«Era un uomo al servizio della gente»

«Era un uomo al servizio della gente»
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NIBBIA  - Nemmeno piazza Monterosa (figurarsi la vicina chiesetta frazionale dove inizialmente si era pensato di svolgerli) è stata in grado di contenere ieri mattina, domenica, le centinaia di persone radunatesi per l’estremo saluto al sindaco di San Pietro Mosezzo Mauro Degregori.

Un dolore collettivo soffocato, composto in un lunghissimo silenzio surreale ma allo stesso tempo ‘gridato’ a tutti, anche attraverso la sua gigantografia collocata all’ingresso di Nibbia, con la scritta a grandi caratteri neri “Ciao Mauro” . Una identica campeggiava in piazza, dove il feretro del primo cittadino - scomparso per un improvviso malore mercoledì 17 - è arrivato in corteo sulle spalle dei colleghi consiglieri comunali, preceduto dai labari istituzionali. Ad accoglierlo un picchetto d’onore delle Forze dell’ordine e molte autorità civili e militari di ogni ordine e grado. Sulla bara, oltre alla cascata di fiori, la sua tanto amata fascia tricolore che lo ha accompagnato nell’ultimo viaggio. Decine di altre fasce indosso ai colleghi sindaci seduti nelle prime file, giunti da tutto il Novarese; con loro i rappresentanti della Provincia, le istituzioni, in primis il prefetto Francesco Paolo Castaldo. E i famigliari, stretti attorno alla moglie Marinella e al figlio Matteo.

Sull’altare, affiancato da don Enrico Tantignone, il parroco don Zeno Prevosti: «Ci troviamo nella piazza che Mauro aveva tanto voluto e che prenderà il suo nome - ha detto - Se n’è andato di corsa senza lasciarci il tempo di salutarlo. Oggi siamo qui per dirgli arrivederci. E’ stato per la nostra comunità un grande dono, ha fatto tante cose belle che ci lascia in eredità con l’esempio di una vita animata dai valori cristiani. Aveva scelto di donare la sua vita agli altri e di servire la sua gente attraverso la politica, mostrando grande attenzione soprattutto ai ragazzi con disabilità, agli anziani sofferenti, a chi si trovava in difficoltà. Le sue capacità erano messe al servizio anche del teatro dialettale locale: impersonava il “Gelindo” e i componenti della compagnia mi hanno detto “ora non sarà più come prima”». 

Arianna Martelli

Leggi di più sul Corriere di Novara di lunedì 22 febbraio 2016

NIBBIA  - Nemmeno piazza Monterosa (figurarsi la vicina chiesetta frazionale dove inizialmente si era pensato di svolgerli) è stata in grado di contenere ieri mattina, domenica, le centinaia di persone radunatesi per l’estremo saluto al sindaco di San Pietro Mosezzo Mauro Degregori.

Un dolore collettivo soffocato, composto in un lunghissimo silenzio surreale ma allo stesso tempo ‘gridato’ a tutti, anche attraverso la sua gigantografia collocata all’ingresso di Nibbia, con la scritta a grandi caratteri neri “Ciao Mauro” . Una identica campeggiava in piazza, dove il feretro del primo cittadino - scomparso per un improvviso malore mercoledì 17 - è arrivato in corteo sulle spalle dei colleghi consiglieri comunali, preceduto dai labari istituzionali. Ad accoglierlo un picchetto d’onore delle Forze dell’ordine e molte autorità civili e militari di ogni ordine e grado. Sulla bara, oltre alla cascata di fiori, la sua tanto amata fascia tricolore che lo ha accompagnato nell’ultimo viaggio. Decine di altre fasce indosso ai colleghi sindaci seduti nelle prime file, giunti da tutto il Novarese; con loro i rappresentanti della Provincia, le istituzioni, in primis il prefetto Francesco Paolo Castaldo. E i famigliari, stretti attorno alla moglie Marinella e al figlio Matteo.

Sull’altare, affiancato da don Enrico Tantignone, il parroco don Zeno Prevosti: «Ci troviamo nella piazza che Mauro aveva tanto voluto e che prenderà il suo nome - ha detto - Se n’è andato di corsa senza lasciarci il tempo di salutarlo. Oggi siamo qui per dirgli arrivederci. E’ stato per la nostra comunità un grande dono, ha fatto tante cose belle che ci lascia in eredità con l’esempio di una vita animata dai valori cristiani. Aveva scelto di donare la sua vita agli altri e di servire la sua gente attraverso la politica, mostrando grande attenzione soprattutto ai ragazzi con disabilità, agli anziani sofferenti, a chi si trovava in difficoltà. Le sue capacità erano messe al servizio anche del teatro dialettale locale: impersonava il “Gelindo” e i componenti della compagnia mi hanno detto “ora non sarà più come prima”». 

Arianna Martelli

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