Sansarella dal carcere ai “domiciliari”?

Sansarella dal carcere ai “domiciliari”?
Pubblicato:

NOVARA - Udienza ieri al Tribunale del riesame (il cosiddetto “Tribunale della libertà”) per Nicola Sansarella, in carcere (ora a Ivrea) da metà dicembre per la morte dell’amico Andrea Gennari. Dopo che il gip aveva convalidato il fermo per omicidio volontario e concorso (con Cristian Guerrini) in occultamento di cadavere e ritenuta necessaria la massima misura cautelare per il pericolo di fuga, di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato, il suo difensore, l’avvocato Stefano Allegra, aveva subito annunciato l’istanza al Riesame, puntando all’attenuazione della misura, ovvero ai “domiciliari”, conseguenza anche della auspicata derubricazione della grave ipotesi di omicidio volontario in preterintenzionale, ovvero al di là delle intenzioni. Ieri in udienza ha motivato il tutto. In questi giorni arriverà la decisione dei giudici. In altre parole: la partita si gioca su una diversa ricostruzione di quelle tragiche ore, anzi, giorni, giorni di follia, visto anche il rapporto di lunga e profonda amicizia fra Sansarella e Gennari, con il “contorno” (ma in che termini esatti?) di Guerrini, il proprietario della baracca di via Scalise dove è avvenuto il decesso. I risultati ufficiali dell’autopsia non sono ancora stati depositati, ma da quanto si è potuto apprendere l’esame avrebbe sostanzialmente confermato i racconti di Sansarella e Guerrini riscontrati dai Carabinieri, che nel giro di qualche ora erano risaliti ai due, e i successivi accertamenti degli stessi investigatori: la morte sarebbe conseguenza al pestaggio a pugni e bastonate subìto da Gennari nella tarda serata di lunedì 14 dicembre, e sarebbe avvenuta a parecchie ore di distanza, appunto effettivamente nel pomeriggio di martedì 15. In quella baracca di Cristian Guerrini, come detto indagato a piede libero per concorso in occultamento, dove Gennari era stato “ricoverato” da Sansarella dopo che i due avevano visto la partita del Novara in un bar, dove avevano anche bevuto. Proprio lo stato di ebbrezza sarebbe stato alla causa del litigio fra i due. Secondo Sansarella avrebbero litigato perché lui non voleva che l’amico facesse ritorno a Granozzo in auto, visto che era appunto ubriaco: «Gli volevo bene, per me era come un fratello… ero preoccupato che si mettesse alla guida in quelle condizioni». Da lì il consiglio (insistente) di dormire nella baracca di Guerrini in zona orti di via Scalise, consiglio tramutatosi poi nell’aggressione, degenerata a quanto pare proprio a ridosso della baracca. Qui entra in gioco Guerrini? Ha assistito? Si è accorto? Lui dice di no, Sansarella lo difende e gli inquirenti ci credono, visto che gli contestano solo l’occultamento (in concorso) del cadavere. Gennari, “ricoverato” nella baracca: poteva essere salvato? Nessuna ha pensato, o ha ritenuto opportuno, portarlo al Pronto soccorso, o chiamare un medico? Forse non si sono accorti delle reali condizioni di Gennari, presumibilmente aggravate dall’alcol e dal freddo del capanno. Sta di fatto che ai due non risulta contestata l’omissione di soccorso.
Paolo Viviani

leggi i servizi sul Corriere di Novara di sabato 9 gennaio

NOVARA - Udienza ieri al Tribunale del riesame (il cosiddetto “Tribunale della libertà”) per Nicola Sansarella, in carcere (ora a Ivrea) da metà dicembre per la morte dell’amico Andrea Gennari. Dopo che il gip aveva convalidato il fermo per omicidio volontario e concorso (con Cristian Guerrini) in occultamento di cadavere e ritenuta necessaria la massima misura cautelare per il pericolo di fuga, di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato, il suo difensore, l’avvocato Stefano Allegra, aveva subito annunciato l’istanza al Riesame, puntando all’attenuazione della misura, ovvero ai “domiciliari”, conseguenza anche della auspicata derubricazione della grave ipotesi di omicidio volontario in preterintenzionale, ovvero al di là delle intenzioni. Ieri in udienza ha motivato il tutto. In questi giorni arriverà la decisione dei giudici. In altre parole: la partita si gioca su una diversa ricostruzione di quelle tragiche ore, anzi, giorni, giorni di follia, visto anche il rapporto di lunga e profonda amicizia fra Sansarella e Gennari, con il “contorno” (ma in che termini esatti?) di Guerrini, il proprietario della baracca di via Scalise dove è avvenuto il decesso. I risultati ufficiali dell’autopsia non sono ancora stati depositati, ma da quanto si è potuto apprendere l’esame avrebbe sostanzialmente confermato i racconti di Sansarella e Guerrini riscontrati dai Carabinieri, che nel giro di qualche ora erano risaliti ai due, e i successivi accertamenti degli stessi investigatori: la morte sarebbe conseguenza al pestaggio a pugni e bastonate subìto da Gennari nella tarda serata di lunedì 14 dicembre, e sarebbe avvenuta a parecchie ore di distanza, appunto effettivamente nel pomeriggio di martedì 15. In quella baracca di Cristian Guerrini, come detto indagato a piede libero per concorso in occultamento, dove Gennari era stato “ricoverato” da Sansarella dopo che i due avevano visto la partita del Novara in un bar, dove avevano anche bevuto. Proprio lo stato di ebbrezza sarebbe stato alla causa del litigio fra i due. Secondo Sansarella avrebbero litigato perché lui non voleva che l’amico facesse ritorno a Granozzo in auto, visto che era appunto ubriaco: «Gli volevo bene, per me era come un fratello… ero preoccupato che si mettesse alla guida in quelle condizioni». Da lì il consiglio (insistente) di dormire nella baracca di Guerrini in zona orti di via Scalise, consiglio tramutatosi poi nell’aggressione, degenerata a quanto pare proprio a ridosso della baracca. Qui entra in gioco Guerrini? Ha assistito? Si è accorto? Lui dice di no, Sansarella lo difende e gli inquirenti ci credono, visto che gli contestano solo l’occultamento (in concorso) del cadavere. Gennari, “ricoverato” nella baracca: poteva essere salvato? Nessuna ha pensato, o ha ritenuto opportuno, portarlo al Pronto soccorso, o chiamare un medico? Forse non si sono accorti delle reali condizioni di Gennari, presumibilmente aggravate dall’alcol e dal freddo del capanno. Sta di fatto che ai due non risulta contestata l’omissione di soccorso.
Paolo Viviani

leggi i servizi sul Corriere di Novara di sabato 9 gennaio

Seguici sui nostri canali