Stentardo, spuntano i complici

Stentardo,  spuntano i complici
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NOVARA - Non solo c’era (sicuramente) qualcuno ad aspettare Salvatore Stentardo, fuori in auto, mentre costui aggrediva Ida Lagrutta all’”Oro 999” di corso Risorgimento, la sera del 18 novembre 2011, bensì c’era (probabilmente) anche un complice accanto a lui dentro la gioielleria, che addirittura potrebbe avere avuto un ruolo affatto secondario, al punto addirittura da ferirsi.

Queste le novità che il “Corriere di Novara” è in grado di meglio precisare, dopo che in conferenza stampa gli inquirenti, nel ricostruire la clamorosa svolta su un giallo che pareva destinato a rimanere tale, avevano parlato non solo di possibili, anzi, probabili sviluppi nelle indagini, bensì anche di altre “presenze” sul luogo del misfatto: «Ci sono elementi - aveva testualmente detto il pm Ciro Caramore, che inizialmente indagò sul caso - che fanno ipotizzare un secondo soggetto, di sesso non identificato». Insomma, aveva confermato il procuratore facente funzioni Onelio Dodero, Stentardo non avrebbe agito da solo.

 

LA DONNA SAPEVA?

 

Ebbene, Stentardo quel pomeriggio di venerdì 18 novembre 2011, da Oleggio raggiunse Novara con una “Punto” bianca sulla quale c’era una donna, una giovane oleggese oggi 24enne che, interrogata nel dicembre 2014 dai Carabinieri (che avevano appena acciuffato Stentardo a Bologna, accusato del “delitto della Calossa”), ammise di essere stata su quella “Punto” ma negò di aver poi appreso da Stentardo (che si allontanò una mezzoretta lasciandola a bordo dell’auto posteggiata poco distante) dell’aggressione al “compro oro”. Smentita dallo stesso uomo, a voce e in alcune lettere che quest’ultimo successivamente le scrisse. Cosa che l’ha fatta finire sotto inchiesta per favoreggiamento personale.

Stentardo, messo letteralmente alle strette dai Carabinieri del colonnello Maurilio Liore (lo stesso che nel dicembre 2014 gli diede la caccia e infine lo arrestò appunto per il delitto Milani), nella sua confessione sostanzialmente non mente: i militari “sapevano” già tutto e hanno poi trovato riscontri alle sue parole. Tra l’altro, va ricordato a margine, la confessione di per sé non è una prova: tutto va sempre verificato.

Lui dunque ha parlato della giovane amica. Che, oltretutto, potrebbe avere avuto un ruolo nel bottino nascosto nei boschi del Ticino di Oleggio, mai trovato (almeno così sostiene Stentardo, che si era recato a cercarlo, con la moglie, due giorni prima di uccidere la Milani).

Ma se una donna di certo aspettava Stentardo in auto, consapevole o meno, cosa fa sospettare agli inquirenti la presenza di un complice addirittura in azione dentro la gioielleria?

Leggilo sul Corriere di Novara di giovedì 30 giugno

NOVARA - Non solo c’era (sicuramente) qualcuno ad aspettare Salvatore Stentardo, fuori in auto, mentre costui aggrediva Ida Lagrutta all’”Oro 999” di corso Risorgimento, la sera del 18 novembre 2011, bensì c’era (probabilmente) anche un complice accanto a lui dentro la gioielleria, che addirittura potrebbe avere avuto un ruolo affatto secondario, al punto addirittura da ferirsi.

Queste le novità che il “Corriere di Novara” è in grado di meglio precisare, dopo che in conferenza stampa gli inquirenti, nel ricostruire la clamorosa svolta su un giallo che pareva destinato a rimanere tale, avevano parlato non solo di possibili, anzi, probabili sviluppi nelle indagini, bensì anche di altre “presenze” sul luogo del misfatto: «Ci sono elementi - aveva testualmente detto il pm Ciro Caramore, che inizialmente indagò sul caso - che fanno ipotizzare un secondo soggetto, di sesso non identificato». Insomma, aveva confermato il procuratore facente funzioni Onelio Dodero, Stentardo non avrebbe agito da solo.

 

LA DONNA SAPEVA?

 

Ebbene, Stentardo quel pomeriggio di venerdì 18 novembre 2011, da Oleggio raggiunse Novara con una “Punto” bianca sulla quale c’era una donna, una giovane oleggese oggi 24enne che, interrogata nel dicembre 2014 dai Carabinieri (che avevano appena acciuffato Stentardo a Bologna, accusato del “delitto della Calossa”), ammise di essere stata su quella “Punto” ma negò di aver poi appreso da Stentardo (che si allontanò una mezzoretta lasciandola a bordo dell’auto posteggiata poco distante) dell’aggressione al “compro oro”. Smentita dallo stesso uomo, a voce e in alcune lettere che quest’ultimo successivamente le scrisse. Cosa che l’ha fatta finire sotto inchiesta per favoreggiamento personale.

Stentardo, messo letteralmente alle strette dai Carabinieri del colonnello Maurilio Liore (lo stesso che nel dicembre 2014 gli diede la caccia e infine lo arrestò appunto per il delitto Milani), nella sua confessione sostanzialmente non mente: i militari “sapevano” già tutto e hanno poi trovato riscontri alle sue parole. Tra l’altro, va ricordato a margine, la confessione di per sé non è una prova: tutto va sempre verificato.

Lui dunque ha parlato della giovane amica. Che, oltretutto, potrebbe avere avuto un ruolo nel bottino nascosto nei boschi del Ticino di Oleggio, mai trovato (almeno così sostiene Stentardo, che si era recato a cercarlo, con la moglie, due giorni prima di uccidere la Milani).

Ma se una donna di certo aspettava Stentardo in auto, consapevole o meno, cosa fa sospettare agli inquirenti la presenza di un complice addirittura in azione dentro la gioielleria?

Paolo Viviani

Leggilo sul Corriere di Novara di giovedì 30 giugno

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