Rimborsopoli, le difese chiedono l’assoluzione

Rimborsopoli, le difese chiedono l’assoluzione
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Rimborsopoli regionale, dibattimento chiuso la settimana scorsa in Tribunale a Torino e appuntamento al 7 ottobre per la fasi conclusive del processo ai 25 ex consiglieri regionali dell’era Cota (altri 4 sono già stati condannati in abbreviato, una quindicina hanno patteggiato mentre altri 9 sono stati assolti) accusati di indebiti rimborsi e a suo tempo rinviati a giudizio in ordinario (l’ex governatore, invece, aveva chiesto il giudizio immediato che salta l’udienza preliminare, ritrovandosi poi con gli altri 24). 

I pm Enrica Gabetta e Giancarlo Avenati Bassi, già ad aprile, avevano chiesto la condanna per tutti gli imputati a pene comprese fra i 4 anni e 4 mesi e i 5 anni e 4 mesi.

Come si sono difesi gli imputati? Sostanzialmente, a vario titolo, parlando di errori, oppure di essersi adeguati a una prassi consolidata o comunque a normative poco chiare allora vigenti, e in ogni caso rivendicando la propria assoluta buona fede. Qualcuno si è spinto oltre, sostenendo di essersi comportato non diversamente dagli ex colleghi assolti (da un altro giudice). Perentoria è stata ad esempio la difesa di Roberto Cota, assistito dall’avvocato Domenico Aiello, che ha chiesto l’assoluzione. In base a un principio molto semplice: «La legge è uguale per tutti, e se le condotte di Mercedes Bresso (predecessore di Cota, prosciolta, ndr) sono state scusate allora devono esserlo anche quelle di Cota». Ovvero parità di trattamento «per evitare un argine invalicabile fra una parte politica e l’altra». Del resto, stando al difensore dell’ex governatore leghista, anche nella condotta del suo assistito «non c’è stato dolo». Tra l’altro si parla di «modiche spese», con qualche «banale errore peraltro ben spiegato». 

p.v.

leggi l’articolo integrale sul Corriere di Novara di giovedì 21 luglio

Rimborsopoli regionale, dibattimento chiuso la settimana scorsa in Tribunale a Torino e appuntamento al 7 ottobre per la fasi conclusive del processo ai 25 ex consiglieri regionali dell’era Cota (altri 4 sono già stati condannati in abbreviato, una quindicina hanno patteggiato mentre altri 9 sono stati assolti) accusati di indebiti rimborsi e a suo tempo rinviati a giudizio in ordinario (l’ex governatore, invece, aveva chiesto il giudizio immediato che salta l’udienza preliminare, ritrovandosi poi con gli altri 24). 

I pm Enrica Gabetta e Giancarlo Avenati Bassi, già ad aprile, avevano chiesto la condanna per tutti gli imputati a pene comprese fra i 4 anni e 4 mesi e i 5 anni e 4 mesi.

Come si sono difesi gli imputati? Sostanzialmente, a vario titolo, parlando di errori, oppure di essersi adeguati a una prassi consolidata o comunque a normative poco chiare allora vigenti, e in ogni caso rivendicando la propria assoluta buona fede. Qualcuno si è spinto oltre, sostenendo di essersi comportato non diversamente dagli ex colleghi assolti (da un altro giudice). Perentoria è stata ad esempio la difesa di Roberto Cota, assistito dall’avvocato Domenico Aiello, che ha chiesto l’assoluzione. In base a un principio molto semplice: «La legge è uguale per tutti, e se le condotte di Mercedes Bresso (predecessore di Cota, prosciolta, ndr) sono state scusate allora devono esserlo anche quelle di Cota». Ovvero parità di trattamento «per evitare un argine invalicabile fra una parte politica e l’altra». Del resto, stando al difensore dell’ex governatore leghista, anche nella condotta del suo assistito «non c’è stato dolo». Tra l’altro si parla di «modiche spese», con qualche «banale errore peraltro ben spiegato». 

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