Giovane nigeriana schiavizzata a Torino, sfruttata nel Milanese, viene liberata a Novara

Giovane nigeriana schiavizzata a Torino, sfruttata nel Milanese, viene liberata a Novara
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NOVARA – Ancora una triste e drammatica storia di schiavitù. E’ la storia di ‘Marta’ (il nome, ovviamente, è di fantasia) ed è una vicenda molto simile a quella di altre centinaia di ragazze, vittime della tratta di esseri umani, provenienti da Edo State, uno dei 37 Stati della Repubblica Federale della Nigeria, alle quali in oltre quindici anni di attività l’associazione novarese Liberazione e speranza onlus ha restituito dignità e autodeterminazione.

NOVARA – Ancora una triste e drammatica storia di schiavitù. E’ la storia di ‘Marta’ (il nome, ovviamente, è di fantasia) ed è una vicenda molto simile a quella di altre centinaia di ragazze, vittime della tratta di esseri umani, provenienti da Edo State, uno dei 37 Stati della Repubblica Federale della Nigeria, alle quali in oltre quindici anni di attività l’associazione novarese Liberazione e speranza onlus ha restituito dignità e autodeterminazione.

Quando arriva a Torino alla fine del 2012 ha poco più di vent’anni. Dopo essere stata stuprata e malmenata, come racconta l’associazione presieduta da Andrea Lebra, “viene avviata alla prostituzione nel Milanese all’inizio del 2013. Per evitare di essere fermata dalle forze dell’ordine sulla strada o durante i viaggi di spostamento da Torino a Milano in quanto sprovvista di permesso di soggiorno, viene istruita dagli sfruttatori per inoltrare una richiesta di asilo politico alla Questura di Torino. Le viene suggerito di indicare come luogo di provenienza non Benin City, la capitale di Edo State, ma la città di Kano, nel nord della Nigeria, dove a farla da padrone – spiega in una nota l’associazione – sono gli appartenenti all’organizzazione terroristica jihadista “Boko Haram”. Grazie alle “carte” comprovanti l’avvio della procedura amministrativa per ottenere lo status di “rifugiata”, tutte le volte che è intercettata dalla polizia o dai carabinieri non viene né trattenuta né ulteriormente interrogata”. Solo nel settembre 2014 una connazionale l’accompagna presso la sede dell’associazione novarese “Liberazione e speranza”, che la convince a sottrarsi ai condizionamenti e alla violenza degli sfruttatori che abitano a Torino.
Incoraggiata dalla famiglia residente in Nigeria e tranquillizzata dalle operatrici dell’associazione, matura ben presto la decisione di denunciare le due persone, che, approfittando della sua situazione di inferiorità e di necessità, “l’hanno costretta, con violenza e abuso d’autorità, a prestazioni sessuali dalle quali hanno ricavato, in poco più di venti mesi, non meno di 50 mila euro (senza tener conto dei trecento euro mensili pagati per la postazione occupata sulla strada, dei 250 euro mensili per il posto letto nella casa di Torino o i duecento euro al mese come costo dei pasti forniti dalla “madam”). Proprio nel momento in cui, alla caserma dei carabinieri di Novara, sta per formalizzare la denuncia, riceve una telefonata. Nel rispondere alla chiamata, ‘Marta’ ha la prontezza di inserire il “viva voce”, così che anche chi sta raccogliendo la denuncia può rendersi conto, grazie alla presenza nell’ufficio della mediatrice linguistica, che ad intimarle di non raccontare “alla polizia” che cosa le era successo dopo il suo arrivo in Italia è la madre di una delle persone che sta per denunciare”.

Né il woodoo né le minacce nei confronti dei familiari hanno impedito a ‘Marta’ – attualmente ospitata in un luogo sicuro – di percorrere fino in fondo la strada del ripristino della propria dignità. Nei giorni scorsi ha fornito agli inquirenti della squadra anti-tratta alla Procura della Repubblica di Torino altre precise e circostanziate informazioni “perché – conclude Liberazione e Speranza – presto giustizia sia fatta nei confronti non solo suoi ma anche delle altre sue amiche che continuano a rimanere alla mercé di chi le considera alla stregua non di persone ma di oggetti… nella totale e inqualificabile indifferenza nonché irresponsabilità dei cosiddetti “clienti” (o, meglio, prostitutori)”.

mo.c.

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