Quali altre sorprese riserverà il caso Zion Smart Shop?

Quali altre sorprese riserverà il caso Zion Smart Shop?
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NOVARA - Caso cellulari, c’è nuovo materiale al vaglio del pm Marco Grandolfo, che ha delegato la Polizia postale a compiere gli accertamenti relativi allo Zion Smart Shop, piccolo negozio (ormai chiuso) di viale Volta ma universalmente noto sul web per quelle vendite appunto on line, a prezzi stracciati (con pagamenti anticipati), di telefonini e pc, che hanno o avevano fatto la fortuna del titolare, Davinio Zanetti, che di rimando si dice oggi sul lastrico, pur impegnato a cercare di rimborsare le centinaia o forse migliaia di clienti che erano rimasti a bocca asciutta. Ovvero: dopo più o meno regolari consegne dei prodotti nei primi mesi di attività, a partire dall’inizio di quest’anno tempi di consegna sempre più lunghi, mancati rimborsi, fino alla cessazione dell’attività a fine aprile.

Il problema è che c’è una lunghissima lista di clienti, in tutta Italia, in attesa della restituzione dei soldi, oppure anche solo… di notizie. Alcuni hanno alzato bandiera bianca, altri si sono appoggiati ad associazioni di consumatori quali l’Uci, altri hanno presentato singole denunce mentre altri ancora si sono “consorziati”. Da mezza Italia gli esposti sono confluiti, per competenza territoriale, alla Procura di Novara, che ora sta valutando vecchio e nuovo materiale. Proprio quello nuovo - ovvero fatture dello Zion che circolano sul web attestanti acquisti da fornitori a prezzi superiori a quelli di vendita al dettaglio - potrebbero dare una svolta all’inchiesta del pm, “stimolato” per un verso dai legali dell’Uci, e per quello opposto dal difensore di Zanetti, l’avvocato Scialla, che al riguardo ha presentato un esposto-denuncia alla Polposta sostenendo che quanto circola sul web relativamente appunto alle fantomatiche fatture «contiene elementi palesemente falsi». E probabilmente ritiene falsi anche alcuni post sui social, attribuibili a Zanetti, di irrisione ai clienti delusi e al sistema-Giustizia italiano.

In Procura si dovrà a questo punto accertare innanzitutto se quelle fatture siano autentiche, e in questo caso (che di per sè comunque non è un reato) poi capire come sia possibile acquistare a un prezzo superiore a quello successivo di vendita. Davvero ipotizzabile una sorta di “sistema Ponzi”, ovvero pienamente soddisfare una piccola cerchia di clienti da usare come “esche” per la gran massa degli altri (paganti in anticipo) destinati viceversa a rimanere a bocca asciutta, e quindi sparire col malloppo?

Solo che qui Zanetti non è affatto sparito. E, tramite il suo legale, dice che la cassa è vuota. E torna quindi la solita domanda: che fine hanno fatto i soldi versati dai clienti tuttora non rimborsati? 

In altre parole: c’è davvero qualcos’altro dietro alla storia di questa attività imprenditoriale che, almeno all’inizio, sembrava solo quella del giovane intraprendente che s’era un po’ allargato?

Zanetti è già stato interrogato dalla Polposta, e sempre secondo il suo legale avrebbe fornito ampie spiegazioni, rispondendo a tutte le domande. Facile ipotizzare però che a questo punto potrebbe tornare davanti agli inquirenti. 

Intanto i clienti fremono. Al “Corriere” continuano ad arrivare messaggi da tutta Italia di gente che non sa più come muoversi per riavere indietro i soldi versati. Storie praticamente tutte identiche: ordine, pagamento, attesa, solleciti, diffide, in alcuni casi qualche (vana) rassicurazione ma niente cellulare e niente soldi. Qualcuno ci ringrazia perché - unica testata giornalistica - ha raccontato la vicenda e ha aggiornato via via su quanto avveniva e sta avvenendo, altri letteralmente (nel Far west del web, ovviamente) ci massacrano in quanto “rei” di non stampare in prima pagina su 6 colonne che “Zanetti è un truffatore che dovrebbe marcire in galera per sempre” etc etc, dimenticando forse che… ma è inutile cercare di spiegarlo loro, infuriati (ed è comprensibile) per il danno e la beffa.

Nuove iniziative legali sono comunque preannunciate ad esempio dall’Uci. Non stupirebbe che il caso-Zion riservasse altre sorprese.

Paolo Viviani

NOVARA - Caso cellulari, c’è nuovo materiale al vaglio del pm Marco Grandolfo, che ha delegato la Polizia postale a compiere gli accertamenti relativi allo Zion Smart Shop, piccolo negozio (ormai chiuso) di viale Volta ma universalmente noto sul web per quelle vendite appunto on line, a prezzi stracciati (con pagamenti anticipati), di telefonini e pc, che hanno o avevano fatto la fortuna del titolare, Davinio Zanetti, che di rimando si dice oggi sul lastrico, pur impegnato a cercare di rimborsare le centinaia o forse migliaia di clienti che erano rimasti a bocca asciutta. Ovvero: dopo più o meno regolari consegne dei prodotti nei primi mesi di attività, a partire dall’inizio di quest’anno tempi di consegna sempre più lunghi, mancati rimborsi, fino alla cessazione dell’attività a fine aprile.

Il problema è che c’è una lunghissima lista di clienti, in tutta Italia, in attesa della restituzione dei soldi, oppure anche solo… di notizie. Alcuni hanno alzato bandiera bianca, altri si sono appoggiati ad associazioni di consumatori quali l’Uci, altri hanno presentato singole denunce mentre altri ancora si sono “consorziati”. Da mezza Italia gli esposti sono confluiti, per competenza territoriale, alla Procura di Novara, che ora sta valutando vecchio e nuovo materiale. Proprio quello nuovo - ovvero fatture dello Zion che circolano sul web attestanti acquisti da fornitori a prezzi superiori a quelli di vendita al dettaglio - potrebbero dare una svolta all’inchiesta del pm, “stimolato” per un verso dai legali dell’Uci, e per quello opposto dal difensore di Zanetti, l’avvocato Scialla, che al riguardo ha presentato un esposto-denuncia alla Polposta sostenendo che quanto circola sul web relativamente appunto alle fantomatiche fatture «contiene elementi palesemente falsi». E probabilmente ritiene falsi anche alcuni post sui social, attribuibili a Zanetti, di irrisione ai clienti delusi e al sistema-Giustizia italiano.

In Procura si dovrà a questo punto accertare innanzitutto se quelle fatture siano autentiche, e in questo caso (che di per sè comunque non è un reato) poi capire come sia possibile acquistare a un prezzo superiore a quello successivo di vendita. Davvero ipotizzabile una sorta di “sistema Ponzi”, ovvero pienamente soddisfare una piccola cerchia di clienti da usare come “esche” per la gran massa degli altri (paganti in anticipo) destinati viceversa a rimanere a bocca asciutta, e quindi sparire col malloppo?

Solo che qui Zanetti non è affatto sparito. E, tramite il suo legale, dice che la cassa è vuota. E torna quindi la solita domanda: che fine hanno fatto i soldi versati dai clienti tuttora non rimborsati? 

In altre parole: c’è davvero qualcos’altro dietro alla storia di questa attività imprenditoriale che, almeno all’inizio, sembrava solo quella del giovane intraprendente che s’era un po’ allargato?

Zanetti è già stato interrogato dalla Polposta, e sempre secondo il suo legale avrebbe fornito ampie spiegazioni, rispondendo a tutte le domande. Facile ipotizzare però che a questo punto potrebbe tornare davanti agli inquirenti. 

Intanto i clienti fremono. Al “Corriere” continuano ad arrivare messaggi da tutta Italia di gente che non sa più come muoversi per riavere indietro i soldi versati. Storie praticamente tutte identiche: ordine, pagamento, attesa, solleciti, diffide, in alcuni casi qualche (vana) rassicurazione ma niente cellulare e niente soldi. Qualcuno ci ringrazia perché - unica testata giornalistica - ha raccontato la vicenda e ha aggiornato via via su quanto avveniva e sta avvenendo, altri letteralmente (nel Far west del web, ovviamente) ci massacrano in quanto “rei” di non stampare in prima pagina su 6 colonne che “Zanetti è un truffatore che dovrebbe marcire in galera per sempre” etc etc, dimenticando forse che… ma è inutile cercare di spiegarlo loro, infuriati (ed è comprensibile) per il danno e la beffa.

Nuove iniziative legali sono comunque preannunciate ad esempio dall’Uci. Non stupirebbe che il caso-Zion riservasse altre sorprese.

Paolo Viviani

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