Tribunale

Castellettesi accusati di tentato omicidio: lui chiede di patteggiare, lei l'abbreviato

Il processo prosegue e la coppia comparirà a breve in aula

Castellettesi accusati di tentato omicidio: lui chiede di patteggiare, lei l'abbreviato
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Castellettesi accusati di tentato omicidio: la coppia va a processo per un episodio avvenuto nel Comasco e chiede i riti alternativi.

Castellettesi accusati di tentato omicidio a processo

Accusati di tentato omicidio, compariranno in tribunale prossimamente i castellettesi Umberto Previtali, 52 anni, e la moglie Franca Benzoni, di 40. Entrambi erano finiti in manette per aver sequestrato e malmenato, secondo l’accusa, un artigiano di Lentate che, a loro dire, dopo aver intascato la caparra non aveva portato a termine il lavoro pattuito.

Le richieste al giudice e i fatti al centro del processo

Previtali ha chiesto di patteggiare 5 anni tramite il suo avvocato difensore, mentre Benzoni il rito abbreviato. La parola passa ora al giudice. Il fatto risale al 28 settembre 2019. La donna, secondo quanto ricostruito dalle indagini coordinate dalla procura di Monza e condotte dai carabinieri, avrebbe attirato quell’artigiano nel parcheggio del centro commerciale “Bennet” di Lentate sul Seveso con la scusa di voler concordare con lui un nuovo lavoro. Ma a quanto pare era una trappola. Al punto di incontro, infatti, oltre a Benzoni e al marito, si erano presentate altre tre persone (due nordafricani e una donna, anche loro a processo, indagati in concorso), che sempre stando all’accusa, avevano picchiato il mobiliere - anche con una chiave in ferro utilizzata per il montaggio e smontaggio dei bulloni delle ruote delle auto - e poi, dopo averlo caricato a forza in macchina, lo avevano trasportato altrove, in una zona più appartata nei pressi di un cimitero, e lì malmenato nuovamente. L’uomo era stato ritrovato in stato di semi coscienza vicino al kartodromo di Montano Lucino, nel Comasco: sanguinava e aveva gravi lesioni sul corpo, certificate più tardi dai medici dell’ospedale di San Fermo della Battaglia in 35 giorni di prognosi. Le indagini dei militari, durate poi mesi e conclusesi con gli arresti di maggio, erano partite quella stessa sera. Era emerso dai racconti che gli aggressori, che erano fuggiti dopo aver preso il cellulare dell’artigiano, avrebbero voluto punire un suo presunto tentativo di truffa commesso in precedenza nei confronti della Benzoni. A torto, pensavano che l’uomo avesse voluto raggirarla, impegnandosi a realizzare una parete in legno del valore di 2.700 euro, e percependo una caparra di 500 euro, poi restituita, senza mai completarla. Benzoni ha sempre respinto la ricostruzioni dell’episodio. Con l’abbreviato si ottiene lo sconto di un terzo della pena.

 

 

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