Appello urgente per la scarcerazione di Ahmadreza Djalali
I consiglieri provinciali Allegra, Besozzi e Uboldi chiedono venga discusso in Consiglio provinciale.
Un appello urgente per la scarcerazione del dottor Ahmadreza Djalali, ricercatore esperto di Medicina dei disastri ed assistenza umanitaria presso l’Università del Piemonte Orientale a Novara, detenuto nelle carceri iraniane dall'aprile 2016. Lo hanno firmato i consiglieri provinciali Milù Allegra, Matteo Besozzi, Marco Uboldi (La Provincia in Comune), che chiedono che il documento venga discusso nel Consiglio provinciale di domani, 28 aprile.
Pericolo coronavirus per Djalali in carcere
Questo il testo dell'appello, che riprende l'analoga richiesta avanzata da Amnesty International: "Premesso che esistono serie preoccupazioni per la diffusione del coronavirus nelle carceri iraniane e per il fatto che le autorità iraniane non sono riuscite a proteggere a sufficienza le popolazioni carcerarie. Molte carceri iraniane hanno condizioni di detenzione che sono al di sotto degli standard internazionali: sovraffollamento, scarsa ventilazione, acqua calda limitata durante la stagione invernale, cibo inadeguato, letti insufficienti e infestazioni di insetti. Queste condizioni carcerarie favoriscono la diffusione di malattie infettive. Da quando si è diffusa la notizia relativa allo scoppio della pandemia anche in Iran nel febbraio 2020, i familiari di molti detenuti hanno espresso serie preoccupazioni per il benessere dei propri cari chiedendo a gran voce il rilascio dei prigionieri di coscienza e di coloro che sono detenuti solo per motivi politici. Sebbene la magistratura iraniana abbia fatto una serie di annunci su come intende prevenire la diffusione del Covid-19 nelle carceri, compresi i piani per il rilascio temporaneo di migliaia di persone, il pagamento della cauzione e concedere la grazia a determinati tipi di detenuti, centinaia di prigionieri di coscienza rimangono incarcerati. Secondo il Comitato Internazionale della Croce Rossa, le popolazioni carcerarie sono particolarmente esposte a malattie infettive e le condizioni di detenzione possono accelerare il contagio".
"Se Ahmad dovesse contrarre il virus non avrebbe possibilità di salvarsi"
Ahmadreza Djalali è stato condannato in via definitiva a morte da un tribunale iraniano con l’accusa di “spionaggio”. Djalali è stato arrestato dai servizi segreti mentre si trovava in Iran per partecipare a una serie di seminari nelle università di Teheran e Shiraz. Ora - scrive Amnesty International - "ha urgente bisogno di cure mediche specialistiche. Nell’ultimo anno, tre diversi esami del sangue hanno indicato che ha un numero basso di globuli bianchi. Un medico che lo ha visitato in carcere all’inizio del 2019 ha detto che deve essere visto da medici specializzati in ematologia e oncologia in un ospedale fuori dal carcere. Dal suo arresto il 26 aprile 2016, ha perso 24 kg e ora pesa 51 kg. La moglie di Ahmadreza ha espresso forte preoccupazione viste le precarie condizioni di salute del marito in questa fase di emergenza sanitaria in Iran a causa della diffusione del Covid-19. Se Ahmad dovesse contrarre il virus non avrebbe grosse possibilità di salvarsi. Al contrario, l’esperienza di Ahmad, esperto riconosciuto a livello internazionale, potrebbe essere preziosa nella lotta contro la pandemia. Ahmad deve essere rilasciato subito, le accuse contro di lui sono infondate!".