Tribunale

Processo rinviato per gli autisti "schiavizzati" della Maifredi di Castelletto

Per la vicenda sono a processo numerosi dirigenti dell'azienda

Processo rinviato per gli autisti "schiavizzati" della Maifredi di Castelletto
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Processo rinviato per il caso dell'azienda di autotrasporti Maifredi di Castelletto.

Processo rinviato per l'avvicendamento dei legali

E’ ripreso, ma senza accadimenti, nei giorni scorsi, il processo in corso di svolgimento presso il tribunale di Novara per gli autisti presunti "schiavizzati" alla Maifredi Autotrasporti Srl di Castelletto Ticino. L’udienza è saltata - ed è stata aggiornata dal giudice a data da destinarsi - a causa dell’avvicendamento dei legali voluto dalla ditta novarese. Per le condotte ritenute illecite che sarebbero state attuate nei confronti di diversi autotrasportatori - dipendenti di società ruotanti attorno all’azienda - il pm Silvia Baglivo aveva già chiesto il rinvio a giudizio dei vertici della Maifredi, leader nella catena del freddo a livello nazionale. Stando al teorema della procura, i camion non si sarebbero fermati quasi mai, e gli autisti avrebbero di conseguenza sostenuto turni di lavoro che sarebbero stati massacranti.

Gli accusati

Accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata all’estorsione - e ai domiciliari su richiesta sempre della procura - sono Gigliola Plebani, 62 anni, di Pombia, ritenuta a capo della sedicente organizzazione criminale e di fatto proprietaria delle società coinvolte, il figlio Maurizio Maifredi, 35 anni, castellettese, specializzato, sempre stando all’accusa, nella pulitura dei dischi e nella cancellazione di tutte le tracce relative alle violazioni di legge, e Massimo Ghidoni, 61 anni, di Novara, considerato dal pm il braccio esecutivo degli altri due, tanto da essere nominato amministratore unico della cooperativa Tno che sarebbe stata utilizzata per reclutare gli autisti, che lui stesso avrebbe gestito. Altre 7 persone sono indagate a piede libero.

I fatti al centro del processo

I fatti risalgono agli anni scorsi. A far partire l’inchiesta ribattezzata Jukebox, dal nome in codice dell’operazione, era stato un esposto anonimo fatto da uno degli autisti, nel febbraio 2014, al distaccamento della Polstrada di Arona. Gli agenti avevano intuito chi poteva essere l’autore della segnalazione e da lì, nel volgere di breve, si era arrivati alla Maifredi. Secondo l’accusa, i camionisti erano costretti, a quanto pare con minacce e ricatti, a turni massacranti e viaggi anche di venti ore consecutive (invece delle 9 previste), senza riposo e con seri rischi per la loro sicurezza. E poi presunte falsificazioni del numero di ore lavorate e degli strumenti di registrazione (i dischi), per far sembrare tutto regolare. La polizia aveva trovato circa 8mila file modificati nei pc della Maifredi. Per gli autotrasportatori non c’era via di scampo: "Se non vi va bene, andate da un’altra parte", sarebbe stata la risposta più frequente. E diversi, purtroppo, sono stati gli incidenti nel tempo.

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