Delitto di Pombia: terzo arresto, preso il mandante

Delitto di Pombia: terzo arresto, preso il mandante
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NOVARA, Novità in riferimento all’omicidio di Matteo Mendola, il 33enne trovato privo di vita in un capannone nei boschi di Pombia, nel Novarese, lo scorso 4 aprile. Ieri mattina, martedì 19 settembre, i Carabinieri di Novara, coordinati dalla locale Procura (titolare dell’inchiesta, il pm Giovanni Caspani), hanno tratto in arresto, a Busto Arsizio, il mandante del delitto.

Si tratta di Giuseppe Cauchi, imprenditore edile di 52 anni, nativo di Gela, ma residente appunto nel Varesotto. Come spiegato stamani in conferenza stampa in Procura dal comandante provinciale dell’Arma, colonnello Domenico Mascoli, dal procuratore capo Marilinda Mineccia, dal pm Caspani e dal tenente colonnello Sandro Colongo del Nucleo Investigativo dell’Arma, le dichiarazioni degli autori materiali dell'omicidio, ossia Antonio Lembo, arrestato lo scorso 11 aprile, e Angelo Mancino, in manette il 26 aprile, Cauchi avrebbe premeditato i delitto e fornito a Lembo l'arma con cui avrebbe sparato a Mendola. Non solo. Si sarebbe anche procurato un alibi per se stesso. Quando veniva consumato l’omicidio, infatti, il 52enne si trovava in Francia.

Il corpo di Mendola era stato rintracciato occasionalmente da un pensionato che passava in zona nella giornata del 5 aprile. Era all’interno di un capannone nei boschi di Pombia, in frazione S. Giorgio, in un’area davvero molto isolata. Il 33enne era stato ucciso con modalità che avevano subito preoccupato gli inquirenti: la sua, infatti, era stata una vera e propria esecuzione. Colpito per 12 volte con il calcio di una pistola alla testa e con una batteria per auto. Quindi finito con due colpi di pistola.

I militari hanno subito intrapreso la strada giusta, indagando nell’ambiente della vittima, nata in Sicilia, ma residente a Busto Arsizio. Così furono arrestati il 29enne Lembo e quindi Mancino, emigrato da Arezzo a Busto Arsizio in cerca di lavoro. Mancino sarebbe stato presente al momento dell'omicidio ma avrebbe partecipato in maniera minore. Subito i due indicarono Cauchi come il mandante. Il tempo trascorso tra il secondo arresto e il fermo dell’imprenditore è servito agli inquirenti a trovare conferma a tutti i riscontri raccolti, così da avere un giusto quadro probatorio e tutte le prove a conferma del suo ruolo di mandante. 

Monica Curino

NOVARA, Novità in riferimento all’omicidio di Matteo Mendola, il 33enne trovato privo di vita in un capannone nei boschi di Pombia, nel Novarese, lo scorso 4 aprile. Ieri mattina, martedì 19 settembre, i Carabinieri di Novara, coordinati dalla locale Procura (titolare dell’inchiesta, il pm Giovanni Caspani), hanno tratto in arresto, a Busto Arsizio, il mandante del delitto.

Si tratta di Giuseppe Cauchi, imprenditore edile di 52 anni, nativo di Gela, ma residente appunto nel Varesotto. Come spiegato stamani in conferenza stampa in Procura dal comandante provinciale dell’Arma, colonnello Domenico Mascoli, dal procuratore capo Marilinda Mineccia, dal pm Caspani e dal tenente colonnello Sandro Colongo del Nucleo Investigativo dell’Arma, le dichiarazioni degli autori materiali dell'omicidio, ossia Antonio Lembo, arrestato lo scorso 11 aprile, e Angelo Mancino, in manette il 26 aprile, Cauchi avrebbe premeditato i delitto e fornito a Lembo l'arma con cui avrebbe sparato a Mendola. Non solo. Si sarebbe anche procurato un alibi per se stesso. Quando veniva consumato l’omicidio, infatti, il 52enne si trovava in Francia.

Il corpo di Mendola era stato rintracciato occasionalmente da un pensionato che passava in zona nella giornata del 5 aprile. Era all’interno di un capannone nei boschi di Pombia, in frazione S. Giorgio, in un’area davvero molto isolata. Il 33enne era stato ucciso con modalità che avevano subito preoccupato gli inquirenti: la sua, infatti, era stata una vera e propria esecuzione. Colpito per 12 volte con il calcio di una pistola alla testa e con una batteria per auto. Quindi finito con due colpi di pistola.

I militari hanno subito intrapreso la strada giusta, indagando nell’ambiente della vittima, nata in Sicilia, ma residente a Busto Arsizio. Così furono arrestati il 29enne Lembo e quindi Mancino, emigrato da Arezzo a Busto Arsizio in cerca di lavoro. Mancino sarebbe stato presente al momento dell'omicidio ma avrebbe partecipato in maniera minore. Subito i due indicarono Cauchi come il mandante. Il tempo trascorso tra il secondo arresto e il fermo dell’imprenditore è servito agli inquirenti a trovare conferma a tutti i riscontri raccolti, così da avere un giusto quadro probatorio e tutte le prove a conferma del suo ruolo di mandante. 

Monica Curino

 

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