Delitto Lukasz, per Cutrì la pena scende a 26 anni

Delitto Lukasz, per Cutrì  la pena scende a 26 anni
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NOVARA – Alla fine Domenico Cutrì aveva confessato e ammesso di essere stato materialmente lui a sparare a Lukasz Kobrzeniecki, 22enne magazziniere di origine polacca, la sera del 16 giugno 2006 a Trecate. Dunque pentito, sperando in uno “sconto” all’ergastolo rimediato in 1° grado e confermato in 2°  viceversa quale presunto mandante (lui però aveva negato ogni addebito), ma annullato dalla Cassazione che aveva ordinato il nuovo giudizio <per la mancanza della prova relativa all’aggravante dei futili motivi in contrapposizione alle attenuanti>. E dal nuovo giudizio, che si è tenuto oggi, giovedì in Corte d’Assise d’Appello a Torino, lo “sconto” è arrivato: la pena scende a 26 anni, a quanto pare per il riconoscimento delle attenuanti generiche. E’ stato un processo “vero”, come aveva preannunciato il difensore di Cutrì, l’avvocato Armando Veneto, del Foro di Palmi, in provincia di Reggio Calabria, al quale però non ha poi partecipato lui: il legale, infatti, è stato a sorpresa revocato da Cutrì qualche giorno fa. In aula, dunque, un suo collega. Cosa è andato a dire Cutrì ai giudici torinesi? «Quella sera ho sparato io a Lukasz, e non Manuel Martelli, che mi ha solo istigato. E l’ho fatto, ma non volevo ucciderlo, per un insulto di tipo sessuale rivolto a una amica, quella sera stessa e in precedenti occasioni».  Martelli attende la Cassazione: in 2° grado, a fine ottobre 2014, si era visto confermare la condanna a 16 anni in qualità di esecutore materiale dell’agguato in strada che determinò la morte di Lukasz. Lui nega, e nega di essere stato a conoscenza delle intenzioni di Cutrì. Versioni diverse, ma la sostanza, per l’accusa, non cambia.

p.v.

NOVARA – Alla fine Domenico Cutrì aveva confessato e ammesso di essere stato materialmente lui a sparare a Lukasz Kobrzeniecki, 22enne magazziniere di origine polacca, la sera del 16 giugno 2006 a Trecate. Dunque pentito, sperando in uno “sconto” all’ergastolo rimediato in 1° grado e confermato in 2°  viceversa quale presunto mandante (lui però aveva negato ogni addebito), ma annullato dalla Cassazione che aveva ordinato il nuovo giudizio . E dal nuovo giudizio, che si è tenuto oggi, giovedì in Corte d’Assise d’Appello a Torino, lo “sconto” è arrivato: la pena scende a 26 anni, a quanto pare per il riconoscimento delle attenuanti generiche. E’ stato un processo “vero”, come aveva preannunciato il difensore di Cutrì, l’avvocato Armando Veneto, del Foro di Palmi, in provincia di Reggio Calabria, al quale però non ha poi partecipato lui: il legale, infatti, è stato a sorpresa revocato da Cutrì qualche giorno fa. In aula, dunque, un suo collega. Cosa è andato a dire Cutrì ai giudici torinesi? «Quella sera ho sparato io a Lukasz, e non Manuel Martelli, che mi ha solo istigato. E l’ho fatto, ma non volevo ucciderlo, per un insulto di tipo sessuale rivolto a una amica, quella sera stessa e in precedenti occasioni».  Martelli attende la Cassazione: in 2° grado, a fine ottobre 2014, si era visto confermare la condanna a 16 anni in qualità di esecutore materiale dell’agguato in strada che determinò la morte di Lukasz. Lui nega, e nega di essere stato a conoscenza delle intenzioni di Cutrì. Versioni diverse, ma la sostanza, per l’accusa, non cambia.

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