Chiesti 7 anni per il ginecologo a processo per violenza sessuale
NOVARA – Sette anni di reclusione. E’ la pena richiesta questa mattina, martedì 3 maggio, in Tribunale a Novara, dal pm Silvia Baglivo, al processo a carico del dottor Carlo Gambaro, 63 anni, ginecologo novarese alla sbarra con l’accusa di violenza sessuale ai danni di alcune pazienti. Il medico è assistito dall’avvocato Mario Tuccillo e ha sempre rigettato gli addebiti, come ha fatto ancora oggi in aula. A seguire sono intervenuti gli avvocati delle tre parti civili e, quindi, il difensore del 63enne, che ha chiesto l’assoluzione: “Non ha fatto più – ha detto – di quello che doveva fare nel suo ruolo di medico. Era una normale tecnica di visita medica”. “Un processo – ha aggiunto – costruito sulle sensazioni delle tre pazienti e su una ricostruzione postuma dell’accaduto. Noi non diciamo che le tre donne sono inattendibili, ma le loro sono state sensazioni nate in occasione della visita, poi ampliate, parlandone con altre persone”. L’inchiesta aveva preso il via dopo la denuncia di una 19enne albanese alla sua prima visita ginecologica. Aveva riferito che, dopo l’ecografia, il medico aveva iniziato a porle domande sulle sue abitudini sessuali e quindi, stando al suo racconto, l’aveva toccata nelle parti intime, avvisandola di allertarlo quando avesse raggiunto il piacere. Sentenza il 5 luglio.mo.c.
NOVARA – Sette anni di reclusione. E’ la pena richiesta questa mattina, martedì 3 maggio, in Tribunale a Novara, dal pm Silvia Baglivo, al processo a carico del dottor Carlo Gambaro, 63 anni, ginecologo novarese alla sbarra con l’accusa di violenza sessuale ai danni di alcune pazienti. Il medico è assistito dall’avvocato Mario Tuccillo e ha sempre rigettato gli addebiti, come ha fatto ancora oggi in aula. A seguire sono intervenuti gli avvocati delle tre parti civili e, quindi, il difensore del 63enne, che ha chiesto l’assoluzione: “Non ha fatto più – ha detto – di quello che doveva fare nel suo ruolo di medico. Era una normale tecnica di visita medica”. “Un processo – ha aggiunto – costruito sulle sensazioni delle tre pazienti e su una ricostruzione postuma dell’accaduto. Noi non diciamo che le tre donne sono inattendibili, ma le loro sono state sensazioni nate in occasione della visita, poi ampliate, parlandone con altre persone”. L’inchiesta aveva preso il via dopo la denuncia di una 19enne albanese alla sua prima visita ginecologica. Aveva riferito che, dopo l’ecografia, il medico aveva iniziato a porle domande sulle sue abitudini sessuali e quindi, stando al suo racconto, l’aveva toccata nelle parti intime, avvisandola di allertarlo quando avesse raggiunto il piacere. Sentenza il 5 luglio.
mo.c.