Delitto Melchionda, è l’ora della resa dei conti

Delitto Melchionda, è l’ora della resa dei conti
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OLEGGIO A sei anni dall’omicidio di Simona Melchionda - era la notte fra il 6 e 7 giugno 2010 quando l’allora carabiniere Luca Sainaghi la uccise davanti al cimitero di Divignano con un colpo della sua “Beretta calibro 9” di servizio - il cerchio si potrebbe/dovrebbe chiudere domani, martedì 12, in Cassazione, con i giudici della Suprema Corte chiamati a “certificare” o meno se Ilaria Mortarini, la compagna di Sainaghi (già condannato in via definitiva a 30 anni), sia stata la mandante del delitto. Non sarà un giudizio di merito bensì di legittimità, ovvero la Cassazione dovrà per così dire stabilire la correttezza del processo di 2° grado di Torino che aveva confermato la condanna a 30 anni rimediata dalla giovane in 1° grado a Novara. Se la Cassazione confermerà, per Ilaria - oggi col solo obbligo di non allontanarsi da Lisanza, dove abita con i due figli (uno di Sainaghi) - scatterà l’ordine di arresto; in caso contrario, ovvero di annullamento della condanna, per la giovane sarà la fine di un incubo: lei, sostenuta dagli avvocati Luca Panzeri e Angela Riva, ha sempre gridato la propria innocenza. Ma c’è anche una terza possibilità ovvero che la Cassazione annulli “con rinvio”, cioè che disponga un nuovo processo di 2° grado a Torino (per i più disparati motivi, al limite anche solo una riquantificazione della pena). Di certo c’è molta attesa per l’appuntamento di domani. La famiglia Melchionda, parte civile con l’avvocato Claudio Tovaglieri, sarà ancora una volta presente: crede nella Giustizia, e si aspetta una conferma della condanna, perché convinta «delle responsabilità della Mortarini»: senza le sue “pressioni”, a suo avviso (e ad avviso della Procura), «Luca non avrebbe mai ucciso Simona. Nessuna ci ridarà più nostra figlia, ma è giusto che chi ha sbagliato paghi».

Paolo Viviani

leggi l’articolo integrale sul Corriere di Novara in edicola

OLEGGIO A sei anni dall’omicidio di Simona Melchionda - era la notte fra il 6 e 7 giugno 2010 quando l’allora carabiniere Luca Sainaghi la uccise davanti al cimitero di Divignano con un colpo della sua “Beretta calibro 9” di servizio - il cerchio si potrebbe/dovrebbe chiudere domani, martedì 12, in Cassazione, con i giudici della Suprema Corte chiamati a “certificare” o meno se Ilaria Mortarini, la compagna di Sainaghi (già condannato in via definitiva a 30 anni), sia stata la mandante del delitto. Non sarà un giudizio di merito bensì di legittimità, ovvero la Cassazione dovrà per così dire stabilire la correttezza del processo di 2° grado di Torino che aveva confermato la condanna a 30 anni rimediata dalla giovane in 1° grado a Novara. Se la Cassazione confermerà, per Ilaria - oggi col solo obbligo di non allontanarsi da Lisanza, dove abita con i due figli (uno di Sainaghi) - scatterà l’ordine di arresto; in caso contrario, ovvero di annullamento della condanna, per la giovane sarà la fine di un incubo: lei, sostenuta dagli avvocati Luca Panzeri e Angela Riva, ha sempre gridato la propria innocenza. Ma c’è anche una terza possibilità ovvero che la Cassazione annulli “con rinvio”, cioè che disponga un nuovo processo di 2° grado a Torino (per i più disparati motivi, al limite anche solo una riquantificazione della pena). Di certo c’è molta attesa per l’appuntamento di domani. La famiglia Melchionda, parte civile con l’avvocato Claudio Tovaglieri, sarà ancora una volta presente: crede nella Giustizia, e si aspetta una conferma della condanna, perché convinta «delle responsabilità della Mortarini»: senza le sue “pressioni”, a suo avviso (e ad avviso della Procura), «Luca non avrebbe mai ucciso Simona. Nessuna ci ridarà più nostra figlia, ma è giusto che chi ha sbagliato paghi».

Paolo Viviani

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