Contatti forse per un ‘colpo’ con gli scippatori incappucciati: negano gli addebiti

Contatti forse per un ‘colpo’ con gli scippatori incappucciati: negano gli addebiti
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NOVARA - «Non c’entriamo nulla con Popovici. Lo abbiamo incontrato solo in un’occasione».
E’ quanto hanno sostenuto, in Tribunale, quattro novaresi alla sbarra per ‘quasi reato di rapina in concorso’, imputazione per cui non si può avere una pena, ma, nel caso, solo una misura di sicurezza. I quattro, un 53enne e una 50enne, marito e moglie, assistiti dall’avvocato Stefano Allegra, si sono fatti sottoporre a esame; una 27enne e un 25enne (lei figlia dei due e lui genero), assistiti dagli avvocati Sonia Mesiti e Michela Lazzari, hanno rilasciato spontanee dichiarazioni. A portarli sul banco degli imputati, alcune intercettazioni, secondo cui, per l’accusa, i 4 pare avessero contatti, forse per progettare qualche colpo, con Popovici, uno dei cinque romeni arrestati a inizio 2014 per una serie di scippi violenti a Novara. Non è così per i quattro.
«Lavoravo per una ditta – ha raccontato il 53enne – Poi c’è stato il fallimento e il titolare mi doveva molti soldi. Avevo bisogno di quel denaro. Incontrai Popovici a casa di mia figlia per non più di 20 minuti. Mi aveva parlato di lui mio genero, perché era un suo collega al lavoro. Avevo capito poteva aiutarmi a riavere quei soldi. Gli spiegai la mia situazione e lui disse che non si sarebbe fermato dinanzi a nulla e mi avrebbe fatto avere i soldi. Nell’uscire da lì parlai con mia moglie e subito decidemmo di non andare avanti. Mai avremmo voluto quel denaro con modi molto violenti. Mia figlia non sapeva nulla del discorso fatto con Popovici». Lo stesso ha sostenuto la moglie. La 27enne: «l’ho visto una sola volta. Sapevo che era un collega di mio marito. Avevo letto degli incappucciati, ma non sapevo che lui fosse uno di loro o mai l’avrei fatto entrare in casa. Non abbiamo fatto nulla». Idem il marito. L’udienza è stata aggiornata a dicembre.

mo.c.

NOVARA - «Non c’entriamo nulla con Popovici. Lo abbiamo incontrato solo in un’occasione».
E’ quanto hanno sostenuto, in Tribunale, quattro novaresi alla sbarra per ‘quasi reato di rapina in concorso’, imputazione per cui non si può avere una pena, ma, nel caso, solo una misura di sicurezza. I quattro, un 53enne e una 50enne, marito e moglie, assistiti dall’avvocato Stefano Allegra, si sono fatti sottoporre a esame; una 27enne e un 25enne (lei figlia dei due e lui genero), assistiti dagli avvocati Sonia Mesiti e Michela Lazzari, hanno rilasciato spontanee dichiarazioni. A portarli sul banco degli imputati, alcune intercettazioni, secondo cui, per l’accusa, i 4 pare avessero contatti, forse per progettare qualche colpo, con Popovici, uno dei cinque romeni arrestati a inizio 2014 per una serie di scippi violenti a Novara. Non è così per i quattro.
«Lavoravo per una ditta – ha raccontato il 53enne – Poi c’è stato il fallimento e il titolare mi doveva molti soldi. Avevo bisogno di quel denaro. Incontrai Popovici a casa di mia figlia per non più di 20 minuti. Mi aveva parlato di lui mio genero, perché era un suo collega al lavoro. Avevo capito poteva aiutarmi a riavere quei soldi. Gli spiegai la mia situazione e lui disse che non si sarebbe fermato dinanzi a nulla e mi avrebbe fatto avere i soldi. Nell’uscire da lì parlai con mia moglie e subito decidemmo di non andare avanti. Mai avremmo voluto quel denaro con modi molto violenti. Mia figlia non sapeva nulla del discorso fatto con Popovici». Lo stesso ha sostenuto la moglie. La 27enne: «l’ho visto una sola volta. Sapevo che era un collega di mio marito. Avevo letto degli incappucciati, ma non sapevo che lui fosse uno di loro o mai l’avrei fatto entrare in casa. Non abbiamo fatto nulla». Idem il marito. L’udienza è stata aggiornata a dicembre.

mo.c.

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