di nazionalismo che tornano a spirare in Europa, Trump al potere negli Usa: stiamo prendendo una brutta china, ho paura», aveva ammesso. Attendeva con entusiasmo di compiere 100 anni, benché ne mancassero ancora molti: «Perché il Prefetto mi ha promesso che verrà a trovarmi e a farmi gli auguri di persona», ricordava, reduce da quella cerimonia che per lui era stata un’emozione unica e irripetibile.Come unico resterà il suo ricordo: vicinanza e partecipazione al dolore della moglie Carla e della famiglia giungono anche dall’Amministrazione comunale di Vespolate; per Gilio si rincorrono ricordi carichi di affetto anche sui social network: era un’istituzione per chi aveva avuto la fortuna di conoscerlo. Lascia, oltre alla moglie, le tre figlie, generi, nipoti e parenti tutti. La salma sarà tumulata nel cimitero vespolino.Arianna Martelli

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