«Solo per caso non eravamo a cena vicino al Bataclan»

«Solo per caso non eravamo a cena  vicino al Bataclan»
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Non la Torre Eiffel o gli Champs Elysees, non hanno scelto i luoghi simboli di Parigi, ma una sala concerto, il ristorante di un centro e lo stadio affollato: dentro la gente, tra la normalità di una sera come tante in un posto come molti. Si è colpito nel cuore della spensieratezza e della cultura, dello svago e del divertimento. Gli atti terroristici avvenuti a Parigi venerdì sera parlano di una violenza irrotta bruscamente nella quotidianità, tra la vita delle persone. E la Parigi sotto assedio è quella scelta da molti italiani, per vivere, studiare e lavorare o, semplicemente, come meta di un viaggio. 

Sarebbe dovuto andare a cena in un ristorante nella zona degli attentati Gabriele Gabo Dal Dosso, l’artista aronese 37enne che si è trasferito a Parigi un anno e mezzo fa insieme alla fidanzata Roberta che aveva già vissuto a Parigi per vent’anni, poi all’ultimo il cambio di programma: «Stamattina (sabato, ndr) ho realizzato meglio la grande fortuna che abbiamo avuto». 

E a Parigi dal 1 maggio di quest’anno vive anche una delle due figlie dell’assessore aronese Matteo Polo Friz impegnata in uno stage. Come si è svegliata la mattina dopo Parigi dopo una delle notti più nere e feroci? «Oggi (sabato, ndr) le autorità hanno detto di stare a casa, ed è quello che ho fatto. Siamo un po' tutti sconvolti, sono addolorata per quello che è successo, penso che a Republique poteva esserci uno qualunque di noi».

Anche il giornalista novarese Andrea Paracchini vive e lavora a Parigi da otto anni.  «Sabato mattina sono uscito presto, verso le 8,30. E ciò che ho visto tanta gente in giro... Sembrava un normalissimo sabato mattina... Ma bastava avvicinarsi a luoghi come il Louvre, l’Opera, le Gallerie Lafaiette, i negozi dei grandi marchi di moda per capire che quella non era una mattina qualunque: tutto chiuso, sbarrato. Un effetto strano: un contrasto tra la voglia di vivere della gente, nonostante tutto, e la drammaticità dell’accaduto. I parigini sono spaventati, ma non terrorizzati. E soprattutto molto fieri: basti pensare alle centinaia di persone che si sono messe in fila per donare sangue per gli ospedali...».

Maria Nausica Bucci

Laura Cavalli

Leggi tutte le testimonianze sul Corriere di Novara di lunedì 16 novembre 2015 

Non la Torre Eiffel o gli Champs Elysees, non hanno scelto i luoghi simboli di Parigi, ma una sala concerto, il ristorante di un centro e lo stadio affollato: dentro la gente, tra la normalità di una sera come tante in un posto come molti. Si è colpito nel cuore della spensieratezza e della cultura, dello svago e del divertimento. Gli atti terroristici avvenuti a Parigi venerdì sera parlano di una violenza irrotta bruscamente nella quotidianità, tra la vita delle persone. E la Parigi sotto assedio è quella scelta da molti italiani, per vivere, studiare e lavorare o, semplicemente, come meta di un viaggio. 

Sarebbe dovuto andare a cena in un ristorante nella zona degli attentati Gabriele Gabo Dal Dosso, l’artista aronese 37enne che si è trasferito a Parigi un anno e mezzo fa insieme alla fidanzata Roberta che aveva già vissuto a Parigi per vent’anni, poi all’ultimo il cambio di programma: «Stamattina (sabato, ndr) ho realizzato meglio la grande fortuna che abbiamo avuto». 

E a Parigi dal 1 maggio di quest’anno vive anche una delle due figlie dell’assessore aronese Matteo Polo Friz impegnata in uno stage. Come si è svegliata la mattina dopo Parigi dopo una delle notti più nere e feroci? «Oggi (sabato, ndr) le autorità hanno detto di stare a casa, ed è quello che ho fatto. Siamo un po' tutti sconvolti, sono addolorata per quello che è successo, penso che a Republique poteva esserci uno qualunque di noi».

Anche il giornalista novarese Andrea Paracchini vive e lavora a Parigi da otto anni.  «Sabato mattina sono uscito presto, verso le 8,30. E ciò che ho visto tanta gente in giro... Sembrava un normalissimo sabato mattina... Ma bastava avvicinarsi a luoghi come il Louvre, l’Opera, le Gallerie Lafaiette, i negozi dei grandi marchi di moda per capire che quella non era una mattina qualunque: tutto chiuso, sbarrato. Un effetto strano: un contrasto tra la voglia di vivere della gente, nonostante tutto, e la drammaticità dell’accaduto. I parigini sono spaventati, ma non terrorizzati. E soprattutto molto fieri: basti pensare alle centinaia di persone che si sono messe in fila per donare sangue per gli ospedali...».

Maria Nausica Bucci

Laura Cavalli

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