Delitto di Sant’Agabio

Novara uccide il rivale in amore: condannato a 15 anni

La sentenza poco prima di Natale

Novara uccide il rivale in amore: condannato a 15 anni
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Delitto di Sant’Agabio: condannato a 15 anni e 4 mesi per aver ucciso a coltellate il rivale in amore.

La sentenza

E’ arrivata poco prima di Natale la sentenza – di condanna – del processo, che era iniziato venerdì 27 ottobre presso il tribunale di Novara, per l’accoltellamento mortale che pochi mesi fa aveva destato impressione nel quartiere Sant’Agabio. A giudizio c’era Sami Ben Allala, 44enne tunisino, in carcere dal giorno del fatto, che la procura ha ritenuto essere l’autore del fendente vicino al cuore che ha ucciso l’operaio trentenne, Ramzi Arfaoui, anch’esso tunisino, il 23 aprile 2023. Due mesi e mezzo dopo l’episodio di sangue, il pubblico ministero Mario Andrigo aveva chiuso la fase di indagini chiedendo il processo immediato per omicidio volontario. In aula, va ricordato, aveva parlato anche Sami Ben Allala, sostenendo di essersi soltanto difeso dall’aggressione di tre persone e che non avrebbe voluto uccidere. Ad ascoltare la drammatica testimonianza c’era anche la vedova di Ramzi Arfaoui, parte civile con l’avvocato Stefano Fioramonti. Venerdì 22 dicembre il giudice Roberto Gentile ha condannato l’imputato a 15 anni e 4 mesi di reclusione (6 mesi meno di quanto voleva il pm), con lo sconto della pena di un terzo derivato dalla scelta dell’avvocato difensore, Maria Giovanna Fadda, che sempre ha sostenuto l’innocenza del suo assistito e detto che si sarebbe trattata di legittima difesa, di procedere con il rito abbreviato.

Quella domenica pomeriggio di aprile verso le 15, Ramzi Arfaoui era morto al termine di un violento litigio nel rione Sant’Agabio e più precisamente in via Della Riotta, dove pare che i due si fossero incontrati, dopo gli scambi via social, per chiarire e risolvere una questione di rivalità sentimentale legata ad una donna. Una passione comune, risalente ai giorni precedenti, che aveva creato una rivalità accesa. L’omicida aveva questioni in sospeso con il fratello della vittima, che a suo dire aveva manifestato un interesse considerato eccessivo sulla sua ex fidanzata. C’erano altre persone nella zona, nei pressi di un frequentato bar novarese, che si erano quasi subito allontanate e che poi sono state ascoltate come testimoni. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, dagli insulti ai primi spintoni il passo era stato breve e ad un certo punto Sami Ben Allala avrebbe estratto un coltello e colpito al petto Ramzi Arfaoui, che era stramazzato al suolo e deceduto poco dopo all’ospedale Maggiore. Al termine di una breve fuga tra le vie del quartiere popolare, l’aggressore era stato fermato dagli agenti delle Volanti di polizia, lasciandosi ammanettare senza opporre resistenza.

Per gli investigatori nessun dubbio sulle responsabilità. La rissa era stata anche ripresa dalle telecamere della zona. L’autopsia sul corpo della vittima aveva poi confermato che la causa della morte era stata un arresto cardiocircolatorio provocato dalla violenta coltellata vicino al cuore. La moglie della vittima, che il giorno della sentenza era presente in aula, ha chiesto il risarcimento di 1 milione e mezzo di euro. Ha ottenuto una provvisionale di 50 mila euro: il danno sarà poi quantificato e liquidato in sede civile. Dopo il deposito delle motivazioni, è molto probabile che la difesa di Sami Ben Allala impugni la sentenza per una brutta vicenda di cronaca che, per ora, si è conclusa soltanto in primo grado.

 

Immagine di repertorio

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