«Così ho vissuto tre mesi da ricercato»

«Così ho vissuto tre mesi da ricercato»
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Non una fuga premeditata, prima di finire alla Cascina Calossa e mettersi così definitivamente nei guai, ma decisa sul momento; e tre mesi a vagabondare fra il lago Maggiore, Milano e infine Bologna, dormendo in macchina e facendo qualche lavoretto qua e là per sopravvivere. Con la consapevolezza di essere braccato dalle Forze dell’ordine. E non solo per l’evasione. Così il 58enne Salvatore Stentardo il 4 febbraio davanti al pm Giovanni Caspani, che gli chiedeva di ricostruire nei dettagli le fasi dell’omicidio di Maria Rosa Milani, 81enne uccisa nel pomeriggio del 13 settembre alla Cascina Calossa della frazione Loreto di Oleggio, nella vallata del Ticino, e poi i tre mesi di latitanza, fino all’alba del 13 dicembre scorso, quando i Carabinieri lo sorpresero mentre dormiva in un appartamento di un palazzo di Castel Maggiore, hinterland di Bologna. L’uomo, scattate le manette, aveva subito ammesso di essere l’assassino della Milani - a incastrarlo c’era anche il dna rinvenuto sulla ghiera della canna dell’acqua della “Calossa” identico a quello sul suo spazzolino da denti - ma non era stato in grado, oppure allora non aveva voluto, essere preciso nel racconto, pur manifestando la volontà di collaborare, di rendere ampia confessione, come ha più volte sottolineato il suo difensore, l’avvocato Gianni Croce, che già l’assisteva per precedenti vicende fra le quali una di droga che lo aveva portato in carcere a Novara, dove, al momento del mancato rientro dal permesso di lavoro esterno (l’11 settembre), doveva scontare ancora 6 anni. La «piena disponibilità» a ricostruire con precisione il delitto è stata colta dalla Procura, che aveva appunto fissato l’interrogatorio del 4 febbraio (ci sarà anche un sopralluogo alla “Calossa”).

Non una fuga premeditata, prima di finire alla Cascina Calossa e mettersi così definitivamente nei guai, ma decisa sul momento; e tre mesi a vagabondare fra il lago Maggiore, Milano e infine Bologna, dormendo in macchina e facendo qualche lavoretto qua e là per sopravvivere. Con la consapevolezza di essere braccato dalle Forze dell’ordine. E non solo per l’evasione. Così il 58enne Salvatore Stentardo il 4 febbraio davanti al pm Giovanni Caspani, che gli chiedeva di ricostruire nei dettagli le fasi dell’omicidio di Maria Rosa Milani, 81enne uccisa nel pomeriggio del 13 settembre alla Cascina Calossa della frazione Loreto di Oleggio, nella vallata del Ticino, e poi i tre mesi di latitanza, fino all’alba del 13 dicembre scorso, quando i Carabinieri lo sorpresero mentre dormiva in un appartamento di un palazzo di Castel Maggiore, hinterland di Bologna. L’uomo, scattate le manette, aveva subito ammesso di essere l’assassino della Milani - a incastrarlo c’era anche il dna rinvenuto sulla ghiera della canna dell’acqua della “Calossa” identico a quello sul suo spazzolino da denti - ma non era stato in grado, oppure allora non aveva voluto, essere preciso nel racconto, pur manifestando la volontà di collaborare, di rendere ampia confessione, come ha più volte sottolineato il suo difensore, l’avvocato Gianni Croce, che già l’assisteva per precedenti vicende fra le quali una di droga che lo aveva portato in carcere a Novara, dove, al momento del mancato rientro dal permesso di lavoro esterno (l’11 settembre), doveva scontare ancora 6 anni. La «piena disponibilità» a ricostruire con precisione il delitto è stata colta dalla Procura, che aveva appunto fissato l’interrogatorio del 4 febbraio (ci sarà anche un sopralluogo alla “Calossa”).

Paolo Viviani

Leggi l’articolo integrale sul Corriere di Novara di lunedì 9 febbraio 2015

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