Il caso

Omicidio di Pombia: condannato il mandante del killer

La Corte d'Assise d'Appello ha ribaltato la sentenza di primo grado

Omicidio di Pombia: condannato il mandante del killer
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Omicidio di Pombia: la Corte d'Assise di Appello ha condannato Giuseppe Cauchi a 26 anni di carcere. E' ritenuto il mandante del killer che uccise Matteo Mendola.

Omicidio Mendola: svolta nel processo

Omicidio Mendola, ribaltato il primo grado: ventisei anni al mandante Cauchi. I giudici della Corte d’Assise e d’Appello di Torino hanno condannato a ventisei anni di reclusione l’imprenditore edile gelese Giuseppe Cauchi, a lungo residente nella zona di Busto Arsizio. La sentenza è stata comunicata nel pomeriggio di venerdì 29 aprile. Cauchi, va ricordato, era accusato di essere il mandante dell’omicidio dell’operaio Matteo Mendola, anche lui originario di Gela e trapiantato nel Nord Ovest, il trentatreenne il cui cadavere era stato ritrovato, il 4 aprile 2017, nei pressi di un capannone dismesso, a Pombia. Il killer 31enne di Busto Arsizio, Antonio Lembo, e il suo complice, Angelo Mancino, residente in provincia di Arezzo, sono stati condannati, in abbreviato, a trent’anni di detenzione. E mentre per quest’ultimo la pena è definitiva, il primo, assistito dall’avvocato Gabriele Pipicelli di Verbania, attende entro l’estate un’ulteriore decisione della Cassazione rispetto all’entità.

Una vicenda drammatica

Secondo gli inquirenti, i due avevano attirato Mendola in quella zona poco frequentata di Pombia con il pretesto di compiere un furto, per poi finirlo, con quelle che il procuratore generale Carlo Maria Pellicano ha definito «modalità barbare» che «ricordano una scena macabra della serie tv Fargo». Il giovane era stato raggiunto da due colpi di pistola e il cranio spaccato col calcio della stessa e tramite una vecchia batteria d’auto trovata sul posto. Dodici colpi. Il tutto, per una faccenda, così pare, di debiti. Difeso dagli avvocati Flavio Sinatra e Cosimo Palumbo, Cauchi era stato assolto in primo grado a Novara il 22 novembre 2019.

La condanna

Venerdì 29 aprile, invece, pur riconoscendo le attenuanti generiche, i giudici di Torino lo hanno ritenuto colpevole. "Pensiamo di avere fatto emergere tutte le lacune della sentenza di primo grado - ha commentato Pellicano, che in aula ha sostenuto l’accusa insieme con il collega Mario Andrigo - e di averle colmate alla luce degli indizi raccolti". I difensori, dal canto loro, si sono opposti alla richiesta di ergastolo, avanzata dalla procura generale. Cauchi non avrebbe avuto alcun motivo di volere la morte di Mendola, e già in fase di indagine Sinatra e Palumbo avevano dubitato dell’attendibilità di Lembo, che aveva tirato in ballo Cauchi subito dopo l’arresto. Ma Lembo, poi, aveva ritrattato, durante un confronto, e ai giudici di Appello, di recente, ha spiegato di sentirsi in pericolo e di essere stato minacciato in carcere (e per questo è stato trasferito). I magistrati della Corte d’Assise d’Appello di Torino, pur non accogliendo la richiesta di ergastolo, hanno comunque deciso per la condanna, che a questo punto sarà con ogni probabilità impugnata dai difensori di Cauchi. I familiari di Mendola si sono costituiti parte civile e hanno ottenuto delle provvisionali che in totale ammontano a 390 mila euro. "Mio fratello ha avuto giustizia", ha commentato uno di loro lasciando il tribunale insieme con il suo legale, Anna Maria Brusa.

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