Processo ‘Bloodsucker’ su un giro d’usura, una vittima: “Mi minacciavano”

Processo ‘Bloodsucker’ su un giro d’usura, una vittima: “Mi minacciavano”
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NOVARA, «Arrivavamo dalla Sicilia. Lavoravamo nel movimento terra. Poi ci siamo trasferiti a Casale Monferrato. Siamo saliti nel giugno 2001. Abbiamo preso una serie di lavori a Casale e ci stavamo ampliando. E’ durata due anni. Aprimmo così un’altra società. I primi contatti con la concessionaria di Pino Di Giovanni li abbiamo avuti nel 2004. Lì comprammo una ventina di mezzi (tra cui due mini escavatori). Era il 2005-2006. Poco tempo dopo le cose sono iniziate ad andare male e nel 2009 c’è stato il fallimento. Le richieste di soldi erano eccessive e l’interesse sulle varie cambiali molto alto. Non ci è rimasto altro che rivendere i mezzi per pagare i debiti». A parlare, in Tribunale a Novara, un imprenditore rimasto vittima del presunto giro di usura che gli inquirenti attribuiscono ad alcuni membri della famiglia Di Giovanni, nell’ultima udienza del processo per l’operazione “Bloodsucker”, indagine del 2014.

L’imprenditore ha continuato, parlando anche di minacce e continue pressioni. «“Tu mi devi pagare”, “Tu devi rientrare”. Mi recai una volta alla Borgoservice (la concessionaria del principale imputato, già condannato a 10 anni, ‘Pino’ Di Giovanni) e Pino si agitò, tirandomi il cellulare addosso, schiaffeggiandomi e facendomi intendere che quanto stava avvenendo era nulla rispetto a quanto mi sarebbe potuto accadere». Sette gli imputati a processo in questa fase. Prossima udienza il 12 settembre.

mo.c.

 

NOVARA, «Arrivavamo dalla Sicilia. Lavoravamo nel movimento terra. Poi ci siamo trasferiti a Casale Monferrato. Siamo saliti nel giugno 2001. Abbiamo preso una serie di lavori a Casale e ci stavamo ampliando. E’ durata due anni. Aprimmo così un’altra società. I primi contatti con la concessionaria di Pino Di Giovanni li abbiamo avuti nel 2004. Lì comprammo una ventina di mezzi (tra cui due mini escavatori). Era il 2005-2006. Poco tempo dopo le cose sono iniziate ad andare male e nel 2009 c’è stato il fallimento. Le richieste di soldi erano eccessive e l’interesse sulle varie cambiali molto alto. Non ci è rimasto altro che rivendere i mezzi per pagare i debiti». A parlare, in Tribunale a Novara, un imprenditore rimasto vittima del presunto giro di usura che gli inquirenti attribuiscono ad alcuni membri della famiglia Di Giovanni, nell’ultima udienza del processo per l’operazione “Bloodsucker”, indagine del 2014.

L’imprenditore ha continuato, parlando anche di minacce e continue pressioni. «“Tu mi devi pagare”, “Tu devi rientrare”. Mi recai una volta alla Borgoservice (la concessionaria del principale imputato, già condannato a 10 anni, ‘Pino’ Di Giovanni) e Pino si agitò, tirandomi il cellulare addosso, schiaffeggiandomi e facendomi intendere che quanto stava avvenendo era nulla rispetto a quanto mi sarebbe potuto accadere». Sette gli imputati a processo in questa fase. Prossima udienza il 12 settembre.

mo.c.

 

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