Delitto Melchionda: definitivi i 30 anni per Luca, mentre Ilaria si gioca l’ultima carta

Delitto Melchionda: definitivi i 30 anni per Luca,  mentre Ilaria si gioca l’ultima carta
Pubblicato:

NOVARA - Un primo verdetto è ora definitivo, ovvero i 30 anni comminati a Luca Sainaghi. Il secondo, e si parla sempre di 30 anni di carcere, per Ilaria Mortarini, attende il sigillo - il prossimo 11 marzo - della Cassazione, e non è detto che non ci possano essere colpi di scena. 
A distanza di quasi 6 anni dall’omicidio di Simona Melchionda la Giustizia ha fatto, almeno finora, abbastanza celermente il suo corso, quella Giustizia invocata e inseguita dalla famiglia della giovane che ha sempre avuto fiducia pur nella disperazione di aver perso per sempre la congiunta. I genitori e il fratello di Simona attendono ora quello che potrebbe il capitolo finale: «Ci auguriamo che vengano riconosciute definitivamente quelle che riteniamo siano le responsabilità della Mortarini». 
Ma andiamo con ordine. 

 

DALL’ERGASTOLO AI 30 ANNI

«Non abbiamo proposto ricorso per Cassazione avverso la seconda sentenza della Corte di Assise di Appello. D'altra parte non si poteva ottenere di più». Così l’avvocato Remo Pannain, che con il collega Alfredo Gaito aveva assistito Sainaghi al primo approdo in Cassazione, ottenendo la rimodulazione della condanna (ergastolo), poi fissato appunto nel secondo Appello in 30 anni. Poichè neppure la Procura Generale ha proposto ricorso, ecco la sentenza passare in giudicato, ovvero diventare definitiva. Vale la pena ripercorrere i passaggi.

Luca Sainaghi era stato condannato all’ergastolo nei primi due gradi di giudizio pur con il rito abbreviato (che consente, in caso di condanna, lo sconto di un terzo della pena) “sommando” omicidio, porto in luogo pubblico di arma (la Beretta calibro 9 con la quale sparò a Simona) e soppressione di cadavere. La Cassazione, su istanza della difesa, optò però non per la soppressione di cadavere bensì per il “semplice” occultamento, ipotesi meno grave a livello sanzionatorio, ordinando un nuovo processo d’Appello. Al termine del quale i giudici, pur mantenendo ferma la fattispecie della soppressione di cadavere, hanno rimodulato la pena a 30 anni in base a un semplice ricalcolo, diventata ora definitiva.

30 anni, come quelli rimediati nei primi due gradi di giudizio (sempre in abbreviato) da Ilaria Mortarini.

 

SPADA DI DAMOCLE

La compagna di Luca (e madre di suo figlio) sarebbe stata la sua presunta istigatrice per gelosia. Ma lei respinge tutte le accuse, e si gioca le ultime carte a Roma, assistita dagli avvocati Luca Panzeri e Angela Riva, che avevano presentato ricorso all’indomani della sentenza della Corte d’Appello di Torino, nell’aprile 2015, che aveva confermato quella del gup di Novara. 
In due parole: la difesa punta sia sulla nullità della sentenza che sulla censura con rinvio alla Corte d'Appello, ovvero un nuovo processo di 2° grado a Torino. Puntualizzano i legali: «Un capitolo a parte è stato dedicato all'eccessività della pena anche in relazione ai principi costituzionali. Siamo fiduciosi che i nostri punti possano essere accolti».
Secondo i primi due gradi di giudizio «l'omicidio della Melchionda non è pensabile senza la spinta propulsiva della Mortarini». 
La parola ai giudici della Cassazione. Se confermeranno la condanna scatterà l’ordine di arresto.

Paolo Viviani

leggi il servizio sul Corriere di Novara in edicola

NOVARA - Un primo verdetto è ora definitivo, ovvero i 30 anni comminati a Luca Sainaghi. Il secondo, e si parla sempre di 30 anni di carcere, per Ilaria Mortarini, attende il sigillo - il prossimo 11 marzo - della Cassazione, e non è detto che non ci possano essere colpi di scena. 
A distanza di quasi 6 anni dall’omicidio di Simona Melchionda la Giustizia ha fatto, almeno finora, abbastanza celermente il suo corso, quella Giustizia invocata e inseguita dalla famiglia della giovane che ha sempre avuto fiducia pur nella disperazione di aver perso per sempre la congiunta. I genitori e il fratello di Simona attendono ora quello che potrebbe il capitolo finale: «Ci auguriamo che vengano riconosciute definitivamente quelle che riteniamo siano le responsabilità della Mortarini». 
Ma andiamo con ordine. 

 

DALL’ERGASTOLO AI 30 ANNI

«Non abbiamo proposto ricorso per Cassazione avverso la seconda sentenza della Corte di Assise di Appello. D'altra parte non si poteva ottenere di più». Così l’avvocato Remo Pannain, che con il collega Alfredo Gaito aveva assistito Sainaghi al primo approdo in Cassazione, ottenendo la rimodulazione della condanna (ergastolo), poi fissato appunto nel secondo Appello in 30 anni. Poichè neppure la Procura Generale ha proposto ricorso, ecco la sentenza passare in giudicato, ovvero diventare definitiva. Vale la pena ripercorrere i passaggi.

Luca Sainaghi era stato condannato all’ergastolo nei primi due gradi di giudizio pur con il rito abbreviato (che consente, in caso di condanna, lo sconto di un terzo della pena) “sommando” omicidio, porto in luogo pubblico di arma (la Beretta calibro 9 con la quale sparò a Simona) e soppressione di cadavere. La Cassazione, su istanza della difesa, optò però non per la soppressione di cadavere bensì per il “semplice” occultamento, ipotesi meno grave a livello sanzionatorio, ordinando un nuovo processo d’Appello. Al termine del quale i giudici, pur mantenendo ferma la fattispecie della soppressione di cadavere, hanno rimodulato la pena a 30 anni in base a un semplice ricalcolo, diventata ora definitiva.

30 anni, come quelli rimediati nei primi due gradi di giudizio (sempre in abbreviato) da Ilaria Mortarini.

 

SPADA DI DAMOCLE

La compagna di Luca (e madre di suo figlio) sarebbe stata la sua presunta istigatrice per gelosia. Ma lei respinge tutte le accuse, e si gioca le ultime carte a Roma, assistita dagli avvocati Luca Panzeri e Angela Riva, che avevano presentato ricorso all’indomani della sentenza della Corte d’Appello di Torino, nell’aprile 2015, che aveva confermato quella del gup di Novara. 
In due parole: la difesa punta sia sulla nullità della sentenza che sulla censura con rinvio alla Corte d'Appello, ovvero un nuovo processo di 2° grado a Torino. Puntualizzano i legali: «Un capitolo a parte è stato dedicato all'eccessività della pena anche in relazione ai principi costituzionali. Siamo fiduciosi che i nostri punti possano essere accolti».
Secondo i primi due gradi di giudizio «l'omicidio della Melchionda non è pensabile senza la spinta propulsiva della Mortarini». 
La parola ai giudici della Cassazione. Se confermeranno la condanna scatterà l’ordine di arresto.

Paolo Viviani

leggi il servizio sul Corriere di Novara in edicola

Seguici sui nostri canali