Tribunale: processo per una rapina a Borgomanero

Tribunale: processo per una rapina a Borgomanero
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NOVARA – Si sono ascoltati diversi testi, martedì in Tribunale a Novara, per un altro processo per rapina a carico di Gianluca Medina, 42enne di Borgomanero, già condannato in passato per un altro colpo, ‘gemello’ di quello per cui si trova ora alla sbarra. Medina adesso è latitante. Già dall’udienza di qualche mese fa era sparito. Per questo è ricercato. Nei suoi confronti era stato emesso un ordine di cattura per cumulo pena, ma lui è appunto svanito, con ogni probabilità per evitare il carcere.

Si trova a processo per una rapina messa a segno il 15 ottobre 2010 alla gioielleria “Affari d’oro” di Borgomanero, pochi mesi dopo quella perpetrata in un analogo negozio di Galliate (era aprile). In questo procedimento, come in quello gemello, è reputato dall’accusa quale mandante del colpo. In un altro processo, per una serie di rapine tra Novarese e Vercellese, aggiornato questo al 16 giugno, avrebbe fatto, invece, da palo. Per la rapina all’“Affari d’Oro” di Borgomanero altre tre persone (il presunto esecutore materiale e i due che pare fecero sopralluoghi in zona) sono già state condannate in primo grado con rito abbreviato. Il titolare della gioielleria si è costituito parte civile con l’avvocato Roberto Rognoni.

Al 42enne i militari erano giunti grazie alle dichiarazioni dei complici e a indagini e accertamenti sul colpo di Galliate, che mostrava troppe similarità con quello di Borgomanero. Medina si è sempre difeso, rigettando ogni addebito e, anzi, sostenendo di essere un informatore. Cosa, quest’ultima, negata nell’udienza di martedì dal maresciallo dei carabinieri, ascoltato come teste e che ha spiegato come furono svolte le indagini. «Medina non era un informatore – ha sostenuto - Passava ogni tanto in caserma e diceva che questo o quell’altro erano coinvolti in qualcosa. Lo faceva per allontanare eventuali sospetti da sé. Quanto alle indagini, Medina conosceva benissimo quel negozio. La fidanzata ci aveva lavorato come commessa e siamo giunti a lui perché abbiamo indagato anche sulla rapina di Galliate e abbiamo visto che era una rapina fotocopia». Il Tribunale collegiale ha deciso per la prossima udienza, fissata al 30 giugno, di risentire le intercettazioni telefoniche.

mo.c.

 

Per saperne di più leggi l’articolo sul Corriere di Novara in edicola giovedì 28 maggio

NOVARA – Si sono ascoltati diversi testi, martedì in Tribunale a Novara, per un altro processo per rapina a carico di Gianluca Medina, 42enne di Borgomanero, già condannato in passato per un altro colpo, ‘gemello’ di quello per cui si trova ora alla sbarra. Medina adesso è latitante. Già dall’udienza di qualche mese fa era sparito. Per questo è ricercato. Nei suoi confronti era stato emesso un ordine di cattura per cumulo pena, ma lui è appunto svanito, con ogni probabilità per evitare il carcere.

Si trova a processo per una rapina messa a segno il 15 ottobre 2010 alla gioielleria “Affari d’oro” di Borgomanero, pochi mesi dopo quella perpetrata in un analogo negozio di Galliate (era aprile). In questo procedimento, come in quello gemello, è reputato dall’accusa quale mandante del colpo. In un altro processo, per una serie di rapine tra Novarese e Vercellese, aggiornato questo al 16 giugno, avrebbe fatto, invece, da palo. Per la rapina all’“Affari d’Oro” di Borgomanero altre tre persone (il presunto esecutore materiale e i due che pare fecero sopralluoghi in zona) sono già state condannate in primo grado con rito abbreviato. Il titolare della gioielleria si è costituito parte civile con l’avvocato Roberto Rognoni.

Al 42enne i militari erano giunti grazie alle dichiarazioni dei complici e a indagini e accertamenti sul colpo di Galliate, che mostrava troppe similarità con quello di Borgomanero. Medina si è sempre difeso, rigettando ogni addebito e, anzi, sostenendo di essere un informatore. Cosa, quest’ultima, negata nell’udienza di martedì dal maresciallo dei carabinieri, ascoltato come teste e che ha spiegato come furono svolte le indagini. «Medina non era un informatore – ha sostenuto - Passava ogni tanto in caserma e diceva che questo o quell’altro erano coinvolti in qualcosa. Lo faceva per allontanare eventuali sospetti da sé. Quanto alle indagini, Medina conosceva benissimo quel negozio. La fidanzata ci aveva lavorato come commessa e siamo giunti a lui perché abbiamo indagato anche sulla rapina di Galliate e abbiamo visto che era una rapina fotocopia». Il Tribunale collegiale ha deciso per la prossima udienza, fissata al 30 giugno, di risentire le intercettazioni telefoniche.

mo.c.

 

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