I “latinos” beccati dai Carabinieri perché dal Milanese sconfinavano nell’Ovest Ticino

I “latinos” beccati dai Carabinieri perché dal Milanese sconfinavano nell’Ovest Ticino
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NOVARA - Come sono finiti nella rete dei Carabinieri di Novara i 46 “predatori” di ville e appartamenti , quasi tutti sudamericani che avevano base a Rozzano, nel Milanese, e che, divisi in 6/7 “batterie”, scorazzavano in mezzo Nord Italia? Proprio perché avevano pensato bene di oltrepassare anche il Ticino, e mettere a segno colpi nella fascia compresa fra Trecate, Cerano, Romentino e Galliate.

I militari avevano intuito che gli autori di quelle razzie - una vera piaga sociale, una emergenza nazionale, come ha sottolineato il colonnello Liore, comandante del Reparto operativo - potessero essere “pendolari” del crimine, ovvero appunto provenienti dalla vicina Lombardia, da dove arrivavano, colpivano, e poi vi facevano ritorno. Erano scattate certosine indagini, pedinamenti, che avevano condotto all’”hub” di Rozzano, gestito da una italiana, e a quel punto erano stati predisposti anche appositi appostamenti, oltretutto di non facile attuazione, come ha spiegato il maggiore Colongo, capo del Nucleo investigativo, visto la location rappresentata da classici palazzoni popolari dove ogni viso estraneo non passa di certo inosservato. Ma tant’è.

Lunghi mesi di indagini hanno dato ottimi frutti: colpisce non solo il numero delle misure cautelari - destinatari cileni, peruviani, ecuadoregni, qualche albanese e anche qualche italiano - bensì anche qualità, quantità e valore della refurtiva recuperata (oltre tre milioni di euro, provento di circa 200 furti in abitazioni e anche 3 rapine), oggi a disposizione dei legittimi proprietari, i quali, muniti di denuncia, devono solo prendere appuntamento al Comando per poterla visionare.

Paolo Viviani

leggi l’articolo integrale sul Corriere di Novara di sabato 28 novembre

NOVARA - Come sono finiti nella rete dei Carabinieri di Novara i 46 “predatori” di ville e appartamenti , quasi tutti sudamericani che avevano base a Rozzano, nel Milanese, e che, divisi in 6/7 “batterie”, scorazzavano in mezzo Nord Italia? Proprio perché avevano pensato bene di oltrepassare anche il Ticino, e mettere a segno colpi nella fascia compresa fra Trecate, Cerano, Romentino e Galliate.

I militari avevano intuito che gli autori di quelle razzie - una vera piaga sociale, una emergenza nazionale, come ha sottolineato il colonnello Liore, comandante del Reparto operativo - potessero essere “pendolari” del crimine, ovvero appunto provenienti dalla vicina Lombardia, da dove arrivavano, colpivano, e poi vi facevano ritorno. Erano scattate certosine indagini, pedinamenti, che avevano condotto all’”hub” di Rozzano, gestito da una italiana, e a quel punto erano stati predisposti anche appositi appostamenti, oltretutto di non facile attuazione, come ha spiegato il maggiore Colongo, capo del Nucleo investigativo, visto la location rappresentata da classici palazzoni popolari dove ogni viso estraneo non passa di certo inosservato. Ma tant’è.

Lunghi mesi di indagini hanno dato ottimi frutti: colpisce non solo il numero delle misure cautelari - destinatari cileni, peruviani, ecuadoregni, qualche albanese e anche qualche italiano - bensì anche qualità, quantità e valore della refurtiva recuperata (oltre tre milioni di euro, provento di circa 200 furti in abitazioni e anche 3 rapine), oggi a disposizione dei legittimi proprietari, i quali, muniti di denuncia, devono solo prendere appuntamento al Comando per poterla visionare.

Paolo Viviani

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