Giro d’usura nel Novarese, una teste: “giravano armati”

Giro d’usura nel Novarese, una teste: “giravano armati”
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NOVARA, Altri testimoni, giovedì mattina a Palazzo Fossati, per il processo che riguarda l’operazione “Bloodsucker” (sanguisuga in lingua inglese); indagine che, nel 2014, aveva permesso di sgominare un presunto giro di usura, che partiva da soggetti residenti nel Novarese, ma si articolava poi in tutta Italia.

In questa fase della vicenda giudiziaria si trovano alla sbarra tutti coloro che sono stati rinviati a giudizio e non hanno scelto riti alternativi. Ossia i cugini Ignazio, 32 anni, e Ignazio Di Giovanni, 41, (il primo figlio di Pino Di Giovanni, già condannato a 10 anni in abbreviato qualche mese fa), accusati di alcune azioni estorsive, Angelo Migliavacca e Francesco Pirrello, Pierluigi Baglivi, gestore di un night club a Prato Sesia, riconducibile ai Di Giovanni. Con loro anche due carabinieri, per un verbale modificato. A essere ascoltata in aula, tra gli altri, oltre a un maresciallo che si occupò delle indagini, la moglie di Giuseppe Di Giovanni (classe 1976, nipote di Pino). La donna, che è in fase di separazione dal marito, ha raccontato quanto avveniva nell’ambito della famiglia, spiegandone rapporti e vicende.

«Ho visto agire i Di Giovanni – ha sostenuto – Una volta li ho visti uscire di corsa dall’ufficio di Prato Sesia. Erano armati di pistola. In quell’occasione chiesi a mio marito cosa stessero andando a fare e mi disse che stavano andando a ‘sistemare’ alcune faccende, alcuni problemi che qualcuno aveva creato loro». La goccia che avrebbe spinto la donna ad andare via è stato il ritrovamento in casa, da parte della bimba della coppia, di una pistola. «Mi spaventai e decisi che era giunta l’ora di dire basta». Prossima udienza lunedì 14 novembre.

mo.c.

 

Per saperne di più leggi il Corriere di Novara in edicola sabato 29 ottobre

NOVARA, Altri testimoni, giovedì mattina a Palazzo Fossati, per il processo che riguarda l’operazione “Bloodsucker” (sanguisuga in lingua inglese); indagine che, nel 2014, aveva permesso di sgominare un presunto giro di usura, che partiva da soggetti residenti nel Novarese, ma si articolava poi in tutta Italia.

In questa fase della vicenda giudiziaria si trovano alla sbarra tutti coloro che sono stati rinviati a giudizio e non hanno scelto riti alternativi. Ossia i cugini Ignazio, 32 anni, e Ignazio Di Giovanni, 41, (il primo figlio di Pino Di Giovanni, già condannato a 10 anni in abbreviato qualche mese fa), accusati di alcune azioni estorsive, Angelo Migliavacca e Francesco Pirrello, Pierluigi Baglivi, gestore di un night club a Prato Sesia, riconducibile ai Di Giovanni. Con loro anche due carabinieri, per un verbale modificato. A essere ascoltata in aula, tra gli altri, oltre a un maresciallo che si occupò delle indagini, la moglie di Giuseppe Di Giovanni (classe 1976, nipote di Pino). La donna, che è in fase di separazione dal marito, ha raccontato quanto avveniva nell’ambito della famiglia, spiegandone rapporti e vicende.

«Ho visto agire i Di Giovanni – ha sostenuto – Una volta li ho visti uscire di corsa dall’ufficio di Prato Sesia. Erano armati di pistola. In quell’occasione chiesi a mio marito cosa stessero andando a fare e mi disse che stavano andando a ‘sistemare’ alcune faccende, alcuni problemi che qualcuno aveva creato loro». La goccia che avrebbe spinto la donna ad andare via è stato il ritrovamento in casa, da parte della bimba della coppia, di una pistola. «Mi spaventai e decisi che era giunta l’ora di dire basta». Prossima udienza lunedì 14 novembre.

mo.c.

 

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