Marita ha cercato di difendere sino all'ultimo il fratello che l’ha uccisa

Marita ha cercato di difendere sino all'ultimo il fratello che l’ha uccisa
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NOVARA, Pur con ferite così gravi e che qualche ora dopo l’avrebbero portata alla morte, (Marita) Maria Rita Tomasoni, la donna aggredita nella sua abitazione di via Cavallari 8 nella mattina dello scorso 9 novembre, non ha abbandonato il suo istinto fraterno, cercando in tutti i modi di difendere il suo assassino, il fratello minore Massimiliano, cui sin da piccola era molto affezionata. E’ quanto emerso stamani venerdì 25 novembre, in Procura a Novara, alla conferenza stampa indetta dagli inquirenti a conclusione del caso, che ieri mattina ha visto anche la confessione del fratello, 47enne ex operaio, residente a Cassolnovo, in provincia di Pavia.

Marita infatti dopo l’aggressione, forse non accorgendosi della gravità delle ferite riportate, non ha dato l’allarme, ma si è, invece, premurata di sistemare la camera dove si era registrata l’aggressione, mettendo al posto alcuni mobili spostati, a quanto risulterebbe, dal fratello. Non voleva far capire cosa fosse accaduto e che, a fare un atto così grave, fosse stato il fratello amato. Anche a chi l’ha soccorsa, sino a che non ha perso conoscenza, finendo in coma, non ha mai fatto il nome dell’aggressore. I vicini si sono accorti di qualcosa solo per aver sentito alcuni rumori e poi dei lamenti. Pensando a una lite famigliare, hanno chiamato i Carabinieri. 

Come ha riferito il pm titolare dell’inchiesta, il sostituto procuratore Nicola Serianni, la donna non si era accorta di come fosse grave. “Così, in un ultimo gesto d’amore – ha riferito in conferenza, accanto al comandante provinciale dell’Arma, colonnello Domenico Mascoli, al colonnello Maurilio Liore, comandante del Reparto operativo, al maggiore Sandro Colongo e al capitano Eliseo Mattia Virgillo, comandante della compagnia di Novara - ha voluto coprire il fratello, che ha sempre cercato di aiutare. Già in passato, infatti, gli aveva prestato quel poco denaro che poteva permettersi”. Quella mattina il fratello è arrivato alla Bicocca per chiedere l’ennesimo prestito. Marita, pur non volendolo più tanto aiutare, anche per la contrarietà del marito, sempre attento ai soldi, aveva preparato una busta con circa 3mila euro, ma, a quanto risulta, l’uomo voleva anche il resto. Da qui l’aggressione, che l’arrestato pare possa aver compiuto sotto l'effetto di droghe.

A incastrare l’uomo, come più volte scritto, le celle telefoniche, che lo indicavano a Novara quel giorno, e le telecamere della zona, in particolare di una tabaccheria. E’ stato ripreso a 300 metri dalla casa della sorella, accanto all’auto, dove aveva un cambio di abiti e di scarpe. I vestiti macchiati li getterà, insieme a un coltello che abitualmente portava con sé, in un cassonetto a Gravellona Lomellina.

Monica Curino

Foto Anselmo Martignoni


NOVARA, Pur con ferite così gravi e che qualche ora dopo l’avrebbero portata alla morte, (Marita) Maria Rita Tomasoni, la donna aggredita nella sua abitazione di via Cavallari 8 nella mattina dello scorso 9 novembre, non ha abbandonato il suo istinto fraterno, cercando in tutti i modi di difendere il suo assassino, il fratello minore Massimiliano, cui sin da piccola era molto affezionata. E’ quanto emerso stamani venerdì 25 novembre, in Procura a Novara, alla conferenza stampa indetta dagli inquirenti a conclusione del caso, che ieri mattina ha visto anche la confessione del fratello, 47enne ex operaio, residente a Cassolnovo, in provincia di Pavia.

Marita infatti dopo l’aggressione, forse non accorgendosi della gravità delle ferite riportate, non ha dato l’allarme, ma si è, invece, premurata di sistemare la camera dove si era registrata l’aggressione, mettendo al posto alcuni mobili spostati, a quanto risulterebbe, dal fratello. Non voleva far capire cosa fosse accaduto e che, a fare un atto così grave, fosse stato il fratello amato. Anche a chi l’ha soccorsa, sino a che non ha perso conoscenza, finendo in coma, non ha mai fatto il nome dell’aggressore. I vicini si sono accorti di qualcosa solo per aver sentito alcuni rumori e poi dei lamenti. Pensando a una lite famigliare, hanno chiamato i Carabinieri. 

Come ha riferito il pm titolare dell’inchiesta, il sostituto procuratore Nicola Serianni, la donna non si era accorta di come fosse grave. “Così, in un ultimo gesto d’amore – ha riferito in conferenza, accanto al comandante provinciale dell’Arma, colonnello Domenico Mascoli, al colonnello Maurilio Liore, comandante del Reparto operativo, al maggiore Sandro Colongo e al capitano Eliseo Mattia Virgillo, comandante della compagnia di Novara - ha voluto coprire il fratello, che ha sempre cercato di aiutare. Già in passato, infatti, gli aveva prestato quel poco denaro che poteva permettersi”. Quella mattina il fratello è arrivato alla Bicocca per chiedere l’ennesimo prestito. Marita, pur non volendolo più tanto aiutare, anche per la contrarietà del marito, sempre attento ai soldi, aveva preparato una busta con circa 3mila euro, ma, a quanto risulta, l’uomo voleva anche il resto. Da qui l’aggressione, che l’arrestato pare possa aver compiuto sotto l'effetto di droghe.

A incastrare l’uomo, come più volte scritto, le celle telefoniche, che lo indicavano a Novara quel giorno, e le telecamere della zona, in particolare di una tabaccheria. E’ stato ripreso a 300 metri dalla casa della sorella, accanto all’auto, dove aveva un cambio di abiti e di scarpe. I vestiti macchiati li getterà, insieme a un coltello che abitualmente portava con sé, in un cassonetto a Gravellona Lomellina.

Monica Curino

Foto Anselmo Martignoni


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