Omicidio Mendola: ecco le motivazioni dell'assoluzione di Giuseppe Cauchi
Cauchi non può essere considerato il mandante dell'assassinio
Omicidio Mendola a Pombia: la Corte d'Assise di Novara ha depositato il fascicolo contenente le motivazioni della decisione sull'uomo accusato di essere il mandante del delitto.
Omicidio Mendola ancora una volta in tribunale
Nei giorni scorsi la Corte d'Assise di Novara ha depositato, molto atteso, il corposo fascicolo contenente le motivazioni che il 22 novembre 2019 portarono i giudici ad assolvere il 54enne imprenditore edile gelese, finito a processo con l'accusa di essere il mandante dell'assassinio di Matteo Mendola, avvenuto la notte tra il 4 e il 5 aprile 2017 nei boschi di Pombia. Cauchi era stato arrestato dai carabinieri insieme ad Antonio Lembo, il killer, e Angelo Mancino, il complice, entrambi condannati a 30 anni di reclusione, confermati di recente dal secondo grado di giudizio.
Furono il killer e il complice a chiamare in causa Cauchi
Erano stati proprio loro due a tirare in ballo Cauchi ("la chiamata in correità appare però frutto di calcolo"). Secondo i giudici della Corte d'Assise di Novara, dunque, il 54enne non è l'ideatore del fatto di sangue (o meglio, la sua individuazione come mandante si è raggiunta solo in termini probabilistici). Hanno spiegato, infatti, che Lembo, che ha cambiato più volte versione, e Mancino, non sarebbero attendibili e che l'imprenditore di Gela non avrebbe avuto sufficienti motivi per far ammazzare quel giovane. I due si conoscevano e avevano avuto contatti telefonici, questo almeno è stato accertato.
Non ci sono prove, quindi Cauchi deve essere assolto
In passato familiari di Mendola avevano lavorato nei cantieri e forse avevano maturato un credito con Cauchi: non ci sono prove. Nel corso della fase d'indagine e del processo, peraltro a un certo punto era spuntata una presunta faccenda di droga alla base del delitto. Ma anche in questo caso nessun riscontro oggettivo. Il faccia a faccia in aula tra "esecutore materiale" e presunto mandante, poi, aveva prodotto solamente una serie infinita di "non so" e "non ricordo". Insomma, "troppe discrasie", come hanno scritto i giudici. Il vero mandante, dunque, potrebbe essere a piede libero. La vicenda, comunque sia, non è ancora conclusa. E' probabile, infatti, che la procura possa presentare appello contro l'assoluzione di Cauchi, così come chiederebbero anche i familiari della vittima.