«Maestre vergogna, avete vestito mio figlio di rosa»

La rabbia della mamma che urla alla vergogna.

«Maestre vergogna, avete vestito mio figlio di rosa»
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Il bambino si fa la pipì addosso e le insegnanti, rimaste senza cambio, lo vestono con abiti rosa. Lo riportano i nostri colleghi della Nuova Periferia di Chivasso.

«Maestre vergogna, avete vestito mio figlio di rosa»

«Vi ringrazio per i pantaloni rosa e le mutandine che avete imprestato al bambino, dopo aver esaurito la scorta. Però le norme sociali non le abbiamo fatte noi. Lo preferivamo pisciato (sic), che sappiamo asciuga, a vestito da femmina e con le idee sull’identità di genere in conflitto». La situazione, nelle scuole di Chivasso, a quanto pare sta decisamente sfuggendo di mano. In redazione arriva la prima mail (e poi telefonate e messaggi su Facebook e WhatsApp) su quanto avvenuto all’interno della scuola dell’infanzia «Peter Pan» di via Paleologi, uno dei fiori all’occhiello della città, affidata a insegnanti di provata esperienza.Il testo tra virgolette è quello scritto con bella calligrafia su un foglio di carta verde, ed è stato consegnato alle maestre da una giovane mamma il cui figlio frequenta, appunto, la struttura.

La risposta dell’Istituto:

Le maestre, dal canto loro, si limitano a rimarcare come «Sia sempre più difficile avere a che fare con certi genitori, preoccupati solo ad accontentare i figli e a cercare capri espiatori nella scuola o nella società. Non possiamo riprenderli, sgridarli, non possiamo più aprire bocca. Quel bambino si fa spesso la pipì addosso, dovremmo lascialo bagnato? Dovesse mai capitare, siamo certe che la mamma ci accuserebbe di non seguire a dovere suo figlio. Non si rispettano le regole, vediamo sempre e solo polemiche e critiche che minano la serenità della classe. Noi abbiamo a cuore i bambini, il nostro solo interesse è la loro crescita psicofisica. I bambini sono il futuro, e questo dovrebbero capirlo anche certi genitori».
Sulla stessa lunghezza d’onda delle maestre, il preside Angelantonio Magarelli: «Se non rigettiamo questo tipo di pensieri, non possiamo che alimentare idee distorte legate al modo di vestire o pensare».

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